A Rkomi danno gli scarti, a Fedez i pezzi pregiati e così partono i Bootcamp, facendoci capire che si farà di tutto per far vincere il figliol prodigo. Rkomi soffre la selezione discontinua e non riesce a domarla, o forse sì, Fedez tira fuori gli artigli e già si vede proiettato alla possibile finale, dopo aver giochicchiato alle Audition in un’ora scarsa fa capire che sarà un osso durissimo. E abbiamo già i favoriti: gli Omini, la loro My Generation è tra le cose migliori mai sentite e viste a X Factor.
Gli Omini voto: 10
Confesso, sono la loro prima groupie. La loro musica mi fa sesso. Lo senti addosso quanta arte hanno masticato, amato, consumato. Ma non è solo quello, hanno talento, canna, rabbia, armonia, ritmo, voglia di spaccare tutto e di divertirsi, guizzi geniali, ironia e pure un look meraviglioso. A memoria è la prima volta che dei concorrenti passano direttamente dai Bootcamp al Live, ma non c’era gara, lo avevamo capito tutti che sarebbe successo dai primi 10 secondi della prima esibizione. Fedez doveva mandarli direttamente in finale, tanto lo sappiamo tutti che non potremo fare a meno di vederli e sentirli suonare tutti i giovedì che potremo. Certo, saremo nostalgici, ma immaginateli in mano a Manuel Agnelli. Torna, Sua Maestà, anche solo come consulente dedicato a loro. Decidi i pezzi che dovranno cantare. Peraltro hanno già di loro un gran gusto: in un X Factor in cui quasi tutti sbagliano canzone, loro sono chirurgici nell’azzeccarle.
Linda voto: 9,5
Ultima del roster di Fedez a esibirsi, con le sedie blindate o quasi. Si siede al pianoforte e bum. Ci comincia a martellare in petto quella voce che usa con una forza e una consapevolezza rare, accelerando e frenando, andando in derapata e poi affrontando discese ardite e risalite. Non cerca la nota, il virtuosismo, la vanità dell’acuto, lei vuole che proviamo i sentimenti che passano per quei tasti del piano, per quei vibrati quasi disperati e affamati, non vuole cantare bene, vuole farci capire che non può fare altro. E ha una voce che può essere modellata su tanti generi e un’anima che può tenerli insieme. Quello che colpisce è che ti dà l’esatta percezione di quanto i suoi margini di crescita siano enormi. Questa è la pagella seria. Quella sincera è fatta di tre parole. Sull’ultima frenata in una delle più belle ballate di Damien Rice, mentre quel “fuck” va a spegnersi in un’inchiodata, sono uscito dall’apnea e ho detto, da solo davanti alla tv: «Cazzo. Cazzo cazzo».
Wiam Ait Bakrim voto: 9
La più giovane, eppure con il coraggio di provare qualcosa d’altro e diverso per far capire al giudice più ostico che può essere eclettica, oltre che mostrare più cifre stilistiche. Affronta Elisa con umiltà e voglia di far bene, sarà anche scolastica – e ci mancherebbe – ma non sbaglia neanche un respiro. A naso non era nei sei preferiti di Fedez ma si prende il posto per le Last Call d’autorità. Non sarà facile perché il team musicale di X Factor ha regalato a Fedez _ guarda un po’ – i galacticos dei 48 finalisti, ma con quella voce «da porto d’armi», come ha detto lui stesso, Wiam può sovvertire ogni pronostico.
Santi Francesi voto: 8,5
Con quelle facce antiche e perfette insieme, li vedi fuori dal palco e pensi che potrebbero star benissimo nei poliziotteschi. Poi li senti cantare e pure se ti sforzi non gli trovi un difetto. Neanche uno. Va detto che in un deserto in cui tutti sbagliano canzone, anche sotto la doccia, loro tirano fuori dal cappello una versione di Ragazzo di strada dei Corvi da spellarsi le mani (e come Wiam hanno la furbizia e la capacità di mostrarsi fuori dalla propria comfort zone). Artisti veri che hanno capito il Lodo Mutonia: per conquistarsi un posto al sole devi spiazzare in primis te stesso e far credere al giudice che puoi far tutto. E soprattutto, vuoi.
