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‘Borderlands’ è un insulto ai gamer, a chi ama il cinema, e a tutte le forme di vita organica

Si potrebbe dire che questo è semplicemente il peggior film tratto da un videogioco di sempre, ma anche così non sarebbe abbastanza. E di mezzo ci va pure la (brava) Cate Blanchett
Borderlands

Foto: Katalin Vermes/Lionsgate

Cate Blanchett ha interpretato regine, primi ministri, psichiatri, artisti, hipster, ladri, belle del Sud, matrigne malvagie, divinità nordiche, naziste, Katherine Hepburn, Bob Dylan e un’elfa. Non ha paura nelle sue scelte, ed è senza limiti nella sua versatilità. Quindi, è plausibile che le sia stato proposto di interpretare una cacciatrice di taglie su un pianeta-discarica in una galassia lontana, lontana, e di abbattere spazzini e psicopatici come una pistolera interstellare. È plausibile pensare che le sia stato proposto, e che dentro di sé si sia detta: “Aha! Questo non l’ho ancora fatto! Contate su di me”.

E noi possiamo solo sperare che sia stato questo desiderio costante di varietà, insieme a quello che ipotizziamo essere stato un camion blindato pieno di contanti, a spingere la star vincitrice di un Oscar a salire a bordo di Borderlands, adattamento della famosa serie di videogiochi sparatutto. Forse ci ha messo lo zampino l’opportunità di manifestare il suo Clint Eastwood interiore, o forse il semplice desiderio di fare l’eroina d’azione in un franchise in potenza e pieno di effetti visivi. Quello che vorremmo è una macchina del tempo, che ci permetta di tornare al momento in cui la signora Blanchett ha preso in mano la “sceneggiatura” di questo disastro innominabile. Vorremmo essere lì con lei e supplicarla: non farlo. Per favore, per l’amor di tutto ciò che è sacro e gioioso, allontanati. Da. Questo. Rischio biologico.

Naturalmente, con spirito di generosità, cercheremmo anche di avvertire quanti più possibile dei suoi compagni di cast, ovvero dei suoi colleghi ostaggi: Kevin Hart, Jamie Lee Curtis, Arianna Greenblatt, Jack Black, Edgar Ramírez. Ma la star di Tár sarebbe la nostra prima tappa. Nel ruolo di Lilith, l’agente di recupero dai capelli rossi con i blaster più veloci a ovest dell’Andromeda, ha l’opportunità di fare molte pose super-cool e di partecipare a un bel po’ di sparatorie. Tuttavia, sembra anche la più persa in questa catastrofe caotica e confusa, che tenta di tradurre l’adrenalina di una serie di videogiochi da miliardi di copie vendute in un film pieno di fan service. E fidatevi quando diciamo che, nonostante la presenza e la rappresentazione dell’iconografia del pianeta Pandora presente nel gioco e di molti dei suoi abitanti più famosi (Roland, Tiny Tina, Tannis), i fan non saranno affatto soddisfatti. Non è un film per critici, come si suol dire. Né è adatto alla maggior parte dei giocatori, agli amanti del cinema, o al 99% delle forme di vita a base di carbonio. Vien da chiedersi seriamente se lo scopo principale di Borderlands sia quello di far sembrare ogni altro adattamento di un videogioco mille volte migliore in confronto.

Come nel gioco, c’è una razza aliena conosciuta come gli Eridiani e un caveau situato su Pandora, pieno di tecnologia potente che gli Eridiani hanno lasciato dietro di loro quando hanno abbandonato questa frontiera cosmica ora popolata da «corporazioni, criminali e cacciatori di tesori». Per aprirlo sono necessarie tre chiavi. Alcuni pensano che Tiny Tina (Greenblatt), una ragazza adolescente amante delle orecchie da coniglio e delle bambole di peluche esplosive, sia la terza chiave. Un soldato di ventura di nome Roland (Hart) la libera da una prigione spaziale affinché possa aiutarlo a trovare il bottino. Il padre di Tina, il magnate industriale Atlas (Ramírez), assume Lilith per recuperarla.

Lilith trova Tina, Roland e il loro massiccio partner Krieg (Florian Munteanu) e si unisce a loro nella loro missione per trovare il caveau, combattendo contro predoni mascherati e cattivi vari. Anche l’eccentrica scienziata Tannis (Curtis) entra a far parte della squadra. Lo stesso vale per un piccolo droide chiamato Claptrap. Nei giochi, il robot è generalmente una guida turistica e occasionalmente fornisce informazioni; in uno dei giochi successivi diventa un personaggio attivo nelle missioni. Qui è doppiato da Jack Black come una sorta di macchina da battute frenetica e incessante che stanca il pubblico 0,004 secondi dopo aver pronunciato la prima. Un collega ha descritto questa performance come «tante battute, nessuna risata», che potrebbe essere il motto dell’intero film. Ti vogliamo bene, Jack, ma sentirti sputare frecciatine sarcastiche come un fastidioso ragazzino di una sitcom è tecnicamente contro le regole della Convenzione di Ginevra.

L’idea qui è di prendere i mattoncini di un marchio famoso e costruire una sorta di commedia d’azione fantasy in stile western sci-fi, con elementi da buddy movie, riempiendo i fondali creati al green screen con tanti volti famosi. Il risultato è qualcosa che non soddisfa nessuno dei requisiti di nessuno di questi generi in termini di emozioni, brividi, risate, slancio drammatico, narrazione di base o coerenza. Che si ami o detesti il regista Eli Roth, un tipo che in qualche modo è riuscito a trasformare il suo fanatismo per l’horror in una carriera cinematografica, non troverai un grammo della sua personalità o della sua particolare sensibilità in nessuna scena. Quanto di ciò sia dovuto al fatto che questo sia stato un lavoro su commissione o al fatto che Tim Miller di Deadpool abbia girato una serie di riprese aggiuntive dopo che Roth ha lasciato il progetto, è difficile da dire. Ci sono quelli che teorizzano che il co-sceneggiatore di Roth, Joe Crombie, sia in realtà uno pseudonimo, il che suggerisce che almeno una persona ragionevole è stata coinvolta in tutto questo.

Il livello di qualità dei film tratti dai videogiochi è sempre stato incredibilmente basso, e il motivo per cui queste trasposizioni da schermo a schermo siano così difficili da realizzare è un argomento per un altro giorno. Borderlands non soffre solo delle solite difficoltà nel trasportare qualcosa di enormemente popolare da un medium all’altro, sperando che la maggior parte degli elementi amati e vitali non si perda nella traduzione. È, senza mezzi termini, un terribile spreco di tempo, talento e pixel. Neanche il piacere di vedere Cate Blanchett roteare pistole e fare a botte riesce a salvare questo film. Andate a giocare ai giochi Borderlands. Andate a guardare gameplay di sei ore su YouTube. Andate a fare diversi test per la clamidia uno dopo l’altro. Ognuna di queste opzioni è molto più utile e infinitamente meno dolorosa di questo film.

Da Rolling Stone US

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