Briganti
Netflix
Un pezzo di Storia (italiana, anzi siciliana) che più local non si può per un prodotto internazionale che possa dire la sua in quegli ormai famigerati 190 Paesi and counting. Uno spaccato del brigantaggio al femminile con tre profili diversi di proto-femminismo incarnati da Ivana Lotito (MVP), Michela De Rossi e Matilda Lutz. Una produzione kolossal e scelte musicali ponderate e raffinate (vedi iosonouncane). Un modo contemporaneo di concepire la serialità period che adotta la prospettiva dei “fuorilegge” e sporca tutto, nel nome di una verità necessaria.
Supersex
Netflix
«Nel Paese di cui si può parlare di tutto tranne che del sesso» (cit. Borghi), Supersex segue il filone del biopic – liberamente ispirato alla vita e alle (ehm) opere di Rocco Siffredi – sul divo a luci rosse più famoso di sempre, cercando di spostare (in maniera più o meno riuscita) l’angolo per stare a metà tra il biografico e il simbolico, l’immanente e il trascendente. E così, nelle mani di Francesca Manieri, la storia di Rocco diventa un discorso sulla formazione della mascolinità e sul sesso come dispositivo di potere. La serie però, mai come in questo caso, la fanno gli attori (bravi veri): dal “solito” Alessandro Borghi, capace di evocare Siffredi – senza mai imitarlo – persino quando increspa semplicemente un labbro, a Saul Nanni, perfetto nei panni di Rocco ragazzino.
Antonia
Prime Video
Una serie femminile come non se n’erano mai viste dalle nostre parti. E giochiamo d’anticipo: se dobbiamo fare il solito paragone internazionale sì, ricorda Fleabag. Ma la buona idea di Antonia è Antonia stessa, un personaggio che può essere antipatico, anche irritante e che non ha un vero e proprio arco narrativo. Semplicemente (o forse no) è una donna che entra in crisi con il compagno (Valerio Mastandrea), con il lavoro (interpreta la segretaria in una soap), con il proprio corpo (scopre di avere l’endometriosi). E la interpreta (benissimo) Chiara Martegiani, che quel ruolo se l’è pure scritto (insieme a Elisa Casseri e Carlotta Corradi).
Citadel: Diana
Prime Video
L’occasione era golosa e rischiosa: partire da un universo (quello di Citadel, la matrice pensata dai Russo Brothers e franata, almeno nella prima stagione, in un flop di critica) e crearne uno nuovo (Citadel: Diana, appunto, con una perfetta Matilda De Angelis come nuova agente segreta e nuovi complotti). Una protagonista forte, un personaggio che crea la storia e che non è mai creato dalla storia. Il senso di incertezza, di paura, il fatto che le nostre certezze come Paese, come Europa, siano sempre più scricchiolanti (vedi l’immagine del Duomo di Milano distrutto). L’idea di non tirarsi mai indietro rispetto all’action. Vogliamo sempre fa’ gli americani ma, in questo caso, sembriamo farlo anche meglio.
Call My Agent – Italia 2
Sky e NOW
Nuove storie, un nuovo capo (!), nuove guest (le due Valerie!). Certo, la parte comedy resta preponderante, ma c’è anche una profondità, una delicatezza che va sempre di più, anzi, torna verso la commedia all’italiana. La seconda stagione della serie tratta dal cult francese Dix pour cent trova una cifra italianissima nel raccontare il dietro le quinte del nostro cinema e alza l’asticella da ogni punto di vista: scrittura, regia e produzione (la Mostra di Venezia!). Menzione speciale per la performance debordante di Gabriele Muccino.
