Durante il monologo di apertura tra i padroni di casa Eugene e Dan Levy, padre e figlio, ai 76esimi Emmy Award di domenica sera, i due hanno riconosciuto che molti tra il pubblico si sarebbero aspettati una battuta sul fatto che The Bear non è una commedia, nonostante le sue 23 nomination in varie categorie “comedy”. “Ma nello spirito di The Bear, non faremo alcuna battuta”, ha detto Eugene.
La reazione della platea è stata diversa da quella che ha avuto nei confronti delle altre battute dei due Levy, come se i presenti fossero allo stesso tempo scandalizzati e totalmente d’accordo col fatto che le star di Schitt’s Creek avessero evidenziato senza mezzi termini l’esempio più lampante dell’annoso problema degli Emmy: nessuno sa più a quali categorie appartenga una serie. Tutti amano The Bear, ma quasi tutti concordano sul fatto che si tratta di un dramma con occasionali momenti di umorismo, ed è stato inserito nella categoria comedy solo perché i suoi episodi sono di circa mezz’ora ciascuno.
Per la maggior parte della serata, è sembrato che questo sarebbe stato l’ennesimo anno in cui l’Academy della Tv scrollava come al solito le spalle davanti alla questione della categoria di appartenenza e dava a The Bear tutto ciò che voleva. Certo, Jean Smart ha battuto Ayo Edebiri come attrice protagonista in una serie comedy, ma Smart aveva già cinque Emmy all’attivo e due vittorie precedenti per il suo ruolo di Deborah Vance in Hacks, e il modo più facile per vincere un Emmy è avere già diversi Emmy (Edebiri avrebbe probabilmente fatto il bis se avesse continuato a correre nella categoria miglior attrice non protagonista, dove invece ha vinto la sua co-protagonista Liza Colón-Zayas). Ebon Moss-Bachrach e Jeremy Allen White hanno replicato la vittoria della 75esima edizione degli Emmy, così come il creatore di The Bear Christopher Storer per la regia. I creatori di Hacks hanno battuto Storer per la sceneggiatura, ma lo avevano fatto anche nel 2021 contro un altro gigante, Ted Lasso. Fino a quel punto, sembrava che la serata si sarebbe conclusa con un’altra incoronazione di The Bear.
Invece non è andata così.
Sotto gli occhi di tutti i presenti, soprattutto dei vincitori, la statuetta di miglior serie comedy è andata a Hacks. E forse questo è l’inizio di una via di fuga da quest’epoca di totale confusione tra le categorie.
Forse è un peso eccessivo da attribuire a una singola vittoria, soprattutto dal momento che The Bear ha ancora una volta stabilito il record di vittorie agli Emmy per una serie comedy in una singola stagione, se si contano anche le otto vittorie agli Emmy Creative Arts Awards della scorsa settimana, dove Jon Bernthal e Jamie Lee Curtis hanno vinto i premi come migliori guest per il loro lavoro nell’episodio natalizio Pesci. Ma non è così. Le serie che dominano in tutte le categorie in cui sono candidate non finiscono mai per perdere il premio più importante, a meno che i votanti non vogliano mandare un messaggio. Da tempo i membri dell’Academy hanno mostrato la volontà di premiare le interpretazioni drammatiche nelle produzioni comedy e viceversa, e The Bear ha vinto il premio come miglior serie comedy a gennaio, ma una seconda statuetta sembrava un passo troppo lungo.
Anche il tempismo potrebbe non essere stato amico della serie prodotta da FX (in Italia disponibile su Disney+, ndt). Ogni stagione di The Bear ha debuttato a giugno, subito dopo la chiusura della precedente finestra di eleggibilità agli Emmy e poco prima dell’inizio delle votazioni per l’anno precedente. Quindi le stagioni vengono premiate molto tempo dopo la loro prima messa in onda su Hulu, e i giurati hanno votato per la prima stagione di The Bear mentre avevano la seconda stagione ancora fresca nella mente. Questo ha giocato a favore della serie l’ultima volta, perché la seconda stagione è stata davvero incredibile. Moss-Bachrach, per esempio, avrebbe vinto come attore non protagonista per la prima stagione se la finestra di voto non si fosse sovrapposta alla visione del suo tour de force nell’episodio Forchette della seconda stagione? È possibile, anche se in quel primo anno aveva meno da fare. In questo caso, però, le votazioni per la seconda stagione si sono svolte mentre si parlava ancora della terza stagione, generalmente meno e con una dose di umorismo ancora minore rispetto agli anni precedenti. Nei giorni e nelle settimane che seguirono la première di quest’ultima stagione, ho sentito molte lamentele da parte di persone che lavorano in televisione, che però pensavano che, per un motivo o per l’altro, la serie avrebbe continuato a vincere come Outstanding Comedy Series.