Jacopo Rossetto voto: 8
Nella disfatta degli inediti – portarli ai Bootcamp è follia, presunzione e/o ingenuità – è l’unico che si salva. Anzi, il suo Intelligenza artificiale è un gioiello, ma anche perché il suo progetto musicale è stratificato, complesso, originale. Ogni volta lo vedi così indifeso in quei look glam quasi goffi nel loro essere provocatori, poi parte il pezzo e a essere senza difese sei tu. Bravissimo, ma il dubbio è solo uno: X Factor gli serve davvero?
Manal Harchiche voto: 7,5
La vera sorpresa di questa quarta puntata. Sembrava solo bellissima e con un talento troppo lieve e discontinuo, appesantito, poi, da scelte sballate di repertorio. Eravamo già pronti con la pagella “è brava ma non si applica”, il rifugio di ogni rimpianto, la frase rassicurante che usi quando sai che ti stai perdendo qualcosa di bello perché è troppo difficile trovarlo. Lei sembra peraltro confermare questo giudizio ancora prima di cantare: Rihanna sembra l’ennesimo errore. Poi, muti. La canta alla grande, da legno verde diventa quercia. Pensi che FourFiveSeconds (della cantante barbadiana ma anche di Kanye West e di Paul McCartney) possa essere la sua lapide, invece diventa un trampolino. E capisci di averla giudicata male: non era superficiale, ma gioiosa, ostinatamente spensierata nel voler affrontare la sua passione; non era un bluff ma una giocata d’alta scuola; non ha una voce impersonale, ma eclettica; soprattutto è una che sa e vuole fare il colpo di tacco al momento giusto.
Omar Ahmed, Martina Bonsignore, Michele Sechi voto: 7+
Bravi, come capita raramente fanno la migliore performance nel momento decisivo e più difficile. Di quelle prove che quasi sovvertono i pronostici. Quasi, perché mancava ancora qualcosa o perché, peggio, hai l’impressione che più di quello che hai visto in questa prima puntata dei Bootcamp non potrebbero dare. Quasi, perché davanti a chi ha già deciso c’è poco da fare. Ma il voto è per quello che hanno mostrato nella serata più difficile, dimostrando un buon talento e carattere di ferro. Tre consigli: Omar, la nonna road manager e un po’ meno la faccia da cane bastonato e più di quella voglia di riscatto che ci ha conquistato all’esordio e poi sicuro si vola (e anche meno sfiga: sarebbe passato con tutti e tre gli altri giudici, si è trovato con Fedez che lo ha capito poco da subito, anche se avrebbe dovuto, e con avversari fortissimi). Martina, trova una tua identità anche più sporca, a esser troppo bravi si fa accademia. Michele, rischia: l’inedito è troppo piacione, e pure tu, troppo orsacchiotto. Per tenere ai live devi convincermi che mi smutanderei per te. Per voi.
Gaia Eleonora Cipollaro e Elephants in The Room voto: 7
Lei sopravvive al cinismo clinico di Fedez, che vuole solo vincere. Il suo talento che unisce folk, pop, musica elettronica e una capacità di contaminazione unica, solletica persino in lui la voglia di sperimentare. D’altronde resistere a quel mash up geniale e riuscito tra Bang Bang e O’ Sarracino che si impastano dentro la sua voce in una canzone sola, sarebbe stato ottuso, anche se la paura è che il dolore della perdita sia solo rimandato. Ha già una sua fortissima identità, un progetto chiaro e unico, qualcosa che a X Factor, soprattutto con questi giudici, potrebbe essere davvero un handicap. Ma lei sa affascinarti, ipnotizzarti, convincerti anche quando va anni luce lontano. Da te e da tutti. Ho un sogno: sentirla in una colonna sonora di un film di Paolo Sorrentino. Anzi, in scena, a fare la sua musica. Sarebbe perfetta.
