‘Celebrity Hunted’ finisce ancora prima di cominciare | Rolling Stone Italia
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‘Celebrity Hunted’ finisce ancora prima di cominciare

A dispetto dell’originalità del format, lo show di Prime si brucia sul nascere, catapultandoci in una caccia all’uomo di cui fatichiamo ad afferrare il senso. Non c’interessa se Totti o Fedez vengono acciuffati. Anzi: lo speriamo

‘Celebrity Hunted’ finisce ancora prima di cominciare

Luis Sal e Fedez in 'Celebrity Hunted'

Pronti, partenza, via! Otto celebs schizzano lontano, come tanti figli illegittimi di Bolt, correndo ognuno in una direzione diversa. Fedez ha l’asma, Francesco Totti si fa frate, Claudio Santamaria e consorte s’infilano negli scatoloni, Diana Del Bufalo prende il largo sul Tevere, Cristiano Caccamo la sfotte, Luis Sal sceglie la cassa da morto, Costantino Della Gherardesca se la prende comoda. Tutti fuggono come ossessi, entusiasti per la sfida, mentre lo spettatore resta lì impalato davanti allo schermo. Interdetto.

Purtroppo, Celebrity Hunted finisce ancora prima di cominciare. A dispetto dell’oggettiva originalità del format, adattato in Italia da Edemol Shine, lo show di Amazon Prime Video si brucia sul nascere, catapultandoci in una caccia all’uomo di cui fatichiamo però ad afferrare il senso. Accade tutto troppo presto. Nemmeno il tempo di capire chi c’è, dove e perché, che già il countdown si azzera e il gioco inizia. Diamine, non siamo mica pronti.

Celebrity Hunted - Trailer | Amazon Prime Original

Per certi versi, ed entro certi limiti, l’approccio sarebbe pure legittimo: Amazon Prime Video non è mica Rai 1. Chi si ferma è perduto, e in fondo alla piattaforma interessano solo gli spettatori svegli. Ma persino il più sgamato di questi ha bisogno, per stare dietro a Totti e compagnia, almeno di una cosa: una motivazione. Qual è la posta in gioco? Perché questi vip fuggono come disperati? Devono trovare qualcosa? O scappano e basta? E allora, perché gli hunter li stanno braccando? Nessuno lo dice mai. Così, loro fuggono e noi ci perdiamo.

E dire che il cast non era affatto male. Le due teste di serie sono Totti e Fedez. Il primo, come da pronostici, buca lo schermo, oltre che con la sua notoria simpatia, anche con inaspettate doti da stratega. Fedez mostra invece il suo “lato umile”, facendo il comune mortale. Pure troppo. Solo nella prima puntata, si lava le ascelle a favor di telecamera, non prima di aver chiesto: «Se dobbiamo dormire nel rifugio sull’albero, dove faccio la cacca?». Fedez e Totti si prendono tutta la scena, ma anche la restante parte del gruppo avrebbe il suo perché: Luis Sal ha la battuta pronta, Claudio Santamaria e Francesca Barra fanno gli innamorati in fuga, e la flemma di Costantino è a dir poco mirabile. Eppure non riusciamo a empatizzare con nessuno di loro. Quasi non c’interessa nemmeno se vengono acciuffati. Anzi: lo speriamo.

Bastano infatti i primi 20 minuti di Celebrity Hunted (piccola postilla: 50 minuti a puntata sono decisamente troppi) per ritrovarsi a parteggiare per gli inseguitori. Nessuno per la verità ce li presenta per bene, ma sappiamo che è gente che svolge realmente questo lavoro: veri profiler, hacker, esperti dei servizi segreti capitanati da Alfredo Mantici, ex capo del dipartimento analisi strategica del Sisde. Persone che salvano il Paese ogni santo giorno, insomma. Non capiamo dunque come mai si trovino lì, a giocare a “guardie e ladri” con degli adolescenti intrappolati in corpi di adulti. Ma non importa, perché abbiamo trovato finalmente la nostra motivazione: in questi tempi di apocalissi incombenti, dove finita (si fa per dire) la minaccia del terrorismo arriva quella del Coronavirus, vogliamo vedere vincere coloro che sono deputati a difenderci. Ne abbiamo bisogno. D’altronde, che saranno mai otto vip per chi passa la vita a inseguire truppe di aspiranti Bin Laden?

Di nuovo. Per certi versi ed entro certi limiti, anche questo poteva essere un approccio interessante: ribaltare i ruoli, spingendo il pubblico a tifare per i “cattivi”. In fondo, chi non vorrebbe vedere i famosi detronizzati dal loro status? Ma c’è un ma. Per la verità, più di uno. Tanto per cominciare, gli hunter non sono nerd bruttini o uomini ruvidi, col volto segnato dallo stress quotidiano: sono personcine molto distinte, fresche di parrucchiere, che interagiscono tra loro citando a memoria i dialoghi di C.S.I., ma con la stessa enfasi degli attori di Un posto al sole (con tutto il rispetto per Un posto al sole). A loro volta, le squadre operative in strada sono formate da un nugolo di mancati Tronisti e Corteggiatrici. I quali, appena arrivano sul luogo indicato dai superiori, accendono il cellulare e si fanno un video selfie. Tutto sembra finto, distante, patinato. Per credere a quello che vediamo, dobbiamo convincerci mentalmente: «È tutto vero, è tutto vero, è tutto vero».

E qui arriviamo al punto cruciale. Se è tutto vero, il programma sarebbe dovuto finire alla puntata numero uno: si sta dando la caccia a otto improvvisati, mica all’Isis. Dovrebbe essere facile, soprattutto individuarli: una felpa con il cappuccio non è certo una tuta mimetica. Senza contare che una persona, o una coppia di persone, seguita passo passo da un cameraman dovrebbe saltare facilmente all’occhio. Non dimentichiamo infatti che, se vediamo tutto, è perché c’è qualcuno che riprende i concorrenti h24: a volte sono i droni, ma più spesso cameramen dalle gambe agili e i polmoni d’acciaio. Invece, niente. La caccia si trascina per sei episodi (i primi tre disponibili dal 13 marzo, gli altri tre dal 20 marzo), gli hunter sbagliano, ricominciano da capo, si perdono. Come se tutto questo non fosse già svilente, i vip si fanno pure beffe degli inseguitori: appena possono, li prendono per i fondelli, con tanto di cartelli spernacchianti e letterine. Manca solo il postino di C’è posta per te. A questo punto, è lo spettatore ad arrendersi. Scusa, Maria, ma io esco.