Di solito funziona così: un prodotto della cultura pop – un film, un romanzo, un fumetto, un videogame – esce e ha grande successo. Un successo di massa, o anche di nicchia, ma abbastanza da attirare l’attenzione e da attivare il desiderio di replicare la formula, espanderla, capitalizzare. Una volta si facevano “semplici” sequel, oggi si fanno “mondi narrativi”, “universi cinematografici”: qualcuno, come la Marvel guidata da Kevin Feige, ha perfezionato la tecnica edificando un franchise immenso e reticolare in cui lungometraggi, serie tv e corti si integrano, si sostengono, si rilanciano a vicenda (anche se, bisogna dirlo, negli ultimi anni il mega progetto comincia a mostrare segni di debolezza). Qualcun altro, come la Warner con i personaggi DC Comics, ci sta provando da un decennio circa, ingranando solo a tratti, utilizzando perlopiù il metodo “lanciamo cose al muro e vediamo cosa si attacca”. Ma il discorso vale per Star Wars e Star Trek, per Harry Potter e Il signore degli anelli, per la Barbie e per i Peanuts…
Ad Amazon, invece, forti della loro diffusione capillare in tutto il globo e di fiumi di denaro apparentemente inesauribili, hanno avuto un’idea diversa e opposta: farlo subito, il franchise, e per di più senza ispirarsi a una “proprietà intellettuale” (un personaggio, un marchio, una storia) già nota e collaudata, ma inventandosi un nuovo mondo narrativo di sana pianta. Nasce così Citadel, i cui primi due episodi sono arrivati il 28 aprile su Prime Video, e i restanti quattro sbarcheranno sulla piattaforma uno a settimana fino al 26 maggio. Sono i primi episodi della prima serie: perché Citadel sarà composta da diversi “pezzi”, prodotti e realizzati in giro per il mondo da cast & crew locali, che in parte scorreranno paralleli e in parte s’intrecceranno. Come una sorta di “realtà narrativa aumentata”, il mondo di Citadel – almeno nelle intenzioni – si sovrapporrà al nostro, utilizzando le “infrastrutture” internazionali del gigante commerciale di Jeff Bezos.
La prima serie, quella che si avvia oggi, è quella “madre”, e serve evidentemente a porre per lo spettatore le fondamenta di questo nuovo tele-universo: di produzione statunitense, ma con un cast già internazionale – Richard Madden è scozzese, Priyanka Chopra Jonas indiana, Stanley Tucci americano, Lesley Manville inglese –, ci introduce a una guerra senza quartiere tra organizzazioni spionistiche, la tentacolare e crudele Manticore e l’eroica Citadel. In lavorazione ci sono già, però, altre due serie, una indiana e una italiana: quest’ultima, co-prodotta con Cattleya, avrà come protagonista Matilda De Angelis.
L’idea di questo multiprogetto seriale l’ha avuta Jennifer Salke, la capa degli Amazon Studios e di MGM (società che è stata acquisita da Amazon qualche tempo fa). Per realizzarlo, ha deciso di chiamare direttamente chi in un mega franchise ha lavorato a lungo e ha trovato un successo senza precedenti: i fratelli Anthony e Joe Russo. Il loro Captain America: The Winter Soldier è stato uno dei primi titoli del Marvel Cinematic Universe (a parte The Avengers di Joss Whedon) a essere universalmente apprezzato ed elogiato; il successivo Captain America: Civil War riuniva e faceva scontrare un numero impressionante di supereroi; e il dittico composto da Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame ha chiuso il primo grosso ciclo del MCU stracciando record d’incassi come solo James Cameron sa fare, e definendosi come uno degli eventi irrinunciabili della pop culture del nuovo millennio.
I fratelli Russo – che si son fatti le ossa in quei gioielli televisivi che sono le comedy Arrested Development e Community: non ci stancheremo mai di consigliarle – post Marvel si stanno dedicando ad almeno altri due franchise action, anche se meno ambiziosi di Citadel (o meglio, più tradizionali: si fa il primo capitolo e si vede come va), entrambi per Netflix: Extraction (da noi tradotto Tyler Rake), con Chris “Thor” Hemsworth, di cui sono entrambi produttori e Joe sceneggiatore (il secondo film arriva a giugno); e The Grey Man, con Chris “Captain America” Evans (e Ryan Gosling: già confermati un sequel e uno spin-off). Nota a margine: hanno prodotto anche Everything Everywhere All at Once, dunque immaginiamo siano molto felici.