Gli Elephants rischiano di essere l’ingiustizia di questa edizione: una bella identità rock melodica, che definiscono suonando e cantando senza prendersi troppo sul serio, ma mostrando talento e voglia di mettersi in gioco, il loro inedito non è perfetto ma ha coraggio e sa farsi rispettare. Forse pagano proprio questo, il fatto che abbiano già le spalle larghe e Rkomi non possa fargli troppo da fratello maggiore come vorrebbe.
Fedez voto: 6,5
Non c’è niente da fare, quando sente l’odore del sangue si trasforma. Perfido grillo parlante durante le 12 esibizioni della squadra di Rkomi – commenta tutto, si alza un paio di volte per applaudire due che non avrebbe preso neanche sotto minaccia, prova quasi a condizionarne le scelte e a livello televisivo ha la cattiveria di un Mika – dimostra un’inquietante lucidità quando tocca a lui. Far fuori i Deshedus per Linda mandando Gli Omini direttamente ai Live dimostra che lui sa guardare varie puntate avanti, il suo problema è che il team musicale è stato troppo generoso e ora ai Last Call lui ha già due posti bloccati: oltre Gli Omini, che per regolamento non possono essere eliminati (ogni giudice deve avere almeno una band), Linda sembra davvero impossibile da non tenere in squadra. E così ogni eliminazione sarà sanguinosa. Ma in fondo lui sembra essersi preparato il terreno anche là per farlo sembrare inevitabile. Se solo gli piacesse musica decente.
Delì Lin, Marco Zanini, Giorgia Turcato voto: 6
Bravi, bravissimi, ma vogliamo davvero il bis? Abbiamo una reale voglia di riascoltarli? Ti danno tutti e tre l’impressione che siano struggenti e irresistibili, ma solo sulla loro mattonella, solo tenendo la voce nei recinti rassicuranti dei loro riferimenti. Il primo canta benissimo, ma esattamente allo stesso modo delle Audition, quasi fai fatica a distinguere i due pezzi, pur molto diversi. Il secondo ricordava Nutini prima, ora lo canta. Fortuna che assomiglia a Pietro Castellitto, almeno era Tale e Quale. Lei si sente già arrivata e qualificata e già canta di scuola, la sua, come se il suo stile fosse già riconoscibile e riconosciuto. Ma è ancora un’allieva. Raramente si è vista una concorrente che si piacesse così tanto. Che per carità, non puoi darle torto, è incantevole, ma hai l’impressione, il timore che finiranno per somigliare sempre a se stessi. Talenti cristallini, ma chi si accontenta non gode neanche un po’ a X Factor.
Rkomi voto: 5,5
Non sembra avere un’idea chiara di cosa voglia, come se temesse chi possa essere più bravo di lui e un materiale troppo complesso da plasmare. Soffre il momento delle scelte, per sensibilità (capisce che ha di fronte si sta giocando la chance della vita) e per inesperienza (non sa ancora se vuole essere pigmalione o vincente). Sempre indeciso tra Zemanlandia e Allegri. Deve decollare, mostrare i denti e anche le sue fragilità. E smettere di mettere quelle camicie.
Luca Fallini voto: 5
In produzione e negli arrangiamenti è il più bravo. E così ha quasi fregato persino Fedez che però non è fesso e all’ultimo non ci casca. Con Onda su onda si gioca una mano rischiosa, anche intelligente, ma bluffare con una coppia di due era un po’ troppo. Confeziona così bene i pezzi che è facile che ti faccia credere di essere un fenomeno. Capace che uno meno scafato del buon Federico fino ai Last Call lo portava pure. Di quelli che alla maturità prendono 96 senza aprire un libro. Ma lavorerà parecchio, magari dietro le quinte.
Alessandra Benedetti voto: 4,5
Non male, niente di più. E di nicchia senza la paraculaggine di una Nika Paris. Potevi pure portarla ancora avanti, ma per fare cosa? Difficile capire il senso della sua proposta musicale a livello commerciale ma anche artistico. Se decidi di ancorarti a una lingua, a una forma espressiva, non puoi rimanere così generalista, devi avere il coraggio di essere più estrema. La sedia non fa in tempo a scaldarsi. E neanche noi.
