Se Call My Agent – Italia è un dispositivo per raccontare, attraverso la mitomania del cinema italiano, la mitomania nostra (e lo è: è come nei sogni, diceva quel Sigmund là, la verità sta sempre sotto quello che vediamo), allora la chiave per comprendere ancora meglio la sua (la nostra) natura sta in Luana Pericoli, cioè Emanuela Fanelli. Nel primo episodio della seconda stagione (dal 22 marzo su Sky e in streaming su NOW), Pericoli – attricetta di second’ordine della CMA, l’agenzia al centro di tutto, che però si crede Monica Bellucci – fa quello che facciamo tutti: racconta sé stessa. Attraverso un docufilm in cui ci dice che è, lei sì, Unica, e in cui piazza la battuta che probabilmente ci definisce meglio: prima, mentre l’operatore la riprende davanti alla finestra che mostra il cortile di casa sua, un palazzo popolare coi muri scrostati, lei sbotta (parafraso) “non farmi sembrare la poveraccia che viene dal nulla”; e poi dice quella frase lì: “questa non è la mia storia”. Perché oggi decidiamo noi come confezionarla, la nostra vita pubblica anche se pubblici non siamo, come mostrarci per quello che realmente (?) siamo.
Qualcuno dice che Call My Agent – Italia non racconta la vera storia (inteso à la Pericoli) del cinema italiano, perché il cinema italiano è privo di star system. Non è vero: perché il nostro Call My Agent è appunto, prima di tutto, un racconto dell’Italia mitomane, e il fatto che scelga di usare il mondo del cinema come sfondo per farlo (come faceva l’originale francese Dix pour cent, del resto) è ancora giustissimo. E poi ha già dimostrato di aver ragione: nella prima stagione, Paola Cortellesi finiva a fare Tuskia con Brad Pitt, e tutti pensavamo “seh, vabbè”; dopo il boom di C’è ancora domani, immaginare la nostra in un kolossal hollywoodiano non ci stupirebbe affatto, anzi.
Poi c’è lo specifico filmico, anzi cinematografaro. (Ri)vedere le nuove puntate di Call My Agent – Italia in una sala di Roma con mezzo cinema italiano dentro conferma la mitomania, ma anche il fatto che un sistema e le sue star esistono. Bastino (almeno a me) le risate di fronte a: Francesco Vedovati, direttore di casting (anche di questa serie) “che ha vinto l’Emmy” (per The White Lotus), che in questa irresistibile finzione esordisce alla regia con una sua sceneggiatura che è “unammèrda”; i fantomatici Cugini Pigna che sono, secondo Rolling Stone, “i nuovi Fratelli D’Innocenzo”; il one-man-show di Gabriele Muccino, guest star della seconda puntata e anche, lo scopriamo qui, gigante della recitazione; il panel sul futuro del cinema italiano (“piazza un gender gap, o la Liguria Film Commission”); Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino che bisticciano più che nella vita vera, come nella vita vera; Gian Marco Tognazzi che… non posso dirlo perché guasterebbe la sorpresa a chi ancora non l’ha visto (dico solo: dopo le scuole elementari, in Italia abbiamo pure i truccatori più bravi del mondo).
La sceneggiatrice-in-chief Lisa Nur Sultan (che scrive con Federico Baccomo e Dario D’Amato) conosce la commedia e i suoi tempi, ma soprattutto conosce quello che siamo noi, e sa infilarsi nelle pieghe del Paese che siano esse civili (Sulla mia pelle), legali (Studio Battaglia) o puramente comicamente distorte, leggermente grottesche; ma qui mette ancora più ombre, spigoli, affrancandosi dalla matrice francese (si veda, più avanti nelle puntate, com’è ben trattato il tema delle molestie nel cinema, che i parigini avevano scansato per scarso tempismo o per debita scelta, chissà). Il regista Luca Ribuoli sa come mettere in forma quei tempi, in questa seconda stagione ancora di più, e lascia spazio all’improptu senza il quale il ritmo di Call My Agent – Italia non esisterebbe.
Il cast cresce come crescono i personaggi, gli agenti sono sempre bravissimi (Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico, e la grandissima Marzia Ubaldi che non c’è più e ci sarà sempre, tantissimo), e così i loro assistenti/sottoposti (Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paola Buratto, Kaze che spicca il volo), e torna Corrado Guzzanti che vabbè che bisogna dire, e Fanelli finalmente s’è presa quel che è di Fanelli, cioè quello che è/dev’essere il senso della commedia (all’)italiana oggi e sempre: un disperato bisogno di attenzione collettiva, per accorgerci che facciamo tutti cagare (cfr. il monologo in Un altro ferragosto di Virzì).
E ci sono le nuove star: oltre alle due Valerie e a Muccino, Claudio Santamaria, Elodie, Serena Rossi, fino a Sabrina Impacciatore debordante nell’ultimo episodio veneziano pieno di malinconia, su quella spiaggia viscontiana che fa sciogliere, forse, tutte le maschere. Chiudendo con la mitomania da cui siamo partiti, per un minutino di questo Call My Agent – Italia numero 2 ci sono anch’io, ma ora non vi dico niente, aspetterò di rivederlo in onda per potervi dire anch’io “questa non è la mia storia”.