«Beh, io ho cambiato la storia della musica cinque o sei volte», diceva Miles Davis a uno degli ospiti della cena di gala della Casa Bianca di Reagan a cui era stato invitato. Era il 1987, e a Miles era ormai riconosciuto il ruolo di musicista jazz più influente della storia, che oggi ricordiamo riascoltando uno dei suoi dischi più influenti, Bitches Brew. Sì, Kind of Blue è probabilmente l’album jazz più noto “alle masse”, ma se dobbiamo trovare l’opera di Miles che ha più “parlato” con il rock, soprattutto quello psichedelico e canterburiano, quest’opera è senza dubbio Bitches Brew.
Registrato in appena tre giorni – dal 19 al 21 agosto del 1969 – e da una band fuori di testa (quattro tra batterie e percussioni, due sassofoni, tre pianoforti, due bassi e una chitarra, più la tromba di Miles) dove spiccavano Chuck Corea, John McLaughlin, Dave Holland e Joe Zawinul, Bitches Brew è un disco allucinato, influenzato dalle nuove sonorità dell’epoca, dalla chitarra di Jimi e dall’universo di Woodstock.
La copertina è iconica tanto quanto l’album: si tratta di un’opera di Mati Klarwein, mistico pittore della 17a strada e amico di Salvador Dalì, ed è protagonista della nuova puntata di Total Records: storia di una copertina, la serie di ARTE in italiano dedicata alla storia della grafica musicale. Potete vederla in cima all’articolo.