A Roma un tempo c’erano le radio. Ci sono ancora, a dir la verità, le radio sportive, pulpiti che danno spazio, da sempre, a populisti un tanto al chilo, che parlino della loro squadra, ma anche di politica o di tv. Personaggi improbabili che finiscono per ospitare sindaci, indirizzare voti, condizionare il potere. Un tempo, perché ora a farlo con meno soldi e più efficacia ci sono i videosocialblogger: mentre voi vi indignate per Chiara Ferragni, protagonista a Venezia di un documentario sulla sua vita – eppure lei è una professionista di successo, una manager di alto livello, e lo ha dimostrato -, Roma, ma non solo, è invasa da personaggi improbabili che hanno follower a 6 zeri perché parlano, con la vis romanesca del coatto antico della magggica o d’a Lazio, dei clandestini che ce rubbano il lavoro e della figa, dei reality o di malattie terminali. Con lo stesso tono e la stessa superficialità.
Lo schema è lo stesso delle suddette radio: si urla, ci si incazza, si trovano tre o quattro tormentoni e delle vittime designate (che siano calciatori e dirigenti da una parte, vip e casta dall’altra) e ci si erge a capopopolo. Se particolarmente spregiudicati, si sfruttano due o tre amicizie per improvvisarsi oracolo di calciomercato (basta una foto con Cerci e Romagnoli o una telefonata in diretta social con Petagna e sei già il nuovo Di Marzio), oppure, perché no, editorialista politico. Il tifoso, follower, spettatore, adepto a quel punto è conquistato, avvinto, pronto a essere argilla nelle mani del nuovo leader. Che comincia, quando non ne ha fatto già una comunicazione parallela, a fare politica. Per intenderci, gli ultimi sindaci di Roma sono passati dalle radio sportive ad accettare quel confronto e quel microfono aperto che rifiutavano ai grandi network.
Uno degli eroi di questo big bang mediatico è Er Faina, personaggio assurto alla fama per aver cavalcato con le sue battute improbabili e l’umorismo portuale qualsiasi argomento in cui ci si potesse dividere in tifoserie. Dalla politica alla nazionale e la sua Lazio, ma soprattutto il mondo dello spettacolo. Da Barbara D’Urso “da buttare nell’umido”, come in un suo sapido meme ormai tormentone, a Belen Rodriguez, prima ingiuriata e poi protagonista di una foto su Instagram con lui, fino a un fotomontaggio con Nadia Toffa, insultata in vita e pianta da morta.
Il personaggio, supertatuato e col grugno fiero, ha verve e ritmo, se ti piacciono le gag un tanto al chilo di chi scimmiotta male Romanzo Criminale rifatto dal Bagaglino. Ma in fondo, se fosse solo questo, Damiano Coccia, detto Er Faina, sarebbe solo uno dei tanti disperati – a Roma si dice scappati de casa – che per un grammo di fama farebbero qualsiasi cosa. Uno di quelli che a Temptation Island Vip ci starebbe bene proprio per questo. E infatti lì è finito Er Faina, concorrente assieme alla fidanzata Sharon Macrì della nuova edizione del reality Mediaset al via il 17 settembre.
E poco importa se lui ha denigrato e ridicolizzato la trasmissione da sempre: è pur sempre un biancazzurro che mette su Instagram foto con Totti e Nainggolan, e ora, come neanche il più spregiudicato dei 5 stelle alle prese con l’alleanza con quello che prima chiamava il partito di Bibbiano, dice “che la trasmissione gli è sempre piaciuta, gli facevano schifo i comportamenti dei concorrenti”. Eppure la Rete è piena dei suoi improperi contro quel reality. Ma nel mondo dello spettacolo, la coerenza è un difetto, e pure il saper infilare congiuntivi. Non è una colpa neanche quella sigaretta in bella vista, la smorfia perenne da romano che tiene sempre la mano a conca pronta per insegnarti a vivere, manco quei muscoli che il 31enne gonfia, togliendo aria altrove.
No, il problema è un altro. Siamo noi. O almeno quelli che lo seguono, ne alimentano l’odio – lui è forse il primo influ-hater, uno che ha costruito la sua fortuna sull’odio seriale per tutto e tutti –, che lo rendono una sorta di icona del cattivismo. Il problema è che deve esserci un limite persino al trash televisivo, perché Er Faina passerà per il romano paraculo e divertente – un po’ alla Ilaria Teolis –, ma al suo esercito propina video (montati male e con peggior gusto del suo taglio di capelli) sulla Sea Watch, si lascia andare a proclami sovranisti, insomma fa politica, perché uno come lui “non le manda a dire a nessuno”.
