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Le migliori 20 serie sulla politica americana

Manca pochissimo alle presidenziali statunitensi. E quando si tratta di catturare la forza, il potere, il caos e la follia della democrazia americana, queste serie vincono, non serve riconteggiare la schede

PHOTO ILLUSTRATION: MATTHEW COOLEY. IMAGES IN ILLUSTRATION: NBC, 2; ABC, 2; HBO, 2. AMANDA EDWARDS/GETTY IMAGES

Dalle fiction come The West Wing – Tutti gli uomini del Presidente e Scandal alla satira stile Veep – Vicepresidente incompetente, fino ai drama storici come Mrs. America, il piccolo schermo ci ha regalato una vasta gamma di show che esprimono speranze, paure, delusioni e indignazioni politiche dei cittadini statunitensi. Se il sistema di governo d’America crea ansie nella vita reale, queste serie possono aiutare a trovare nuove ragioni di ottimismo, a spiegare i fallimenti del presente esaminando il passato, a immaginare di essere un agente segreto che può far saltare tutto quanto in aria o, semplicemente, ci faranno ridere sparando una raffica di nomignoli davvero osceni.

20

Jack & Bobby

Foto: WARNER BROS/EVERETT COLLECTION

Se vi siete mai domandati come lo sceneggiatore Aaron Sorkin veda i giovani, cercate Jack & Bobby, una serie della WB durata una sola stagione, dal 2004 al 2005. Ambientata sia ai giorni nostri che nel 2049, racconta la vita familiare di due fratelli adolescenti (uno dei due destinato a diventare Presidente degli Stati Uniti) cresciuti da una mamma single che fa la professoressa; vediamo anche, nel futuro, i membri del gabinetto dell’ex Presidente che rilasciano interviste sui suoi mandati. La piacevole frivolezza dello show (tratto tipico del network prima che diventasse CW) è accentuata dal fatto che è andato in onda due mesi prima delle elezioni presidenziali in cui Bush ha corso contro Kerry e si svolge in un non ben identificato campus universitario del nord-est, dove i discorsi appassionati sull’onore e la dignità sono all’ordine del giorno anche per i due adolescenti che vivono lì. Guardatela per tornare a sentire parlare di democratici e repubblicani prima che l’abisso tra le due parti si facesse insormontabile; godetevi John Slattery che interpreta il padre di Jessica Paré pochi anni prima che i due diventassero Roger Sterling e Megan Draper di Mad Men. – Elisabetta Garber-Paul

19

The Americans

Foto: FX

È possibile che una serie parli di politica senza quasi mai mostrare dei politici? A noi sembra proprio che The Americans ci riesca; e non solo perché è una delle migliori fiction del XXI secolo. Negli anni Ottanta, la coppia che vive nella tranquilla periferia della Virginia formata da Philip (Matthew Rhys) ed Elizabeth (Keri Russell) in realtà è composta da due spie sovietiche sotto copertura che fingono di essere sposate (e crescono figli veri, ignari di tutto): in questo modo possono compiere missioni stando vicinissimi a Washington. Lo show è in questa lista perché tutto ciò che la coppia fa è guidato da una fede ideologica nella causa sovietica e uno dei momenti più importanti della serie arriva quando l’infervorata Elizabeth rimane scioccata sentendo Ronald Reagan descrivere la sua amata patria come “l’Impero del Male”. – Alan Sepinwall

18

Tanner ’88

Foto: HBO

Creato dal cartoonist di Doonesbury, Garry Trudeau, e diretto dalla leggenda del cinema Robert Altman, Tanner ’88 mescolava la storia inventata dell’oscuro deputato del Michigan Jack Tanner (Michael Murphy) con le apparizioni di candidati veri alle elezioni presidenziali del 1988, come Jesse Jackson e Gary Hart. È stata una serie così in anticipo sui tempi, anche per una rete come HBO, che una giovane Cynthia Nixon ha avuto un ruolo di spicco, interpretando la figlia di Tanner ai tempi dell’università. – A.S.

