The Good Place di Mike Schur era un’epopea cosmica su ciò che accade quando l’universo è fondamentalmente rotto. Ma è stata anche una riflessione lunga quattro stagioni sul modo migliore di vivere una buona vita, sia per sé stessi che per il mondo circostante. E inseriva brillantemente questi quesiti di filosofia ed etica in un involucro pieno di battute e intrattenimento.
La nuova serie di Schur, la comedy di Netflix A Man on the Inside, lo riunisce con la co-star di The Good Place, Ted Danson, e affronta molte delle stesse idee in modo molto diverso, ma sempre estremamente accattivante.
Questa volta l’ambientazione non è l’aldilà, ma ci si avvicina: una comunità di pensionati di San Francisco i cui abitanti sono consapevoli di non avere ancora molti viaggi intorno al Sole da fare. Danson interpreta Charles, un professore universitario in pensione che non ha ancora superato la morte della moglie e si è ritirato in un’esistenza da eremita in cui interagisce raramente con altre persone, a parte ritagliare e spedire articoli di giornale a caso alla figlia Emily (Mary Elizabeth Ellis).
Quando Emily lo esorta a tornare in qualche modo nel mondo, si imbatte in un annuncio di Julie (Lilah Richcreek Estrada), un’investigatrice privata che sta indagando su un furto di gioielli alla residenza per anziani Pacific View, ingaggiata dal ricco figlio della vittima (Marc Evan Jackson, volto abituale di Schur). Non potendo accedere da sola alla struttura, Julie decide di inviare un uomo anziano per fingersi un nuovo residente e andare al fondo della questione. Questo ingaggio dà a Charles un nuovo scopo, oltre che una scusa per mettere in scena maldestramente vari omaggi ai film di spionaggio di una volta.
Il mistero è volutamente di bassa lega (*), e in gran parte non ha importanza. La serie segue le indagini di Charles e Julie per tutta lastagione (composta da otto episodi in totale) e le risolve, e ci sono alcuni sviluppi farseschi lungo il percorso, come quando la direttrice del Pacific View, Didi (Stephanie Beatriz), comincia ad avere qualche sospetto su quel nuovo arrivato. Perlopiù, però, il caso è una scusa per far entrare Charles al Pacific View, per costringerlo a farsi nuovi amici e per far sì che lui e gli altri residenti riflettano su come sfruttare al meglio il tempo che rimane loro.
(*) La serie è adattata dal documentario spagnolo candidato all’Oscar nel 2021 El agente topo, dove il mistero era potenzialmente molto più grave: un residente di una casa di cura veniva maltrattato dal personale?
Gli altri residenti mostrano un’ampia gamma di possibili approcci all’invecchiamento. Calbert (Stephen McKinley Henderson), come Charles, se ne sta perlopiù per conto suo, frustrato dal fatto di trovarsi in questo posto dopo una vita piena costruita altrove. Virginia (Sally Struthers) e Florence (Margaret Avery) si sono assunte il compito di essere le presidenti non ufficiali del Pacific View, cercando soprattutto di divertirsi. Elliot (John Getz) sta vivendo una sorta di seconda adolescenza, e si gode la mancanza di responsabilità che ha ora. Susan (Lori Tan Chinn) ha preso la strada opposta, governando l’associazione dei residenti con il pugno di ferro. Gladys (Susan Ruttan) e Grant (Clyde Kusatsu) sembrano entrambi bloccati nel passato, ma per motivi diversi: Gladys sta attraversando i primi stadi della demenza, mentre Grant è solo un pomposo idiota che si diverte a ripetere storie su sé stesso.
Il cast è meraviglioso da cima a fondo. Per quanto riguarda Danson, non è una sorpresa. Rimane uno degli interpreti comici più gradevoli, versatili e divertenti che la televisione abbia mai avuto la fortuna di avere. Un’infermiera del Pacific View dice che Charles è “come un podcast se indossasse un vestito”, e gran parte del divertimento della serie sta nel vedere come il caso lo spinga fuori dalla sua comfort zone – e quanto si diverta a vivere una vita nuova e imprevedibile.
Anche il cast di supporto è ottimo, e spesso in modo inaspettato. Henderson e Getz sono due caratteristi specializzati in ruoli drammatici, ma Henderson qui è decisamente divertente e Getz si appoggia molto all’abrasività comica di Elliot. Stephanie Beatriz è praticamente irriconoscibile rispetto alla precedente Rosa Diaz, la dura poliziotta che ha interpretato per Schur in Brooklyn Nine-Nine, parlando nel suo registro normale ed emanando un’aria molto più dolce ed empatica. Altri attori come Struthers, Avery e Ruttan (*) sono più vicini ai personaggi che hanno interpretato in precedenza (non è difficile tracciare una linea di demarcazione tra Virginia qui e Struthers nel ruolo della ficcanaso Babette in Una mamma per amica). Ma anche se tutte loro hanno lavorato spesso dopo i loro ruoli più famosi, questa sembra una vetrina migliore di quella che hanno avuto da un po’ di tempo a questa parte.
(*) Ruttan e Danson che recitano insieme rappresentano una sorta di reunion del famoso palinsesto del giovedì sera della NBC negli anni ’80, quando lei era in L.A. Law – Avvocati a Los Angeles e lui in Cin cin.
Un vantaggio di fare una serie prevalentemente su persone di settant’anni in un settore ossessionato dai giovani è che si ha accesso a un vasto bacino di talenti che non viene più utilizzato appieno. Per esempio, Veronica Cartwright, che lavora in tv e al cinema dalla fine degli anni ’50, ha un ruolo minore nel ruolo di un’altra residente di Pacific View. La scoperta da parte di Charles di quanto il mondo abbia ancora da offrirgli, anche in età avanzata, è un riferimento proprio a questo aspetto, quasi quanto sulla vita stessa.
A Man on the Inside non fa ridere a crepapelle come le altre serie che Schur ha creato o co-creato (vedi anche Parks and Recreation). Ma è intelligente, gentile e incredibilmente “calda”, un balsamo necessario in un momento in cui il mondo sembra invece molto arrabbiato e “freddo”. Non è chiaro cosa ci riserverà il futuro, ma uscire dalla propria comfort zone e conoscere altre persone è estremamente prezioso a qualsiasi età.