Invece, i votanti hanno optato per Hacks, che non è priva di momenti drammatici, ma è indiscutibilmente una commedia – e ha anche il vantaggio di essere una serie sul mondo dello spettacolo, e sappiamo quanto Hollywood ami celebrare sé stessa.
E adesso? Ci sono precedenti di serie che passano dalla categoria comedy a quella dei titoli drammatici, anche se non sempre volontariamente: le modifiche al regolamento hanno costretto per esempio Orange Is the New Black a fare questo passaggio dopo la prima stagione. È probabile che l’anno prossimo le categorie drammatiche saranno di nuovo aperte, dato che il vincitore di domenica sera, Shōgun, non avrà una nuova stagione in tempo. Forse FX coglierà questa occasione, soprattutto perché la terza stagione sembra più fragile di quanto non sembrasse l’altra sera la seconda stagione, una delle più belle stagioni televisive a memoria d’uomo. Forse questo risultato rassicurerà i vertici dell’Academy e permetterà loro di considerare finalmente alcune modifiche al sistema di categorizzazione. O forse ci ritroveremo allo stesso punto tra un anno, perché i cambiamenti – soprattutto in un sistema in cui così tante serie hanno argomenti plausibili per gareggiare in categorie opposte – sono sempre difficili.
Tuttavia, la vittoria di Hacks ha rappresentato una nota sorprendente con cui concludere una telecronaca che è stata un mix di routine e novità. Poiché gli scioperi dei WGA e dei SAG hanno fatto slittare la precedente cerimonia a gennaio, questa è stata la seconda edizione degli Emmy del 2024. Grazie al ritorno degli stessi produttori, molti elementi già presenti nello show precedente sono stati riproposti, in particolare l’enfasi sulla nostalgia televisiva. Ci sono state alcune reunion (Ron Howard e Henry Winkler in una ricostruzione della tavola calda di Arnold di Happy Days, metà del cast di West Wing in un finto Studio Ovale), mentre molti altri premi sono stati consegnati da attori che rappresentano archetipi televisivi come le mamme (Connie Britton, Meredith Baxter e Susan Kelechi Watson) o i poliziotti (Jimmy Smits, Don Johnson e Niecy Nash-Betts). Ma la cerimonia non è stata così efficace come l’ultima volta, in parte perché i Levy non hanno preso parte a questo viaggio nella memoria, mentre il conduttore che li ha preceduti, Anthony Anderson, si è lanciato in vari tributi. Ma è probabile che questa tendenza continui, dal momento che la maggior parte degli spettatori degli Emmy a questo punto sono abbastanza anziani da gasarsi nel vedere Josiah Bartlet (il personaggio di Martin Sheen in West Wing, ndt) e compagnia.
Ci sono stati molti vincitori identici – compresi casi, come Jean Smart o il Daily Show with Jon Stewart, in cui i giurati sono stati felici di votare per una star o una serie nel momento in cui erano nuovamente eleggibili – ma anche alcune sorprese e incertezze. Shōgun, che ci si aspettava avrebbe sbaragliato gli altri drama, ha invece perso le prime categorie, prima di centrare un grande quartetto verso la fine della serata come Outstanding Drama Series, per l’attore protagonista di Hiroyuki Sanada (che ha fatto coppia con il co-creatore di Shōgun Justin Marks), per l’attrice protagonista Anna Sawai e per il regista Frederick E. O. Toye. The Traitors di Peacock ha vinto il trofeo per il miglior reality, forse segnalando un cambio di guardia dopo che RuPaul’s Drag Race aveva vinto il trofeo per cinque dei sei anni precedenti. L’eccezionale Baby Reindeer di Netflix ha avuto la meglio nelle categorie delle miniserie, ma il regista Steven Zaillian ha vinto il premio per la miglior regia per il suo splendido lavoro su Ripley, mentre Jodie Foster con True Detective: Night Country e Lamorne Morris con la quinta stagione di Fargo sono diventati i primi attori a vincere un Emmy per il loro lavoro in serie antologiche di lungo corso.
Tutto sommato, è stata una serata solida e in gran parte irrilevante. Ma se i (secondi) Emmy di quest’anno entreranno nella storia della televisione, sarà perché i votanti hanno tracciato una linea di demarcazione nei confronti delle serie che cercano di fregare il sistema gareggiando dove non dovrebbero.