L’idea “narrativa” di Citadel, invece, ha diversi padri, anche perché la lavorazione non è filata liscia come si sperava. Gli episodi hanno visto diverse riscritture, e molte scene sono state ri-girate, facendo lievitare il budget fino a 300 milioni di dollari e rendendo Citadel la seconda serie più costosa di Prime Video (dopo Gli anelli del potere, ovvio). Dopo qualche turbolenza dietro le quinte, ora lo showrunner è David Weil, che per Amazon ha già realizzato Hunters (l’ucronia con Al Pacino a caccia di nazisti nell’America degli anni ’70) e Solos (l’antologia sci-fi piena di star da grande schermo), oltre che Invasion per Apple TV+ (con Simon Kinberg). I sei episodi della prima stagione di Citadel sono anche, rispetto alla media cui siamo abituati nell’ultimo periodo, piuttosto brevi: si aggirano sulla quarantina di minuti l’uno, cosa certamente gradita di questi tempi, ma forse anche sintomo dei molti tagli e rimaneggiamenti.
Ma quest’idea narrativa, dunque, qual è? Prima di tutto, quella della Citadel, che dà il titolo alla serie: una rete globale di super spie che non appartiene a nessuno Stato ma è sovranazionale e indipendente, impegnata nell’ombra e nella totale segretezza a evitare conflitti e sventare catastrofi. “Citadel è un mito”, dicono più volte i personaggi; potrebbe anche essere una “leggenda metropolitana”, invece esiste, anche se nei primi minuti del primo episodio della serie viene pressoché annichilita da un’altra organizzazione segretissima, però di super cattivi, la Manticore.
I nostri protagonisti sono due super agenti (“i migliori”, naturalmente), Nadia Sinh e Mason Kane: durante la prima adrenalinica sequenza, ambientata su un treno che fila attraverso le Alpi italiane, vengono colti di sorpresa dagli operativi Manticore e dati per morti in un esplosivo deragliamento. Sono invece più che mai vivi, sebbene con la memoria cancellata: otto anni dopo, il loro vecchio capo, Bernard Orlick (un gigionissimo Stanley Tucci), va a cercare Mason, rivelandogli la verità e trascinandolo in una corsa contro il tempo per recuperare una valigetta colma di codici nucleari su cui vuole mettere le mani la diabolica Dahlia Archer (Lesley Manville, meravigliosa), a capo della Manticore. Non ci vorrà molto perché Mason, a sua volta, si metta sulle tracce di Nadia e ricostituisca la partnership di un tempo.
Se non bastassero questi accenni di trama, la sigla di Citadel, soprattutto nella musica, vi darebbe la conferma: le sue note sfacciatamente bondiane raccontano di una serie che omaggia 007, e con esso tutto il genere spionistico nella sua incarnazione più divertente, d’evasione, senza pensieri. S’inizia su un treno, più avanti ci sarà un inseguimento sulla neve: due paradigmi ricorrenti nei film di James Bond. La Manticore è un ibrido tra la SPECTRE e l’H.Y.D.R.A. marvelliana (che i Russo hanno ben frequentato con Captain America). La moglie di Mason non esita a chiedergli: “Sei forse Jason Bourne?”.
Le super spie super segrete, ma anche “lasciate a se stesse” dopo un tradimento, rimandano alle intricate trame di Mission: Impossible. Il Bernard Orlick di Stanley Tucci è un mix tra M (il capo della rete di intelligence, quello che controlla tutto e dà gli ordini dalla sala operativa) e Q (il tech guy, il genio della tecnologia, contemporaneamente hacker imbattibile e abile fabbricante di gadget letali). A proposito: nella primissima scena, la splendida Nadia di Priyanka Chopra Jonas passa in rassegna i gadget creati per lei, tipicamente nascosti in oggetti di uso quotidiano. Eccetera eccetera…
Citadel è dunque un grande tributo allo spy thriller, almeno nelle prime puntate: la questione naturalmente potrebbe (anzi, dovrebbe) complicarsi avanzando con la storia, anche se non escludiamo che questa prima serie possa avere una funzione di “mega-pilot” per tutto l’ambizioso franchise. La differenza, in casi come questi, la fanno le scene d’azione e il look (molto patinato, ad accrescere la sensazione di intrattenimento puro), e poi, soprattutto, gli attori. Tucci e Manville rubano la scena con classe e mestieri sopraffini, Madden e Chopra Jonas con l’avvenenza e la chimica che instaurano.
Lei, ex Miss Mondo nel 2000, dopo una carriera di successo nella cinematografia indiana ha sfondato negli USA – oltre che con il chiacchieratissimo matrimonio con Nick Jonas – grazie soprattutto alla serie Quantico, che con Citadel ha diversi punti in comune: lì era un’agente FBI, ma aveva comunque un giga-complotto terroristico su cui indagare. Lui, ex Robb Stark di Game of Thrones, è già stato un supereroe Marvel in Eternals, e nella serie Netflix The Bodyguard (un grande successo della piattaforma) ha avuto a che fare con thriller politici e antiterrorismo. Ma, soprattutto, è difficile guardare Citadel senza vederla anche un po’ come una sua “audizione” per il ruolo di James Bond, cosa che di questi tempi vale più o meno per qualsiasi attore britannico che abbia tra i 30 e i 50 anni. A proposito di franchise che non muoiono mai…