17

The Good Fight

Foto: JEFF NEUMANN/CBS/GETTY IMAGES

Questa serie della CBS, sequel di The Good Wife, inizialmente era stata pensata come una sorta di giro d’onore per la Diane Lockhart interpretata da Christine Baranski, partendo dal presupposto che sarebbe andata in onda poco dopo l’elezione a Presidente di Hillary Clinton. Quando le elezioni sono andate in modo tragicamente opposto, The Good Fight si è trasformata in uno sguardo impietoso e profondamente satirico su quanto sia folle svegliarsi ogni giorno nell’America di Donald Trump e cercare di seguire le regole in una società in cui nessuna regola sembra più valere. – A.S.

16

Mrs. America

Foto: SABRINA LANTOS/FX

Dahvi Waller, ex autrice di Mad Men, in questa miniserie di FX ha raccontato la battaglia degli anni Settanta sull’ERA (Equal Rights Amendment), riuscendo a descrivere un momento storico relativamente oscuro arricchendolo di sfumature, dettagli ed empatia. La serie è fin troppo ricca di interpretazioni di altissimo livello: Tracy Ullman nel ruolo della scrittrice femminista Betty Friedan, Margo Martindale in quello della deputata Bella Abzug e Cate Blanchett che interpreta la leader dell’estrema destra Phyllis Schlafly. La lotta tra le attiviste e le conservatrici che si opponevano all’emendamento è raccontata non tanto come uno scontro ideologico, ma piuttosto come il dramma di due visioni del mondo dialetticamente contrastanti: è una delle poche volte in cui il tentativo della cultura pop di raccontare le posizioni opposte riguardo un tema porta effettivamente a una riflessione e non a qualche forma confusa di manipolazione. Lo storico del conservatorismo Rick Perlstein l’ha definito «l’unico prodotto hollywoodiano a dare un resoconto soddisfacente del pensiero e della politica di destra». – Jon Dolan

15

Spin City

Foto: ABC PHOTO ARCHIVES/DISNEY GENERAL ENTERTAINMENT CONTENT/GETTY IMAGES)

Una decina d’anni dopo essere diventato una delle più grandi star mondiali della comedy, nel ruolo di figlio superconservatore della coppia di genitori ex-hippie e sconvolti della sitcom Casa Keaton, Michael J. Fox è tornato in televisione per intraprendere una carriera fictional in politica. Nei panni del vicesindaco di New York, Mike Flaherty, Fox non si concentrava tanto su un programma politico definito, ma sull’arginare invece le eccentricità del sindaco Randall Winston (Barry Bostwick) e dei suoi colleghi (il cast di attori di prim’ordine comprendeva Richard Kind, Connie Britton, Alan Ruck e, nelle stagioni successive, quando Fox ha dovuto ritirarsi dal set per via del Parkinson, Heather Locklear e Charlie Sheen). Altri show di questa lista sono incentrati più sulla politica, ma Spin City ha dimostrato che questo mondo può anche fare da sfondo a una comedy classica ambientata sul posto di lavoro. – A.S.

14

Who Is America?

Foto: SHOWTIME NETWORKS INC./EVERETT COLLECTION

In questo mockumentary del 2018 di Showtime, Sacha Baron Cohen, adottando molti travestimenti diversi, va a fare scherzi a lobbisti del settore delle armi, a Dick Cheney, a supporter di Trump, a politici repubblicani come Roy Moore, a vari personaggi razzisti e non solo. L’interpretazione meglio riuscita di Cohen è quella del colonnello israeliano Erran Morad, al quale i politici repubblicani non riescono a resistere. Nei panni di Morad, riesce a intercettare conversazioni con Cheney e Moore, e alla fine costringe alle dimissioni un parlamentare dello Stato della Georgia che ha seguito con troppo entusiasmo le sue lezioni di addestramento. Altri scherzi prendono di mira i conservatori per le loro opinioni anti-immigrati e l’islamofobia. Anche se non tutte le gag e i personaggi colgono nel segno, i momenti migliori dello show assicurano alcune delle risate più gustose di tutta la programmazione televisiva dell’era Trump. – Andrew Perez

13

The Diplomat

Foto: Netflix

Il secondo titolo con Keri Russell in questo elenco vede l’attrice interpretare il tipo di donna che il suo personaggio di The Americans avrebbe cercato di strangolare nella piscina di un hotel: Kate Wyler, un’agente in carriera del Dipartimento di Stato che stranamente viene nominata ambasciatrice USA in Gran Bretagna proprio in un momento di crisi per i nostri alleati sull’altra sponda dell’Atlantico. Quello che non sa, all’inizio, è che quella missione in realtà rappresenta un’audizione per sostituire il vicepresidente in carica, che è sul punto di dimettersi in seguito a uno scandalo. In parte thriller politico, in parte satira dei costumi e in parte farsa romantica (con Rufus Sewell nel ruolo del marito di Kate, Hal, più rinomato e gran doppiogiochista), la serie di Netflix non è complessa come The Americans, ma è divertentissima. – A.S.

