Era meglio il libro?
Alla base, lo sapete, c’è il primo dei due romanzi (I leoni di Sicilia e L’inverno dei leoni) che Stefania Auci ha dedicato alla famiglia Florio. I fan (tanti: oltre 700mila le copie totali vendute) hanno già i fucili puntati: era meglio il libro? Alla fine degli otto episodi della serie (i primi quattro su Disney+ dal 25 ottobre, gli altri la settimana successiva) arriverà l’ardua sentenza. Intanto alla Festa del Cinema di Roma, dove due puntate sono state presentate in anteprima, sembra arrivata una prima promozione, da parte degli spettatori. La parabola della famiglia che, causa terremoto, lascia la Calabria e rileva una bottega palermitana per inaugurare il futuro impero commerciale dal tonno al marsala è fedele più ai romanzi di Auci che alla realtà. E (forse) va benissimo così.
Un cast all-star
Lo star system italiano non esiste? Forse, chissà. La questione è annosa, ma I leoni di Sicilia fa il suo per provare a confermare che sì: una possibilità ce l’abbiamo anche noi. Michele Riondino e Miriam Leone sono i protagonisti dell’amore tra Vincenzo Florio e Giulia Portalupi, che è l’ossatura rosa del romanzo (e della serie): lui maschio alfissima nella Palermo gattopardesca che cambia per restare sempre uguale, lei protofemminista milanese (anche se, curiosamente, Leone è una delle poche siciliane del cast). Attorno a loro, Vinicio Marchioni, Eduardo Scarpetta, Donatella Finocchiaro, Paolo Briguglia, Ester Pantano e Claudia Pandolfi, insieme a tantissimi altri. Ce la possiamo fare anche noi.
Il Genovese’s touch
«I Florio sono gli Agnelli mancati del Sud»: così Stefano Sardo, che ha scritto la serie insieme a Ludovica Rampoldi, descrive (perfettamente) la vicenda al centro del racconto. Tra conservazione del tonno sott’olio, trucchi “rubati” agli inglesi per innovare l’azienda, guerra tra classi sociali (i nobili palermitani non riusciranno mai ad accettare quei commercianti arrivati “dal Continente”), la regia di Paolo Genovese sembra però soprattutto interessata alle relazioni e, ancora di più, alle passioni spesso represse, rimandate, vissute pericolosamente. Dopo la preparazione nei primi due episodi – con la liaison impossibile tra i cognati interpretati da Ester Pantano e Paolo Briguglia – dà il massimo nel terzo, quando si dà il via all’amour fou tra Vincenzo e Giulia. Fotografia flou (del bravo Fabrizio Lucci), e ciak sulla scena di sesso alla tonnara. Si parte.
Una nuova via al kolossal all’italiana?
Il gattopardo, dicevamo. Mentre Netflix prepara la serie che rifà, argh, il capolavoro di Luchino Visconti (anche lì, super cast: Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli, Deva Cassel), Disney arriva prima coi Leoni, a riportare sullo schermo (però piccolo) la grandeur della Sicilia fin de siècle. Rifatta, con grande cura, in studio, alla maniera dell’Amica geniale, parlando di grandi progetti italo-internazionali. E con strizzata d’occhio al pubblico globale, a cui inevitabilmente si punta anche in questo caso. Questi kolossal all’italiana sono sempre più richiesti (almeno finché ci sono i soldi): si veda anche il futuro M. Il figlio del secolo di Joe Wright, con Marinelli/Mussolini. Ma lì di amore ce ne sarà ben poco…
Ma che musica
La end credit song di tutti gli otto episodi della serie è Durare, il nuovo singolo di Laura Pausini. La colonna sonora dei Leoni è di Maurizio Filardo, compositore e direttore d’orchestra di origine siciliana (e lunga esperienza sanremese), che aveva già lavorato con Genovese su Perfetti sconosciuti, per dirne uno. Le musiche aggiuntive invece sono by Marianne Mirage, già autrice del brano-tema di The Place, e Marquis: «Abbiamo voluto omaggiare la grande musica per il cinema italiano – Umiliani, Alessandroni, Trovajoli – e quella di tutti i film Disney che ci hanno accompagnato fin da bambini, cercando di affrontare questo lavoro anche dal punto di vista di cura dell’arrangiamento», spiega il produttore. «E allo stesso tempo Marianne è riuscita con la voce e con l’inglese a far trasmigrare quella tradizione italiana in un’altra lingua». I brani uniscono epica e intimità di un romanzo familiare: «È una storia di rivalsa, che parla della capacità siciliana di fare, della loro forza», racconta Mirage. «Ci siamo lasciati ispirare prima di tutto dalla vicenda incredibile di un uomo visionario, che vede il futuro. E da una storia d’amore anche conflittuale. Il momento della scrittura può essere forte o molto intimo, ecco perché a volte la voce è sola con la chitarra, come se diventasse essa stessa un personaggio che racconta le emozioni che vive ognuno, è un linguaggio per entrare sempre di più nella storia». Il lavoro è stato fatto in due parti, continua Marquis: «Inizialmente abbiamo inviato a Paolo dei brani su una sua suggestione, senza vedere niente né leggere la sceneggiatura. Alcuni gli sono piaciuti molto e sono poi stati scritti e adattati alle scene stesse, invece altri sono nati proprio sulle sequenze, per esaltare certi momenti». Marianne è alla seconda collaborazione con Genovese: «È coraggioso, è un regista che si lascia ispirare dalla voce dei giovani e dà spazio anche a chi ha una visione nuova, ci ha dato la forza di poterci esprimere. E voglio dire grazie ai montatori perché sono stati capaci di cucire perfettamente le musiche».