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Il vero problema della ‘Donna del lago’ è Natalie Portman

Nella nuova miniserie di Apple TV+, l’attrice premio Oscar offre un’interpretazione troppo di maniera per essere davvero credibile. E viene oscurata dalla prova della collega (però poco utilizzata) Moses Ingram

Foto: Apple TV+

“Tu pensi che ogni storia sia la tua storia”, sostiene amaramente Seth, il figlio di Maddie Morganstern, alla fine della miniserie di Apple TV+ La donna del lago. È un’accusa che altri personaggi rivolgono a Maddie (Natalie Portman), una donna ebrea della Baltimora di metà anni Sessanta che ha lasciato Seth (Noah Jupe) e il marito Milton (Brett Gelman) per reinventarsi come giornalista di una testata locale. La serie è narrata da Cleo Johnson (Moses Ingram), una donna nera che diventa “la donna del lago” quando il suo corpo viene ritrovato grazie al reportage di Maddie. Gran parte della voce fuori campo di Cleo è rivolta direttamente, con un certo disprezzo, a Maddie, come quando dice: “Sei arrivata alla fine della mia storia e l’hai trasformata nel tuo inizio”.

La fame di Maddie di diventare la protagonista della sua vita, anche a costo di rubare la scena agli altri, è uno dei problemi centrali della serie. E proprio per questo è difficile guardare La donna del lago senza pensare che altri personaggi – Cleo in primis – dovrebbero essere più centrali.

La serie, creata e diretta da Alma Har’el (Honey Boy), è l’adattamento del bellissimo romanzo del 2019 di Laura Lippmann. Come il libro, alterna le diverse storie delle due donne. All’inizio si racconta di come le comunità ebraiche e nere, un tempo alleate cruciali l’una dell’altra nella lotta per i diritti civili, abbiano iniziato ad allontanarsi a questo punto della Storia. Solo pochi anni prima, Maddie e Cleo avrebbero potuto partecipare alle stesse manifestazioni politiche e scambiarsi confidenze sul fatto di avere figli della stessa età o mariti deludenti (Cleo è sposata con il comico in difficoltà Slappy Johnson, interpretato da Byron Bowers). A questo punto, però, il loro unico contatto diretto avviene quando Maddie compra un vestito che Cleo ha appena indossato come indossatrice per le vetrine dei grandi magazzini.

La storia prende il via il giorno del Ringraziamento del 1966. Maddie è da tempo infelice nel suo matrimonio con Milton, ma in modi che non è mai riuscita ad accettare completamente, né tanto meno ad articolare. Ci vuole il rapimento della figlia del suo fidanzato del liceo, Allan Durst (David Cornswet), per farla uscire dal suo guscio e decidere di ricominciare da zero. Cleo, nel frattempo, sogna di lavorare per una senatrice nera dello Stato, ma è macchiata dalla vecchia frequentazione con il boss della criminalità locale Shell Gordon (Wood Harriso). Le donne sono entrambe amiche del poliziotto di quartiere Ferdie Platt (Y’lan Noel) – e Maddie alla fine diventa anche molto più che semplicemente amichevole con lui – ma le loro storie si svolgono in gran parte in parallelo fino a quando il corpo viene trovato nel lago e Maddie capisce che può usare Cleo come base per la carriera che sognava quando scriveva per il giornale del liceo.

Moses Ingram si è fatta notare fin dal ruolo di Jolene nella Regina degli scacchi, e qui è eccezionale. Cleo passa continuamente da un lavoro all’altro, da un’amicizia all’altra, da una crisi all’altra. È una maestra nel cambio di tono e scenario, ma i suoi continui sforzi finiscono per esaurirla, soprattutto perché sa che le sue opzioni sono limitate dal fatto di essere nera, donna e di avere un datore di lavoro come Shell Gordon. Le scene incentrate su Cleo nella prima metà della miniserie sono esplosive.

Il problema è Natalie Portman. È un talento enorme, capace di interpretazioni titaniche come quella nel Cigno nero, che le ha fatto vincere l’Oscar. Ma ci sono momenti in cui può sembrare un po’ troppo “studiata”, o manierata, e invece di vedere il personaggio, si vede Natalie Portman che lavora duramente per interpretare il personaggio. Questo è purtroppo uno di quei casi. L’attrice si impegna a fondo nel riprodurre l’accento di Baltimora, ma fatica a sembrare emotivamente presente nella maggior parte delle scene. Sarebbe una cosa se Portman e Har’el prendessero questa strada nelle scene in cui Maddie cerca ancora di essere convincente nei panni della devota casalinga ebrea. Ma tutto si fa poco credibile quando Maddie si trasferisce in un appartamento da due soldi in un quartiere nero e inizia a frequentare Ferdie e Judith Weinstein (Mikey Madison), la figlia fumatrice del suo padrone di casa. Non sembra esserci mai una vera Maddie, sia che si chiami Morganstern (il suo nome da nubile) o Schwartz (il cognome di Milton). Nei primi episodi, l’energia scende precipitosamente ogni volta che l’azione passa da Cleo a Maddie. Una volta che il corpo viene scoperto e la presenza di Cleo si limita ai flashback e alla narrazione, il personaggio di Maddie passa da deludente a distruttivo per la serie.

Har’el riesce comunque a ottenere una grande interpretazione da Ingram. E mostra uno spiccato senso visivo che spesso manca in questo tipo di miniserie fatte apposta per vincere premi prestigiosi. Ma ci sono episodi – come il penultimo, pieno di incubi, fantasie e persino numeri musicali che sono tutti interessanti da guardare isolatamente, ma che arrivano nel momento peggiore possibile – che rallentano tutto lo slancio iniziale, pieno di sottotrame che si intersecano tra loro.

Il finale riesce a concentrarsi maggiormente sulla storia di Cleo e a dare una risoluzione relativamente soddisfacente per gli archi narrativi di tutti gli altri personaggi. Ma Maddie cerca per tutto il tempo di risucchiare tutto l’ossigeno nella stanza, e questo resta un limite difficile da superare.

Da Rolling Stone US

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