12

Homeland

Foto: KENT SMITH/SHOWTIME NETWORKS INC./EVERETT COLLECTION

Come molte altri titoli nella lista, questa serie di Showtime è un po’ thriller di spionaggio e un po’ political drama: Carrie Mathison (Claire Danes), analista della CIA con disturbo bipolare, diventa ossessionata dal prigioniero di guerra liberato Nicholas Brody (Damian Lewis), che lei è convinta sia passato dalla parte dei terroristi suoi rapitori. Mentre i due giocano al gatto e al topo per diverse stagioni, Brody viene eletto al Congresso e sta per diventare il vice del candidato alla presidenza, ma tutto va a rotoli. Anche dopo che Lewis ha lasciato la serie, è sempre rimasta una forte componente politica, vedi l’ingresso di Elizabeth Marvel nel cast delle ultime stagioni come POTUS che all’inizio cerca di lavorare a stretto contatto con Carrie e Saul (Mandy Patinkin), per poi entrare in aperto conflitto con tutto l’apparato di intelligence. – A.S.

11

House of Cards

Foto: Netflix

Quando House of Cards ha esordito, nel 2013, ha reso chiaro che Netflix non era solo una piattaforma per vedere vecchi film in streaming, ma anche un peso massimo in ambito di programmazione di prodotti originali (in Italia la serie era invece Sky). Kevin Spacey interpreta l’ambizioso e spietato deputato e capogruppo alla Camera Francis Underwood, che rompe la quarta parete e parla dei suoi piani diabolici direttamente alla telecamera. Nel corso della serie, durata sei stagioni, la moglie di Frank, Claire (interpretata da Robin Wright Penn), e la giornalista Zoe Barnes (Kate Mara) arrivano a rubare la scena. La politica e la comunicazione politica diventano partite da vincere con giochi di potere e complotti. Nella primissima scena scioccante dello show, Frank dice allo spettatore: «Ci sono due tipi di dolore: quello che ti rende forte e il dolore inutile, che è solo sofferenza. Non ho pazienza per le cose inutili», mentre pone fine alle sofferenze di un cane ferito, appena fuori dall’inquadratura. Da lì in poi la trama si fa sempre più cupa e contorta. – Kate Storey

10

24

Foto: Fox


L’action drama in real time della Fox non poteva restare fisso sulla superspia Jack Bauer (Kiefer Sutherland) per ogni singolo minuto di ogni episodio, quindi l’azione era spesso divisa tra quello che stava facendo come agente del CTU (Counter Terrorist Unit, un dipartimento inventato) e ciò che le varie amministrazioni presidenziali facevao per aiutarlo o ostacolarlo. Di tutti i presidenti di 24, il migliore e più memorabile è stato proprio il primo: Dennis Haysbert nel ruolo dell’imperturbabile David Palmer, la cui spiccata moralità era eguagliata solo dalla sua totale inettitudine quando si trattava di assumere collaboratori che non lo tradissero. – A.S.

9

Show Me a Hero

Foto: HBO

Tutti i drama di David Simon, in uno o più modi, sono comunque legati alla politica, ma questo è l’unico ambientato quasi interamente in quel mondo. Basato su una vicenda reale di fine anni Ottanta a Yonkers, New York, racconta di un giovane sindaco (Oscar Isaac) che si trova in grossa difficoltà quando la città è costretta a portare avanti un piano per la costruzione di alloggi popolari. Quello che dovrebbe essere un tema decisamente ostico finisce per diventare profondamente umano, grazie all’interpretazione piena di sensibilità di Isaac e ai modi intelligenti con cui il sindaco e i suoi collaboratori mostrano i benefici che questi alloggi avranno sulle vite delle donne che lottano disperatamente per accedervi. – A.S.

