Cronaca di una capatina a Napoli per la presentazione di ‘Piedone’ | Rolling Stone Italia
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Cronaca di una capatina a Napoli per la presentazione di ‘Piedone’

Ma questo Piedone è all’altezza di quel Piedone? Cosa cambia e cosa resta? Che ruolo ha la città nella serie? Ecco tutte, ma proprio tutte le risposte

Cronaca di una capatina a Napoli per la presentazione di ‘Piedone’

Salvatore Esposito e SIlvia D'Amico in 'Piedone'

Foto: Eduardo Castaldo

Mercoledì mattina, interno treno. Sono le dieci, il Frecciarossa ha già 20 minuti di ritardo (“problemi tecnici alla stazione”, spiega una voce in stile Squid Game) e una parte di me si chiede perché dovevamo proprio andare fino a Napoli per la presentazione della serie tv Piedone (dal 2 dicembre su Sky Cinema Uno e in streaming su NOW). Voglio dire, città bellissima, per carità, ma non siamo forse nell’era della smaterializzazione, quella dove la rappresentazione vince sulla realtà? Cos’è questa tradizione vintage di recarsi in loco? Poi però arriviamo – con i già citati 20 minuti di ritardo, quindi per certi versi puntuali – e capisco che sì, a Napoli bisognava proprio andarci.

Tanto per cominciare ci sono 20 gradi (a fine novembre…), un cielo terso e un sole così bello da strapparti subito un sorriso. Senti di volere già più bene a tutti: al mondo, a Trenitalia, ai passanti che manco conosci. Mi avvio felice al punto di ritrovo dove mi attende una macchina di cortesia. Sono l’unica passeggera, gli altri colleghi a quanto pare sono arrivati prima. Così chiedo cortesemente al conducente se posso sedermi accanto a lui, anziché dietro, perché soffro il mal d’auto (no, i 40 anni non sono i nuovi 20), lui risponde che “sì, certo” e gentilmente mi apre la portiera. Poi, con altrettanta cortesia, domanda: “Lei indossa la cintura abitualmente?”. Mi sfugge un milanesissimo: “Be’, sarebbe obbligatorio…”. Me ne pento subito, rimedio (male) con una risata e il conducente capisce che sono del Nord. Mi perdona: anche lui, in realtà, ha origini nordiche. Mi spiega quindi che “a Napoli la cintura di sicurezza è un optional”, infatti lui non la mette – “alcuni designer la disegnano sulle magliette per fregare la polizia” – e poi inizia a illustrarmi la città mentre ci dirigiamo verso il luogo della conferenza stampa.

Mi indica la piazza dove hanno celebrato i funerali a Totò, i panni stesi alle finestre, il bellissimo Castel dell’Ovo ma anche i rioni malfamati, le case borghesi e quelle popolari. Davanti a me sfila una centrifuga di umanità, sventolata sotto quel sole di novembre, che ha tante anime, forse addirittura troppe, ma vorresti comunque conoscerle tutte. Mi rendo conto che quella città ha una personalità plastica e che il conducente è un mancato Cicerone. È bravissimo a raccontare la sua terra, anche se a tratti si trasforma in Caronte: il traffico è incasinatissimo. Almeno un paio di volte mi convinco che ci sarà un incidente (nostro o altrui) e che lui mi stia traghettando dall’altra parte del fiume, mica da Sky. Invece schiva tutto e tutti. “Siamo a Napoli”, ricordo a me stessa, cercando di mantenere la calma. D’altronde si dice che quello che conta sia il viaggio, non la destinazione, anche se in realtà io ci terrei parecchio ad arrivare alla meta. Non ho mai desiderato morire lavorando, come un attore sul palco: no, grazie, non fa per me. Mi va benissimo un infartino mentre dormo serena di notte.

