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La regina è morta, e anche ‘The Crown’ non si sente tanto bene

Il divorzio esplosivo di Carlo e Diana è al centro della stagione più spinosa della royal-serie. Ma c’è anche la nuova Queen (Imelda Staunton) ora che quella vera non c’è più. E le immancabili polemiche. La nostra recensione

Foto: Keith Bernstein/Netflix

Attenzione: la recensione contiene spoiler.

Verso la fine della quinta stagione di The Crown, la regina Elisabetta (Imelda Staunton) chiede al nipote William (Senan West) di aiutarla con il telecomando della nuova tv satellitare. Mentre William fa zapping tra i tanti nuovi canali in cerca della BBC, Sua Maestà si trova per un attimo davanti a Beavis and Butt-head. E non ne è per niente divertita.

Sono gli anni ’90, e Elisabetta ha acconsentito a mettere il satellite perché la vecchia antenna non funziona più. La regina passa la maggior parte di questa stagione a riflettere su cosa significhi diventare obsoleti, che ciò riguardi le condizioni dello yacht reale, il Britannia, o la trasformazione del suo ruolo di sovrana del Regno Unito. I tempi sono cambiati. Elisabetta ha 65 anni – e, esattamente come era accaduto a Olivia Colman quando si ritrovò a interpretare il ruolo nella terza stagione, è subito evidente il contrasto tra Staunton e l’immagine della giovane e fresca Elisabetta interpretata nelle prime due stagioni da Claire Foy – e sente che lo stato della famiglia reale è più precario che mai. La guerra fredda tra Carlo (ora interpretato da Dominic West) e Diana (Elizabeth Debicki) sta per esplodere al punto da essere finalmente vista e compresa da tutto il mondo. Il principe Filippo (Jonathan Pryce) sembra sempre più distante dalla moglie, mentre la principessa Margaret (Lesley Manville) pare aver fatto pace una volta per tutte con il suo ruolo: ma le vecchie ferite con la sorella sono tutt’altro che rimarginate.

La stessa serie si è trovata al centro delle polemiche dopo la morte della vera regina Elisabetta lo scorso settembre. Dame Judi Dench ha scritto una lettera al Times in cui accusava la serie di “voler confondere i confini tra l’accuratezza storica e il crudo sensazionalismo”, e in cui chiedeva a Netflix di aggiungere un disclaimer sull’equilibrio tra verità e finzione. Ogni docudrama mischia verità e finzione in questo modo – e la stessa Dench è apparsa in progetti simili a questo nel corso degli anni: per esempio, quando ha interpretato la regina Vittoria nel film La mia regina (1997) – ma c’era comunque il timore che la serie potesse risultare indelicata, dopo la morte del suo personaggio principale.

Questi nuovi episodi proseguono quello che ha fatto il creatore Peter Morgan fin dall’inizio delle sue “cronache elisabettiane”. La serie ha sempre mischiato la ricostruzione di momenti pubblici con quello che Morgan ha immaginato – o, in alcuni caso, sperato – fosse successo nella sfera più intima dei protagonisti. La differenza, in questo caso, è che i fatti privati dei reali inglesi sono stati pubblici più che mai prima, in particolare per quel che riguarda il turbolento matrimonio tra il principe e la principessa del Galles. Diana sta segretamente collaborando con lo scrittore Andrew Morton per un libro in cui svela cosa ha significato essere la seconda scelta di Carlo, e poi concede una controversa intervista al giornalista Martin Bashir. Tra il libro, lo speciale televisivo e la continua attenzione dei media che ben conosciamo, la voglia di spiare dietro le tende, di scoprire quello che la monarchia tiene nascosto, porta a rivelazioni molto meno interessanti o inedite rispetto alle stagioni precedenti.

La realizzazione è, anche in questo caso, di altissimo livello. I nuovi attori sono tutti magnifici, anche se il Carlo di Dominic West (come quello di Josh O’Connor, che l’ha preceduto) risulta molto più affascinante di quello vero (una puntata si chiude con Carlo che improvvisa un numero di breakdance durante una serata del suo Prince’s Trust: diciamo che West sembra molto più a suo agio rispetto al vero Carlo nel 1985). Morgan continua a scegliere con intelligenza gli eventi attorno a cui costruire ogni episodio. E anche se a volte si fa prendere la mano con le metafore – per dire: Diana registra la sua intervista durante la Notte di Guy Fawkes (il cospiratore cattolico inglese dietro V per Vendetta, ndt) – il suo lavoro su ciascuno dei soggetti in scena resta solido come sempre.