Filippo Ricchiardi voto: 4
La delusione della serata. Alla prima Audition aveva affascinato tutti, questa volta porta un inedito molto debole e sembra attanagliato dalle ganasce delle sue paure, dal dover rompere il ghiaccio e si rifugia nelle sue sicurezze senza sorprendere e, anzi, producendosi in una performance blanda e senza mordente. Continuiamo a pensare che meriti i live ma nelle Last Call deve recuperare terreno e stupirci, altrimenti rischia di essere una clamorosa occasione persa. Per sé e per noi.
Deshedus e Moise voto: 3,5
Un abbaglio vero e proprio i Deshedus. E senza Gli Omini avrebbero passato pure questo turno, il punto è che il confronto era davvero troppo ingeneroso. I Moise invece si confermano nell’avere una frontwoman eccellente, Greta, ma dietro al microfono poco e niente. Così come i primi invece suonano bene ma hanno un cantante derivativo e senza alcuna originalità. L’unica strada era mettere Greta con la band dei Deshedus e forse avrebbero avuto una possibilità. Insieme. Certo, sarebbe stato difficile trovare una piattaforma comune di gusto e di scelte.
Clemente Guidi voto: 3
Per carità, con quella faccia, quei sorrisi (troppo compiaciuti), quei capelli alla Fabio Fazio disegnati col pennarello, è il figlio maschio che tutti vorremmo. Ma poi canta e non ti abbandona mai l’idea che hai davanti la controfigura di un crooner di provincia che al massimo te lo puoi trovare a cantare ai matrimoni a Las Vegas o nelle feste di capodanno degli hotel di lusso con anziane fan ad applaudirlo ammiccanti. Nonostante il montaggio serrato e la brevità della prova, ti annoi già a metà. Non a caso persino l’attentissimo Rkomi, che non offenderebbe neanche un criminale di guerra, lo fa sedere e poi andare via nel tempo di un soffio.
Lina Lane voto: 2,5
Brava, ma non eccellente. E la sua capacità di scelta delle canzoni è improbabile e autolesionista quanto quella di Arrivabene in Ferrari e alla Juventus. Ha fatto davvero di tutto per essere eliminata. Il consiglio per avere successo? Faccia sempre il contrario di quello che pensa sia giusto.
The Violet End voto: 2
Anche qui frontman mediocre – sembra bloccato in una cover band già vecchia nel 1994 – e band ottima. E forse Greta dei Moise con loro poteva davvero far decollare entrambi. Il voto così basso è per aver fatto fuori inopinatamente Elephants in the Room e i Moise stessi. Uno dei pochi casi in cui il valore dei nemici sconfitti non è direttamente proporzionale al tuo.
Lost Kids voto: 1,5
Potrei anche non cambiare stazione se li sento in radio. Potrei persino canticchiarli in doccia, vergognandomi. Mi sono anche simpatici e ho pure apprezzato il tentativo di sorprendere con i Baustelle. Ma sono fuori tempo, non senti nulla di speciale in loro, sai che li dimenticherai un attimo dopo averli ascoltati. Motivo per cui scaleranno le classifiche per un paio d’anni, diventeranno i nuovi Tommaso Paradiso e poi scompariranno. Il voto basso è per quella maglietta degli AC/DC mentre fai superpop che più light non si può. Una cosa del tipo «faccio musica imbarazzante ma mi piace il rock» che è il nuovo «non sono omofobo, ho tanti amici gay, però…».
Alessandro Baroni voto: 1
“La mia solitudine è pazza di me” è un verso che rivaleggia con “facciamo schifo insieme”. Ed è l’unica cosa potabile di una performance senza arte né parte. Non ha il coraggio neanche di essere scarso. E alla terza volta che ripete quella frase senti il bisogno di bere soda. Caustica.