8

The Good Wife

Foto: PATRICK HARBRON/CBS


The Good Wife inizia con un’immagine che era diventata una costante nella vita politica reale, tanto da essere quasi un cliché: mentre il procuratore di Chicago caduto in disgrazia Peter Florrick (Chris Noth) parla dello scandalo che sta distruggendo la sua carriera, la moglie Alicia (Julianna Margulies) resta muta al suo fianco, cercando di sembrare lì per dargli supporto, ma è evidentemente umiliata. Da quel momento, però, gli showrunner Robert e Michelle King spingono la storia della famiglia verso direzioni inaspettate, da Alicia che lascia Peter, in segreto, per ricominciare la carriera legale a cui ha rinunciato per sostenere le sue ambizioni, a vari conflitti con i successori di Peter nell’ufficio del Procuratore di Stato, fino a Peter che architetta tentativi di ritorno in politica, tra cui una candidatura alla presidenza. The Good Wife è andato in onda per sette stagioni, dal 2009 al 2016: uno show televisivo intelligente e ben costruito come nessun altro. – A.S.

7

John Adams

Foto: HBO

Basato sulla biografia di David McCullough (libro vincitore di un Premio Pulitzer), questo ritratto del 2008 del secondo presidente degli Stati Uniti parte dalla sua partecipazione al Primo Congresso Continentale, alla fine del 1700, e arriva agli anni successivi alla presidenza. Questa epopea di HBO è prodotta da Tom Hanks e diretta dal futuro vincitore dell’Oscar Tom Hooper con un cast di prim’ordine, tra cui Paul Giamatti nel ruolo di Adams e Laura Linney in quello di sua moglie Abigail (oltre a simpatici camei come quello di Justin Theroux nel ruolo di John Hancock, un giovane Ebon Moss-Bachrach in quello di John Quincy Adams, Andrew Scott nel ruolo del genero di Adams, William Smith e altri ancora). Composta da sette episodi, ha vinto 13 Emmy: il maggior numero di sempre, per una miniserie. Con una narrazione e interpretazioni ricche di sfumature, la serie non è assolutamente agiografica, cogliendo l’arroganza, la testardaggine e la ruvidità di Adams, così come la sua intelligenza e la sua forza morale. Inoltre, ritrae gli altri Padri Fondatori come uomini comuni e imperfetti che discutono e scendono a compromessi per arrivare a una nuova forma di governo. Un potente promemoria di come tutto è iniziato, per fare un paragone con come le cose stanno andando ora. – Maria Fontoura

6

Saturday Night Live

Foto: DANA EDELSON//NBCUNIVERSAL/GETTY IMAGES

Essendo un varietà incentrato su sketch comici, SNL rappresenta un’eccezione in questo elenco, ma non c’è dubbio che sia uno dei programmi più politici della storia. Con la sua lunga tradizione di satira della vita politica americana, ha parodiato tutti i presidenti e i candidati principali degli Stati Uniti sin dal suo debutto, nel 1975. E quando l’imitazione ha colpito nel segno (da Chevy Chase che interpreta Gerald Ford come un goffo idiota alla Sarah Palin di Tina Fey che cinguetta «Vedo la Russia da casa mia!»), a volte ha alterato il modo in cui il pubblico percepisce le persone che vengono prese in giro. Definitiva l’apparizione di Kamala Harris a tra giorni dall’Electron Day – A.S.

5

Scandal

Foto: RICHARD CARTWRIGHT/DISNEY GENERAL ENTERTAINMENT CONTENT/GETTY IMAGES

Scandal è una serie che sta alla politica come General Hospital sta alla professione medica, ma è gustosamente ambientata dentro e attorno allo Studio Ovale. Dal momento in cui la faccendiera di Washington Olivia Pope (Kerry Washington) e la sua squadra strampalata di “gladiatori” si mettono al lavoro, nell’episodio pilota, alla trama centrale di una tormentata storia d’amore tra Pope e il Presidente degli Stati Uniti (Tony Goldwyn) si intrecciano un sacco di rancori da campagna elettorale, intrighi di corridoio e crisi internazionali. La serie di successo by Shonda Rhimes è andata in onda dall’aprile 2012 a quello del 2018 e i primi episodi hanno un’atmosfera quasi scioccante, pre #MeToo. Eppure c’è anche qualcosa di rassicurante nel riguardarla oggi: potrebbe essere l’unico universo in cui le teorie della cospirazione più bizzarre e la capacità dei funzionari governativi di compiere azioni malvagie sono peggiori di quanto non accada nella realtà. – M.F.