Nonostante questo, The Crown deve trovare nuovi modi per coprire un terreno che ci è molto più familiare. A volte i risultati sono favolosi, come il ritorno del vecchio amante di Margaret, Peter Townsend (interpretato con un perfetto mix di fascino e fragilità da Timothy Dalton), e il rancore della principessa – che qui si scatena di nuovo – per essere stata costretta a lasciarlo nei lontani anni ’50. Manville, come Helena Bonham Carter prima di lei, non è molto presente in questa stagione, ma Morgan dà grande peso alla sua storyline, soprattutto nello scambio tra le due sorelle in cui Elisabetta si ritrova a dimostrare la solita scarsissima empatia quando dice: “Te l’ho negato (il matrimonio con Peter Townsend, ndt) in qualità regina, non di sorella”.

Imelda Staunton è la Regina Elisabetta II in ‘The Crown 5’. Foto: Keith Bernstein/Netflix

La parte su Carlo e Diana è, invece, la più debole. Conosciamo già così tanti dettagli sul loro divorzio, compresa l’intercettazione in cui Carlo diceva sconcezze al telefono al suo amore passato e futuro Camilla Parker Bowles (Olivia Williams), che è difficile trovare nuove angolazioni attraverso cui osservarlo, anche se West e Debicki fanno del loro meglio. Morgan entra nei meccanismi che hanno portato al libro di Morton e all’intervista di Bashir – incluse le tante bugie che Bashir ha detto per assicurarsi la fiducia di Diana e provocare il suo voltafaccia nei confronti dei membri della royal family – ma anche questo è stato ampiamente sviscerato negli ultimi trent’anni.

Viene da porsi però anche un’altra domanda: qual è il vero focus della serie? Nelle prime stagioni, personaggi come Margaret o Winston Churchill hanno avuto ampio spazio, ma Elisabetta e Filippo restavano i soggetti principali. Nelle due stagioni di mezzo, con Colman e Tobias Menzies nel ruolo della regina e del principe consorte, Carlo e Diana hanno avuto un grande spazio. In questa quinta stagione si passa in continuazione da Elisabetta e Filippo a Carlo e Diana, e in mezzo ci sono anche Margaret, il Primo Ministro John Major (Jonny Lee Miller) e persino il businessman Mohamed Fayed (Salim Daw), che cerca con ogni mezzo possibile di entrare nella cerchia dei reali (fa capolino anche il figlio Dodi, a cui dà il volto Khalid Abdalla, che però avrà ovviamente più spazio nella sesta e ultima stagione). Il divorzio di Carlo e Diana dovrebbe essere il motore di questa stagione, ma a volte scompaiono all’improvviso, per lasciare spazio ora al ritorno di Peter Townsend, ora al viaggio di Elisabetta in Russia, dove deve fare i conti con un vecchio affare di famiglia riguardante nientemeno che il massacro di Romanov (questo episodio è stato scritto da Matthew Weiner, il creatore di Mad Men e The Romanoffs). È molto difficile, per ciascuna di queste storyline, mantenere l’attenzione dello spettatore, soprattutto considerato che, tra una puntata e l’altra, possono passare mesi o addirittura anni.

Lesley Manville/principessa Margaret e Timothy Dalton/Peter Townsend. Foto: Keith Bernstein/Netflix

Quanto alle critiche di Judi Dench, il momento migliore della quita stagione avviene dietro le porte chiuse, e sembra interamente frutto dell’immaginazione di Morgan. Proprio quando il loro divorzio sta per essere finalizzato, Carlo si presenta a casa di Diana per un addio informale alla loro relazione. In modo incredibilmente rilassato, i due ex iniziano a discutere a proposito delle rispettive colpe nel loro matrimonio, ma presto il tono amichevole è rimpiazzato dalla solita rabbia e dal solito risentimento. Sembra quasi un pezzo di teatro a sé, in cui West e Debicki regalano performance da applausi. Questa conversazione è davvero avvenuta? Probabilmente no, ma non importa, perché rappresenta la vera natura di una serie come questa: la finzione è utilizzata per evidenziare i fatti reali, non per prevalere su di essi. Questa scena è un momento emotivamente fortissimo che però non contraddice la verità dei fatti.

Morgan ha fatto sapere che non ha nessun interesse a proseguire la serie fino alla morte di Elisabetta e alla fine del suo regno. Rinuncerà al racconto della “separazione” di Harry e Meghan dalla famiglia reale, che però è stata di dominio ancora più pubblico del pasticcio di Carlo e Diana. Guardando a quest’ultima stagione, sembra la scelta più saggia. La quinta stagione continua a concentrarsi sullo sforzo della Corona nel mantenere le tradizioni reali e, insieme, nel suo bisogno di modernità. Ma sembra ancora più “meta”, ora che il racconto si è avvicinato al tempo che è il nostro. La regina che si ritrova davanti a Beavis and Butt-head è un conto: vogliamo davvero arrivare al punto in cui qualcuno le spiega cosa sono TikTok e i meme?

Da Rolling Stone USA

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