Nel primo episodio della nuova miniserie di Dying for Sex (disponibile in Italia su Disney+, ndt), dal tono insieme cupo e comico, Molly (Michelle Williams) apprende che il suo cancro al seno è tornato ed è ora terminale, poi pensa alla sua inesistente vita sessuale con il marito Steve (Jay Duplass) e dichiara: “Non ho mai avuto un orgasmo con un’altra persona. E ora sto per morire”. Quello che segue è un tentativo ora esilarante, ora sconcio, ora triste di risolvere il primo problema prima che il secondo la colpisca.
Adattamento di Kim Rosenstock ed Elizabeth Meriwether dell’omonimo podcast, Dying for Sex ha il non invidiabile compito di destreggiarsi tra quelli che dovrebbero essere due toni completamente incompatibili. Da un lato, né l’oncologo di Molly (interpretato dal David Rasche di Succession) né la serie stessa tentano di addolcire la natura di questo tipo di cancro. La sua storia finirà in un solo modo, e relativamente presto, e questo è inevitabilmente triste. Tuttavia, il ticchettio dell’orologio creato dall’essere al quarto stadio spinge Molly a lasciare Steve e ad arruolare la migliore amica Nikki (Jenny Slate, fantastica) come persona di supporto sia per il suo trattamento medico che per la sua ricerca di soddisfazione sessuale con ogni mezzo necessario. E questa parte della serie è spesso assolutamente divertente, compresa una scena in cui la madre di Molly (la grande Sissy Spacek) dice a un ragazzo con un costume da cane: “Non bere la pipì di mia figlia se non ti va!”.
Rosenstock e Meriwether hanno lavorato insieme per la prima volta nella sitcom New Girl di Zooey Deschanel, che dava molto spazio agli elementi più assurdi – compresi i dettagli espliciti riguardanti il viaggio sessuale della sua eroina – ma ha anche regalato occasionali momenti di pathos. Ma non aveva una tragedia inevitabile nella sua premessa, come invece avviene in Dying for Sex. Tuttavia, il duo riesce a far combaciare sapientemente le due metà. La commedia è una gradita liberazione dalla tristezza, ma la pesantezza del materiale di partenza impedisce alle battute di sembrare troppo esagerate.
Naturalmente, il fatto che Michelle Williams interpreti questo personaggio aiuta. È il suo primo ruolo televisivo dopo Fosse/Verdon del 2019 (prodotto sempre da FX), per il quale ha vinto un Emmy. Potrebbe dover liberare un posto sulla sua libreria per un altro. Williams tiene insieme le due metà della storia grazie al carisma, alla pura forza di volontà e alle capacità comiche che sono state tristemente sottoutilizzate nel corso della sua carriera. Chiunque abbia ascoltato l’estratto della sua lettura dell’audiolibro del memoir di Britney Spears, che parla di Justin Timberlake che saluta Ginuwine, sa quanto possa essere perfidamente divertente con la sola lettura delle battute. Dying for Sex mette a frutto questo talento, usando di tanto in tanto una voce fuori campo in cui Molly cerca di distrarsi dalle ultime brutte notizie sul cancro facendosi venire in mente dei cazzi: “Sì, cazzi. Cazzi! Cazzi grandi, cazzi piccoli!”. E quando le cose si mettono male per la salute di Molly – o quando Molly lotta con il fatto di essere stata abusata da bambina da uno dei fidanzati di sua madre – Williams non ha bisogno di spingere molto per azionare i dotti lacrimali del pubblico.
Mentre il viaggio sessuale di Molly la porta da una masturbazione epica a goffi appuntamenti via app, fino alla scoperta che le piace essere una dominatrice di uomini che si eccitano con l’umiliazione, l’attrice fa meravigliosamente coppia con Rob Delaney, nel ruolo di un vicino di casa sciatto che la ripugna e la eccita, spesso allo stesso tempo. Chiunque abbia visto la grande serie Catastrophe di Delaney e Sharon Horgan sa quanto Delaney si trovi a suo agio nello spazio tra la stupidità e la tristezza, e il rapporto del suo personaggio con Molly continua ad andare in posti inaspettati.
Ci sono alcuni intoppi con il ritmo – il matrimonio di Molly finisce fuori campo troppo presto, anche se Steve continua a ricomparire – ma per la maggior parte la serie rimane su questa corda. Anche l’episodio finale, in cui Molly entra nell’ultima fase della sua malattia, è reso sopportabile dalla performance umana e divertente di Paula Pell, che interpreta un’infermiera dell’hospice senza peli sulla lingua.
Riderete, piangerete, e non riuscirete più a guardare Scooby-Doo nello stesso modo.