Dicono che sono stati quasi premonitori, a scrivere Gangs of Milano – Le nuove storie del Blocco, il sequel di Blocco 181, la serie Sky Original che vede Salmo nel ruolo di attore e supervisore musicale, che da due (con questa) stagioni racconta la Milano dei riflettori. Non quelli del glamour e della vita dabbene e da bere, ma quella che ha fatto parlare di sé sulle pagine di cronaca dei quotidiani: appalti edilizi a rotoli, magheggi, spaccio, gang, criminalità. Occupazioni e repressione, sgomberi, prezzi che lievitano e stipendi inamovibili. Città che si arrocca in un centro sempre più alto e lascia perdere i bordi, che si slabbrano e assumono vita propria.
E regole proprie. Di questo in fondo parla Gangs of Milano: del tentativo dei suoi antieroi di emanciparsi da un lato da una società che non li vuole; dall’altro, dalle strutture in parte criminali, in parte comunque umanamente malevole, che li vorrebbero definiti, stritolati, in balìa.

Foto: Marco Piovanotto
I tre protagonisti delle prime stagioni rimangono: Laura Osma è ancora Bea, a capo della Misa, un “esercito di donne” che si batte alla pari in un mondo maschile e maschilista, controllando il traffico di coca verso i locali della Milano “che conta”. Mahdi (Andrea Dodero), è a capo della Kasba, gruppo di giovani di molte etnie e nazionalità che usano la musica come mezzo di espressione e via di salvezza in un mondo che li vorrebbe criminali. E c’è ancora Ludo (Alessandro Piavani), tornato a Milano dopo mesi di assenza con un piano che urla vendetta. È lui la miccia che trascinerà di nuovo Bea e Mahdi nei guai, ricostituendo un trio, legato anche sentimentalmente nelle prime stagioni, che però questa volta sentirà il passo del tempo.
Dicono che sono stati quasi premonitori, perché le sibille altro non sono che persone dall’anima ampia, capaci di connettersi con il presente e da lì leggere il corso del futuro. Paolo Vari, tra gli sceneggiatori presenti alla conferenza stampa di Gangs of Milano, ci tiene a precisarlo: il copione è arrivato un anno, un anno e mezzo fa, prima di chi ha chiamato Corvetto una banlieue, prima della grande risonanza dei presidi antisfratto davanti al centro sociale Leoncavallo, prima dei rivolgimenti del decreto Salva Milano. «Abbiamo respirato il clima di questo periodo. La realtà si è indurita, e anche noi ci siamo induriti con lei. Ovviamente il nostro è un racconto di fantasia. Abbiamo cercato di riportare i fatti del presente nella fantasia».

Il regista Ciro Visco. Foto: Marco Piovanotto
«Abbiamo cercato di catturare gli ultimi rivolgimenti sociale, aprendo una dimensione parallela rispetto a quella di Blocco 181», aggiunge Nils Hartmann, produttore. Il regista Ciro Visco chiosa: «Abbiamo ricostruito la serie. Ci siamo seduti a un tavolo e abbiamo pensato: “Ok, come sarebbero i nostri personaggi se si ritrovassero tra uno, due anni?”. Il gioco è sempre farli reagire al mondo che li circonda. Vedere come il mondo attorno li costringe e cambiare e prendere anche direzioni che non vorrebbero». La serie, insomma, è una serie di bivi, di scelte.
È naturalismo, sociale e letterario. Il discorso, nel presente, sarebbe però da ribaltare: non lo studio a ritroso delle cause “per cui il personaggio è così”, ma a priori. Quali condizioni stiamo creando, e per quali abitanti delle città, presenti e futuri? Milano, alla fine, è quasi una scusa. È la lingua che conosciamo per esprimere qualcosa che non va.

Alessandro Piavani è Ludo. Foto: Marco Piovanotto
L’altro giorno facevo aperitivo con due cetriolini e un’amica mi ha detto che ha fatto pace con Milano. Quasi che mi affogavo: non sentivo quella frase da parecchio. A Milano è più facile star male: un’altra conoscenza mi trasmette la regola aurea per cui si parla di lavoro (inteso: per lamentarsi), mercato immobiliare (per lamentarsi), e segni zodiacali (o tarocchi, per ovviare al resto delle lamentele). Pure io, che a Milano ci vivo da dieci anni, qualche volta sto un po’ male.
Sto male quando non riesco a scendere in manifestazione. A volte è lavoro, altre una cosa che non mi riesce spiegare e sta tra la tristezza, la compassione, la disillusione. Sto male quando ricordo che senza l’aiuto dei miei genitori non sarei riuscita a comprare una casa (e comunque il rogito è ancora lontano). Sto male di jouissance – il piacere orgasmico e scuro dei filosofi esistenzialisti – quando mi dico che me ne vado proprio perché sto qui, e che sto qui solo perché posso andarmene.