Er Faina in tv, l’ennesimo salto di qualità della violenza verbale su Internet, è lo specchio di un Paese allo sbando, schiavo ormai di uno schema “gggentista”, a cui la comunicazione non riesce a sottrarsi. È lo schema morisiano-salviniano applicato all’uomo della strada: questo 31enne che liquida qualsiasi argomento nel tempo di una sigaretta e di un accendino lanciato chissà dove, usa i propri tatuaggi come fossero le felpe con i nomi delle città, si cerca un nemico (meglio se donna, come il politico ha fatto con Boldrini e di recente Littizzetto), risulta diretto, spontaneo e genuino solo perché infila frasi-slogan di cui il romanesco è fucina ininterrotta, infine non dimentica mai di salutare i follower, a volte chiede loro di parenti e disgrazie, si interessa a loro, l’equivalente del “bacioni” del ministro dell’Interno. E non rinuncia alla battuta, anzi in questo rappresenta un’evoluzione del leghista: anche di fronte all’argomento più difficile e spinoso, più serio e sfaccettato, cerca sempre di fare ridere (il suo senso dell’umorismo è imbarazzante, una specie di brutta imitazione di Brignano, ma a giudicare dai commenti parrebbe il Louis C.K. della Capitale), che sia (specie su Instagram) con le parole in video o con fotomontaggi improbabili. Dall’Expo al terrorismo – magari con la maglia della nazionale del Paese colpito addosso e sempre, rigorosamente, nella sua cucina –, fino ai migranti, la sua ossessione, cui nei suoi monologhi suggerisce di dare orologi di lusso e macchine di grossa cilindrata. I social, per quelle battute e l’entusiasmo tragicomico dei suoi utenti, però, lo classificano come satira, nonostante su Facebook spesso metta l’emoji del saluto romano, inneggi a Putin e condivida bufale pericolose e razziste senza soluzione di continuità.
Per l’uso che fa dei suoi account, Er Faina è evidentemente estremamente consapevole del mezzo. Non è uno del popolo che si mette davanti a una camera accesa, lo capisci dagli argomenti che tratta, alternando politica e showbiz, da come cavalca l’ultima trasmissione del palinsesto Mediaset e, solo quando la parabola delle visualizzazioni va verso l’alto, come ci infili la politica, un populismo fascistissimo che in tv funziona alla grande e conferma un folle declino della suddetta da strumento di intrattenimento (e magari sì anche di indottrinamento di massa, Berlusconi docet) a piazza e trampolino per messaggi e personaggi borderline, senza più alcun argine.
Damiano Er Faina Coccia non è un bizzarro eroe dell’Internet, ma uno spregiudicato manipolatore che è populista e popolare, ma che del popolo se ne frega, uno che usa il sovranismo per poter seminare odio verso i più deboli, esattamente come ha fatto con Toffa, D’Urso e vari freak televisivi. Non è pittoresco, è pericoloso e diffonde idee che rimandano fin troppo chiaramente a un tempo in cui l’Italia si è fatta molto male. Er Faina è il motivo per cui un ultras fascista autodefinitosi criminale come Fabio Gaudenzi, con passamontagna, 357 magnum e un’estetica tra Gomorra e Narcos, può annunciare sui social di essere il pentito del caso Diabolik e trovare nugoli di fan. Er Faina è la punta dell’iceberg di un Paese che accetta supinamente che Diabolik stesso venga celebrato da migliaia di persone all’Olimpico, quando, solo pochi anni fa, si indignava per la t-shirt di Genny ‘a Carogna.
Er Faina è uno che usa la sua fidanzata per accrescere il suo potere mediatico, quella Sharon Macrì (lei sì che dal video di presentazione sembra totalmente inconsapevole, poverina) da cui probabilmente non esiterà a farsi mettere le corna (o a mettergliele) per qualche follower in più. Il problema è che il Web non ha confini, lo puoi surfare con l’odio, e se la tv ne diventa l’amplificatore, non ci sarà più un limite. Presto Er Faina ce lo troveremo a occupare un ministero: lui è Pillon col bicipite gonfio, e che si ricorda di sloggarsi prima di autocommentarsi uno status e un video. È Fontana “che te fa ride”. E Toninelli, a quel punto, ci mancherà, fidatevi.