Piedone - Uno sbirro a Napoli | Nuova serie | Trailer

In ogni caso, arriviamo vivi, io evito di baciare terra (non tanto per dignità, ma solo perché so che non è mica finita: ci sarà anche il ritorno, verso la stazione) ed entro per la conferenza. Schierati ci sono i tre protagonisti, Salvatore Esposito (the new Piedone), la sempre più brava Silvia D’Amico e il sempre più prezzemolino Fabio Balsamo. Con loro, anche il figlio di Bud Spencer, Giuseppe Pedersoli, che benedice la serie tv, il regista Alessio Maria Federici, il creatore Peppe Fiore e i produttori della Titanus Produzioni e di Fremantle. Si inizia con la litania dei ringraziamenti, l’immancabile “non volevamo imitare il commissario Rizzo: questo non è un reboot e nemmeno un remake, ma una storia nuova”, si scomodano le legacy della DC Comics, Piedone diventa Batman (“il commissario Rizzo lo prende con sé dopo che i suoi genitori muoiono, ed è solo grazie a lui se non è diventato il protagonista di un’altra serie tv”, chiosa allusivo Esposito) e i casi di puntata iper realistici. “Sono tutti ispirati a reali fatti di cronaca”, spiegano: la prima puntata parla di immigrazione, la seconda delle droghe come il fentalin, ma pure di malasanità e lavoro nero. E lì capisco: la vera trovata della serie non è stata tanto, o solo, aver trasformato Salvatore Esposito in Batman, ma di aver dipinto Napoli per quella che è. Cioè la nostra Gotham City, l’ho visto io stessa in macchina e lo si sente anche solo affacciandosi dalla finestra: è un luogo che ti parla, benedetto e dannato allo stesso tempo.

“Napoli è l’altra grande protagonista di questa serie tv”, conferma anche Nils Hartmann in chiusura della conferenza stampa, “in qualsiasi storia ambientata a Napoli questa città si prende la scena”. Sì, verissimo, però finora si vedeva solo uno dei suoi due volti: quello super bad in Gomorra, e l’altro più edificante in Mina Settembre (o in qualsiasi altra serie Rai che vi viene in mente). Qui invece il primo, vero, grande incontro di wrestling si consuma tra queste due anime di Napoli che sono entrambe presenti e si scornano. Lo vedi anche dall’estetica delle inquadrature: gli esterni sono tutti ruvidi, a tratti desolati e desolanti. Non è una location da cartolina eppure vorresti subito andare a visitarla.

Il photocall per la presentazione napoletana di ‘Piedone’. Foto: Simona Panzini

Giustamente però, arrivati a questo punto dell’articolo, voi vi starete anche chiedendo: ma questo Piedone è all’altezza di quel Piedone? Cosa cambia e cosa resta? La risposta l’ho trovata, più che in conferenza, durante il pranzo, scambiando due chiacchiere con il capo sceneggiatore Fiore. Mi ha raccontato che ogni volta che diceva che stava lavorando a Piedone, gli amici e conoscenti gli ponevano due domande. La prima: chi sarà l’erede di Bud? La seconda: e come farete con le botte? Sul primo, garantiamo che Esposito è un perfetto Piedone 2.0, credibile e in parte. Quanto alle mitiche scazzottate, erano e sono un must (tranquilli, le ritroverete), solo che in qualche modo bisognava giustificare questa tendenza, da parte di un poliziotto, a menare ceffoni. “Non mi piaceva che un uomo della legge fosse manesco”, ammette Fiore, che all’attivo ha anche la serie Il re. Si è quindi usciti dall’impasse in due modi: dando una backstory al protagonista, con tanto di trauma infantile e problema di gestione della rabbia, e trasformandolo in un appassionato di wrestling (intuizione avuta dallo stesso Esposito). Il risultato è un Piedone altrettanto incazzato ma umanamente più fragile e tormentato. La goliardia c’è sempre, ma non è più quella gratuita e strabordante di una volta. “Non poteva che essere così”, continua Fiore , “il gusto degli spettatori è cambiato, il pubblico si è evoluto ed è molto più esigente: si aspetta personaggi tridimensionali, sfumati. E poi la Napoli di oggi non è più quella di quarant’anni fa”. L’impressione – di nuovo – è che sia lei, Napoli, a dettare il tono e il passo di questa serie. Non sappiamo se i puristi di Bud Spencer si uniranno alla legacy creata da Sky, ma di certo almeno un giretto a Napoli se lo faranno.