4

Parks and Recreation

Foto: CHRIS HASTON/NBCUNIVERSAL/GETTY IMAGES

Nel primo episodio di questo mockumentary classico, Leslie Knope (Amy Poehler) parla del suo lavoro di vicedirettrice dei parchi e delle attività ricreative a Pawnee, città di fantasia dell’Indiana: «Quello che vedo, quando mi urlano contro, è qualcuno che si preoccupa a voce alta». Nell’arco di sette stagioni, Parks and Recreation segue la straordinaria ascesa politica di Leslie, da ignara funzionaria di una piccola città fino alla ribalta nazionale (persino Joe Biden, vicepresidente nel periodo di programmazione della serie, fa diversi camei, nelle ultime stagioni). Ma a prescindere dalla carica che la protagonista ricopre o per cui si candida, questa comedy non perde mai di vista la citazione iniziale, né il modo in cui l’ottimismo sovrumano di Leslie è perennemente in contrasto con l’egoismo, il cinismo e la vera e propria stupidità degli elettori per i quali si sta spendendo con tanto impegno per migliorarne le vite. – A.S.

3

The Wire

Foto: HBO


L’unica ragione per cui The Wire non è al numero uno, forse, è che, pur essendo incredibile nel modo in cui ha raccontato la politica moderna, è stato anche eccezionale nel mettere in scena tutti gli aspetti della vita nell’America delle città. In effetti è stato solo nella terza stagione del drama di HBO creato da David Simon ed Ed Burns che abbiamo iniziato a trascorrere del tempo nel municipio di Baltimora, dove il consigliere comunale Tommy Carcetti (Aidan Gillen) pensa a candidarsi a sindaco, pur essendo un bianco in una città con popolazione prevalentemente nera. Da quel momento in poi, The Wire ha mostrato in modo abile e devastante come il successo in politica spesso possa avere poco, o nulla, a che fare con i meriti di un candidato, come l’idealismo possa rapidamente trasformarsi in opportunismo e come sia difficile ottenere un cambiamento significativo in un sistema che, da molti punti di vista, sembra gravemente difettoso. – A.S.

2

Veep – Vicepresidente incompetente

Foto: HBO

Se questa classifica includesse show ambientati in Paesi al di fuori dell’America, la sitcom di Armando Iannucci sul governo britannico, The Thick of It, si piazzerebbe molto in alto. Fortunatamente, dopo aver perculato senza pietà il proprio governo, Iannucci ha attraversato l’oceano per fare lo stesso con Veep. Julia Louis-Dreyfus, in un’interpretazione comica di prim’ordine, è la vicepresidente Selina Mayer, una che in teoria ricopre la seconda carica più potente al mondo, ma che, in pratica, non ha alcun peso, alcuna influenza e alcuna opportunità, a parte il rendersi ripetutamente ridicola grazie alle proprie mancanze e a quelle dei suoi collaboratori. Veep sostiene che tutti coloro che entrano in politica sono, nel migliore dei casi, egoisti e amorali o, nel peggiore, idioti pericolosi. Questo atteggiamento potrebbe risultare tragicamente pessimista, ma il cast e la scrittura sono così efficaci che guardare Selina e la sua corte fallire in ogni occasione diventa coinvolgente ed esilarante. – A.S.

1

The West Wing

Foto: JAMES SORENSEN/NBCU PHOTO BANK/GETTY IMAGES

Ci sono serie sulla politica americana più realistiche di questo drama di Aaron Sorkin sull’amministrazione del Josiah Bartlet, interpretato da Martin Sheen. Ma la visione di Sorkin di un mondo in cui gli idealisti animati da buone intenzioni ottengono dei risultati solo perché sono intelligenti e s’impegnano molto è inebriante, soprattutto se sostenuta dall’oratoria efficacissima di Sheen e dal lavoro spettacolare di un cast che ha vinto moltissimi Emmy (Allison Janney, John Spencer, Richard Schiff…). Vi basterà seguire per qualche minuto una conversazione durante una passeggiata sulla strada per lo Studio Ovale e anche voi vorrete mettervi al servizio del Presidente. – A.S.

Da Rolling Stone US

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