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Dramma, commedia o X: perché c’è tutta confusione agli Emmy?

È un dibattito che va avanti da molti anni, quello che riguarda i maggiori premi dedicati alle serie tv. Che sono sempre più indecisi su dove “infilare” chi. E quest’anno titoli come ‘The Bear’ e ‘The Curse’ rischiano di complicare le cose ancora di più

Foto: Jeff Neumann/A24/Paramount+/Showtime; Katie Yu/FX; Chuck Hodes/FX

In questi giorni, il mio telefono è stato tempestato di messaggi di autori di serie tv comedy che stavano guardando l’ultima stagione di The Bear. Alcuni si sono divertiti con i nuovi episodi, altri ne sono rimasti delusi, ma nessuno ha detto che questa storia che parla di luoghi di lavoro tossici, dipendenze, malattie mentali e relazioni personali rovinose faccia ridere, nonostante il fatto che FX, Hulu e i votanti degli Emmy di tutto il mondo continuino a considerarla una commedia. Come ha detto uno sceneggiatore, “la serie mi piace molto, ma il fatto che vinca il premio come miglior serie comedy è offensivo. La maggior parte degli episodi non la sfiora neanche, l’idea della commedia”.

Eppure, il 17 luglio, la seconda stagione di The Bear probabilmente otterrà un numero di nomination agli Emmy ancora maggiore rispetto alle 13 dell’anno scorso, tutte nelle categorie comedy. E questo è solo uno dei punti di partenza di quella che potrebbe essere la cerimonia degli Emmy più confusa di sempre. Inoltre, la probabile favorita per la categoria miglior serie drammatica è Shōgun, che fino a un paio di mesi fa era inquadrata come miniserie. E tra i contendenti nella categoria delle miniserie ci saranno le nuove stagioni di Fargo e True Detective, franchise in circolazione da un decennio.

Tutto questo arriva sulla scia della cerimonia di gennaio, ritardata causa scioperi del 2023, in cui Jennifer Coolidge ha vinto un Emmy come attrice non protagonista per un ruolo in gran parte comico in una serie, The White Lotus, che in precedenza aveva conquistato le categorie delle miniserie, e in cui il discorso di ringraziamento del creatore di Succession, Jesse Armstrong, per il premio come miglior serie drammatica si riferiva alla sua serie come a una satira.

Lo sappiamo. Le categorie degli Emmy sono state create in un’epoca televisiva molto diversa e hanno avuto senso per decenni. Lucy ed io, Arcibaldo e Frasier erano indiscutibilmente commedie, così come Hill Street giorno e notte e West Wing erano chiaramente drammi. Si potrebbe notare una certa confusione su quali attori fossero considerati non protagonisti (*) e quali protagonisti (**). Ma si dovette aspettare fino al 1999 per assistere al primo vero dilemma esistenziale agli Emmy, quando Ally McBeal, una serie legal con i toni della commedia, ma senza la tradizionale struttura comica alla Seinfeld, per dire, vinse il premio come miglior serie comedy – nella stessa serata in cui la sua serie gemella, The Practice – Professione avvocati, si aggiudicò il premio di miglior serie drammatica.

(*) Come è noto, tutti e sei i Friends hanno insistito nel proporsi come attori non protagonisti per i primi anni della serie, per evitare che qualcuno sembrasse mettere in ombra gli altri, e in seguito sono passati tutti nello stesso momento al ruolo di protagonisti.

(**) È un po’ meno noto, ma comunque divertente, il fatto che Rob Lowe si sia proposto agli Emmy come attore protagonista in ogni serie a cui ha partecipato, anche quando interpretava chiaramente ruoli più che secondari – si veda, per esempio, quello in Parks and Recreation.

Con l’ingresso nel XXI secolo è diventato sempre più difficile fare distinzioni chiare tra le categorie. Desperate Housewives, una soap opera a tutti gli effetti, ha ottenuto una nomination come serie comedy nel 2005. Edie Falco ha vinto un Emmy come attrice comedy per una performance al 98% drammatica in Nurse Jackie e, forse perplessa lei per prima, ha insistito a dire nel suo discorso di ringraziamento di non essere affatto divertente. Orange Is the New Black, le cui puntate da un’ora erano a volte apertamente comiche ma altre intensamente drammatiche, è stata candidata come serie comedy nel 2014 e, poco dopo, gli Emmy hanno cambiato le regole di eleggibilità in modo che tutte le serie con gli episodi lunghi un’ora fossero automaticamente considerati drammi e tutte quelle con puntate di mezz’ora commedie, anche se le singole produzioni potevano presentare una petizione per essere spostate di categoria (a The Marvelous Mrs. Maisel è stata accordata questa richiesta, e nel 2018 ha vinto la statuetta come miglior serie comedy).