Bea, interpretata da Laura Osma. Foto: Marco Piovanotto
Sto male perché il privilegio è sempre senza merito. Sto male perché mi lamento perché sto male. Perché mi lamento? Perché sto male? Sto male perché mangio fuori casa spendendo troppo. Sto male perché ho la sensazione di non avere un potere attivo su questa conformazione. Come si fa a essere e basta? A Milano, in città, è quasi impossibile.
Sono schiavi e vittime di ciò che accade, i personaggi di Gangs of Milano, continuano a dire in conferenza. Chissà se ce la faranno a trovare la loro personalità. Hanno ragione: non è una questione di salto di classe, ma di esistenza.
In una delle ultime puntate del podcast Indagini, Stefano Nazzi ha raccontato la vicenda dell’aspirante modella Terry Broome. Uccise Francesco D’Alessio il 26 giugno 1984, principe della Milano da bere, nel mezzo di un vortice di abuso di festini e sostanze. «La violenza è parte integrante della Milano da bere»: sento questa frase.
Ramy Elgaml è morto durante un inseguimento tra un motorino e una volante della polizia. Le ultime ricostruzioni scagionerebbero gli agenti coinvolti da una sorta di dolo ulteriore dovuto a speronamenti del motorino. Corvetto, quartiere di Milano che di certo periferia non è, è rimasto in rispettoso e indignato silenzio, ribadendo la propria versione. Chi abita in altri municipi si è incazzato parecchio.

Andrea Dodero alias Mahdi. Foto: Marco Piovanotto
I palazzi si costruiscono sempre più alti, a volte spacciandoli per più bassi. È un problema, e i cantieri vengono bloccati. C’è una teoria economica che mette in relazione le disgrazie del mondo con l’altezza dei grattacieli che vi si costruiscono: a ogni high, un nuovo low.
Mi dicono che a Milano ci si sente poco protetti, instabili, minacciati. Non capisco forse troppo perché, ma i primi due anni dopo il lockdown da Covid-19 le baby gang c’erano sul serio. I trapper di San Siro regolano i conti tra loro e diventano affari di tutti. Pure la comunità latinoamericana nella zona di via Padova.
Della gintoneria di Davide Lacerenza sapevamo tutti, dài. Quel video l’abbiamo visto tutti. Scia di un benessere dopato che per ora non torna più ma fa sognare la nostalgia di un passato che non abbiamo vissuto.
Una domanda: la rappresentazione incendiaria di Milano ha infastidito qualcuno? Risposta: ma va’. Non ci occupiamo delle dinamiche del crimine, è altra cosa. Poi arrivano quelle morbose: chiedono ai giovani attori neo-professionisti reclutati con street casting di parlare delle loro zone, ma intendono condizioni, di provenienza. «Da noi c’è gente che è stufa di mangiare pasta in bianco, persone di cinquant’anni appena uscite di galera… Mia madre da bambini ci metteva i sacchetti della spazzatura sopra le scarpe perché per terra era pieno di siringhe. Certo che è un contesto difficile ma… non lo so, non lo so». Le situazioni di disagio, si conclude, sono sparse. Non dipende da dove vieni ma come la vivi.
Forse è a questo che dovremmo pensare domani, se ci metteremo a guardare Gangs of Milano. Al fatto che dovremmo girare il naturalismo e cercare di prevenire, invece che curare. Farci abbattere un po’ l’ego, come dice Salmo commentando l’effetto del lavoro attuariale su di lui: per un rapper l’Io è tutto, per l’attore, in teoria, nulla.
E comunque «sulla musica abbiamo lavorato suonando tutto, tutto quello che sentite. Le facciamo sembrare hit anni Settanta, invece ci sono strumenti reali dietro». Questo arriva come una catarsi. Preferirei parlare di questo che di mercato immobiliare. O forse dovremmo scendere di più in piazza. Magari superare quel crogiolo di strane emozioni non è così difficile come credo.
Del naturalismo bisogna ribaltare il ragionamento: non la curiosità verso le condizioni che ci creano, ma la consapevolezza che potremmo farle cambiare. E magari, come i ragazzi di Gangs of Milano, provare a trovare una strada migliore.
Gangs of Milano – Le nuove storie del Blocco è una serie Sky Original prodotta da Sky Studios, TapelessFilm e Red Joint Film, in esclusiva su Sky e in streaming su NOW da oggi, 21 marzo.