Quando Somewhere uscì a cinema, i primi di settembre del 2010, chiunque scommetteva che avrebbe segnato la rinascita di Stephen Dorff. La pellicola di Sofia Coppola, vincitrice del Leone d’oro alla 67esima Mostra di Venezia, rappresentò invece il trampolino di lancio per Elle Fanning, all’epoca dodicenne: la deliziosa Cleo del film era una creatura quasi eterea che nel suo iPod aveva I’ll Try Anything Once degli Strokes – pure colonna sonora dell’ultimo tenero e struggentissimo giorno allo Chateau Marmont insieme allo scapestrato padre Johnny Marco.
Elle, sorella minore dell’all’epoca più famosa Dakota – di cui inizialmente era la versione mini-me, come nella miniserie Taken o nel film Mi chiamo Sam di Jessie Nelson – nel 2004 viene scelta per il ruolo di Ruth in The Door in the Floor di Tod Williams, al fianco di Jeff Bridges e Kim Basinger. Si racconta che i produttori del film inizialmente avessero in mente di prevedere due gemelle identiche per via dell’intenso programma di riprese, ma rimasero talmente colpiti da Fanning che alla fine usarono soltanto lei. Prima di Somewhere, la nostra mette a segno una serie di colpacci mica da ridere: è la figlia di Brad Pitt e Cate Blanchett nel gigantesco Babel di Alejandro González Iñárritu; li ritrova l’anno dopo nel Curioso caso di Benjamin Button di David Fincher; poi è in Phoebe in Wonderland di Daniel Barnz e nello Schiaccianoci 3D di Andrei Konchalovsky.
Dopo Sofia Coppola arriva J.J. Abrams, che la vuole nel drammone fantascientifico Super 8 nel ruolo di Alice Dainard: il film, diventato una specie di cult, le vale uno Spotlight Award all’Hollywood Film Festival e la critica è unanime, è proprio Elle uno degli aspetti più convincenti della pellicola. Nel 2011 appare in La mia vita è uno zoo di Cameron Crowe, con Matt Damon e Scarlett Johansson, mentre nel 2012 è nel cast di Ginger & Rosa, diretto da Sally Potter. La sua interpretazione riceve ampi consensi: il New York Times scrive che Fanning «mostra una miscela quasi streepiana di compostezza, intensità e precisione tecnica. È spaventoso quanto sia brava ed è difficile immaginare qualcosa che non sia in grado di fare». Il Boston Globe elogia la sua «naturalezza luminosa che sembra l’opposto di una performance, e che riesce facilmente a trascinare il pubblico nella realtà emotiva della protagonista».
Definire Elle Fanning non è così immediato: l’aggettivo più scontato che viene subito in mente è “adorabile”, ma questo rischierebbe di delimitare la sua capacità di funzionare sempre, ovunque la si metta, con una grazia che pare quasi d’altri tempi. Che siano blockbuster (vedi alla voce Maleficent di Robert Stromberg, dov’era la principessa Aurora e si scontrava con l’antagonista Malefica/Angelina Jolie), biopic acchiappa-nomination (vedi alla voce L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo di Jay Roach), commedie al femminile (vedi alla voce Le donne della mia vita di Mike Mills), lei riesce a non risultare mai fuori posto, qualsiasi ruolo le si affibbi. Nel 2017 si riunisce con Sofia Coppola per L’inganno, dove è affiancata da un cast stellare (Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst): Coppola s’aggiudica il premio per la miglior regia a Cannes ed Elle, che ormai con i film in costume c’ha preso gusto, continua a incantare con Mary Shelley – Un amore immortale della prima regista donna dell’Arabia Saudita, Haifaa al-Mansour.
E, infine, giunge anche l’amore. Per Elle ha il volto di Max Minghella, figlio del defunto Anthony che nel 2018 dirige un filmetto (Teen Spirit – A un passo dal sogno) di cui lei è protagonista: nonostante i tredici anni di differenza, i due s’innamorano sul set e da allora fanno coppia fissa, mantenendo comunque un basso profilo ed evitando di sovraesporsi. La classe d’altronde non è acqua, e Fanning ne possiede in abbondanza: l’anno dopo diventa la più giovane giurata al 72esimo Festival di Cannes, e incanta il mondo con una sfilza di outfit uno più bello e azzeccato dell’altro. Merito della bravissima stylist, certo (in questo caso, Samantha McMillen), ma pure del suo ottimo gusto (basta scorrere i look quando viene paparazzata per le strade di New York o Los Angeles), che le ha fatto scegliere la persona più giusta per occuparsi del proprio guardaroba. Passata la tempesta che ha accompagnato i vari rinvii nonché le infinite polemiche relative all’uscita di Un giorno di pioggia a New York di Woody Allen (film delizioso, almeno quanto è deliziosa Elle), la nostra punta sulla tv (ovviamente di qualità, ovviamente Hulu) e vince la scommessa a mani basse.
Nel 2020 debutta in The Great di Tony McNamara, serie rinnovata per una terza stagione (in Italia su Starzplay), una period black comedy sulla giovane Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst, aka Caterina II di Russia, aka colei che è diventata uno dei più significativi esempi di dispotismo illuminato col nome di Caterina la Grande. The Great si focalizza sugli anni precedenti alla presa del potere da parte di Caterina, ossia quando la novella sovrana capisce che, in Russia, se l’imperatore muore è la moglie a ereditarne il regno. Consapevole d’essere sposata con uno zotico ignorante (Nicholas Hoult, nei panni di Pietro III), la nostra comincia a cercare sostenitori per tramare contro il marito, ucciderlo e governare il Paese. Divertente, ironica, dissacrante, colorata, scorrettissima e opulenta: la serie è un successo, Fanning ottiene un Satellite Award come migliore attrice in una serie commedia o musicale, critica e pubblico s’inchinano ai suoi piedi.
Lei dimostra a tutti che non è soltanto “Grande”, bensì immensa, e si lancia in un ruolo diametralmente opposto: quello di Michelle Carter, l’adolescente che nel 2014 istigò al suicidio – tramite messaggi e telefonate – il diciassettenne Conrad Roy, con cui aveva instaurato una relazione platonica. The Girl from Plainville (dal 10 luglio su Starzplay), serie true crime creata da Liz Hannah e Patrick Macmanus, non è riuscita quanto The Great, ma Elle (e pure Chloë Sevigny) svetta come sempre, regalando l’ennesima prova pazzesca.
Consacrata al cinema, consacrata in tv, cosa vorrebbe di più Elle Fanning? Forse quello che ancora, in età adulta, le manca: recitare insieme alla sorella Dakota. Ebbene, farà pure quello in The Nightingale, film basato sul romanzo di Kristin Hannah dove le Fanning interpreteranno due sorelle sopravvissute all’occupazione nazista durante la Seconda guerra mondiale. Regia di Mélanie Laurent, sceneggiatura di Dana Stevens, data di uscita fissata per il 22 dicembre 2022. È proprio il caso di dire: «Huzzah!».