Nel frattempo, le serie antologiche come True Detective, Fargo e American Horror Story hanno creato scompiglio dall’inizio degli anni 2010. La prima stagione di American Horror Story ha gareggiato come miniserie nel 2012, così come Fargo nel 2014; lo stesso anno in cui la prima stagione di True Detective ha gareggiato come serie drammatica. Non è andata molto bene al creatore di quest’ultima, Nic Pizzolatto, e ai suoi collaboratori, che sono stati travolti dall’ultima stagione di Breaking Bad; le stagioni successive, tra cui la recente True Detective: Night Country, sono state proposte nella categoria che è stata poi ribattezzata Outstanding Limited or Anthology Series (miglior miniserie o serie antologica, ndt). A complicare ulteriormente le cose, c’è stato un numero crescente di miniserie come Downton Abbey, Big Little Lies e The White Lotus che si sono rivelate, di fatto, tutt’altro che “mini”, costringendo a salti di categoria per le stagioni successive.

Ormai l’intero processo di candidatura e la cerimonia di premiazione si sono trasformati negli Emmy di Schrodinger: una serie più essere una comedy, un drama o una miniserie, e l’unico modo per saperlo con certezza è aprire la scheda. The Bear è una serie di episodi lunghi mezz’ora la cui prima stagione potrebbe essere almeno vagamente considerata una commedia, anche se i momenti più memorabili sono sempre stati quelli drammatici. Shōgun è stata sviluppata come miniserie, ma ora è in lavorazione una seconda stagione; alcuni cinici hanno ipotizzato che si tratti di un modo per aggirare il sistema. A Fargo è stato permesso di rimanere una miniserie/serie antologica per tutti questi anni, anche se alcuni personaggi appaiono in più stagioni, mentre il ritorno di Coolidge ha automaticamente costretto The White Lotus a trovare un’altra collocazione – ma non nelle categorie comedy perché… gli episodi durano un’ora?

Forse l’esempio più lampante di tutta questa confusione è The Curse, la “creatura” di Nathan Fielder, Benny Safdie ed Emma Stone (in Italia disponibile su Paramount+, ndt) apparentemente costruita per sfidare tutte le categorizzazioni. Fielder è un comico di professione e la serie nasce esplicitamente come satira dei reality, della gentrificazione e molto altro ancora, quindi doveva essere una commedia. Ma è impossibile immaginare che la serie continui dopo quello che succede al personaggio di Fielder nell’ultimo episodio: quindi è una miniserie, giusto? Non ha molto senso considerarla una serie drammatica, ma gli episodi durano un’ora ciascuno, Fielder e Stone interpretano scene spesso molto intense e la satira non è così divertente, se mai grottesa, quindi… forse? No: quindi, ovviamente, è stata presentata come serie drammatica, nonostante non ci siano stati annunci di stagioni future, semplicemente perché scegliere quella strada era molto più facile rispetto a proporre The Curse come comedy o miniserie.

A questo punto, gli appassionati di serie tv devono solo alzare le mani e ammettere la sconfitta. Creare una serie di categorie dramedy non risolverebbe nulla, dal momento che troppe serie di questi anni finirebbero facilmente in quella categoria. E ciò non aiuterebbe nemmeno a risolvere il problema delle miniserie che hanno abbastanza successo da essere rinnovate per più stagioni. La Television Academy potrebbe provare a eliminare del tutto le distinzioni fra comedy e drama, nello stesso modo in cui le performance comiche e drammatiche competono tra loro agli Oscar. Ma in questo tipo di scontri testa a testa, il dramma tende a vincere in modo schiacciante, e in alcuni anni si è fortunati se anche un solo attore o attrice viene nominato agli Academy Award per un ruolo comico. Inoltre, gli Emmy servono a far sentire Hollywood a posto con sé stessa, e ridurre il numero di persone premiate – o creare una sorta di confusione per cui molte serie e molte persone vincono tanti premi, ma non in una competizione chiara e diretta – non è una buona idea.

Gli Emmy hanno altri problemi da risolvere, come la tendenza dei votanti negli ultimi anni a nominare ogni singolo attore dei pochi titoli che guardano. Ma l’unica cosa che sappiamo con certezza, quando il 17 luglio verranno annunciate le nomination di quest’anno, è che ci sarà da chiedersi quali serie e quali attori saranno stati scelti, e soprattutto perché.

Da Rolling Stone US

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