Qui non è Hollywood
Disney+
Qui non è Hollywood (titolo post-ricorso del sindaco di Avetrana) non mostra mai il fattaccio, e cioè l’omicidio di Sarah Scazzi, ma la macchia d’olio che ne deriva. Alla base ci sono gli atti del processo e il libro Sarah – La ragazza di Avetrana. Non siamo però nel documentario, quindi spazio alla drammaturgia con quattro episodi, ognuno dedicato a un punto di vista: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima. Ne risulta che il vero protagonista sia il destino, pesante, greco, inamovibile. O forse un senso di tragedia, che aleggia sulle riprese che indugiano e ammiccano agli stilemi della produzione di genere, thriller, horror. Clamorosi gli attori, da Giulia Perulli a Vanessa Scalera, in un prodotto largo ma non per questo meno autorale o efficace.
La Storia
RaiPlay
L’adattamento di Francesca Archibugi del romanzo “impossibile” di Elsa Morante omaggia la tradizione dello sceneggiato all’italiana di una volta parlando la lingua di oggi. Con lampi di un’attualità devastante: su tutti, la violenza sulle donne e il posto sempre laterale che le donne sono costrette a occupare nella Storia. E poi l’orrore della guerra, dei bambini sottratti alle madri dalla polvere delle macerie. C’è il dramma, la divulgazione, pure una certa ironia e il gusto per la classicità del nostro racconto, oltre a una straordinaria (ri)costruzione di quel mondo. E, forse, la migliore interpretazione di Jasmine Trinca.
L’amica geniale 4
RaiPlay
La voce di Lenù adulta si sovrappone al volto di Alba Rohrwacher, ed è come se tutto ritrovasse il proprio posto, mentre Irene Maiorino impressiona nella somiglianza con Gaia Girace e nella restituzione dell’irruenza di Lila. Entrambe le protagoniste sono diventate, seppur in modi diversi, autrici della propria storia. Eppure restano eternamente quelle “bambine perdute”. Donne, madri, ma soprattutto amiche in un patto di sorellanza che vale anche quando vorresti non averlo mai stretto e che a volte, invece, è l’unica cosa che ti tiene in vita. La regia di Laura Bispuri si concentra sui primi piani, sui moti dell’animo nei volti, instaurando una sorta di intimità feroce come quella che le lega. Il super cast fa il resto. È arrivato il momento di lasciarle andare.
Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883
Sky e NOW
Effetto nostalgia degli anni ’90? Sicuramente. Ma la serie by Sydney Sibilia sulla storia degli 883 è arrivata a tutti in modo così dritto perché punta su qualcosa di universalissimo: il ritratto di una provincia da cui “con un deca non si può andar via” e che sta troppo stretta a due antieroi, due “sfigati” di Pavia che non hanno mai mollato, nonostante tutto e tutti, finché il loro sogno impossibile non è diventato realtà. E di conseguenza un pezzo di musica e cultura pop del nostro Paese. Oltre a scrittura e regia, il merito del successo va ai due protagonisti: l’esordiente Elia Nuzzolo nei panni di Max Pezzali e Matteo Oscar Giuggioli in quelli di Mauro Repetto. Giusti che più giusti non si può.
Prisma 2
Prime Video
La seconda stagione della creatura di Ludovico Bessegato costruisce magnificamente la tensione tra i suoi protagonisti (Mattia Carrano e Lorenzo Zurzolo, ma non solo) ed è più che mai “di regia”, si fida della narrazione, lascia parlare le immagini, non ha mai paura dei vuoti, anzi se li gusta, invece di cercare la frase ad effetto come vorrebbero gli stilemi del teen drama. Eppure c’è anche più concretezza rispetto al primo capitolo, più trama, ma mai a discapito di una certa poesia. Prisma un teen drama non lo è più, forse non lo è mai stato, nella sua anima di romanzo di formazione che l’adolescenza vuole raccontarla con il respiro corale della saga. Vogliamo vedere di più.
The Bad Guy 2
Prime Video
Il segreto di quel meraviglioso “buddellu” di Bad Guy 2 è che, ancora una volta, non sottovaluta il pubblico, anzi, lo sfida, lo confonde anche (cit. Goethe via Stasi&Fontana). La storia del magistrato siciliano (su le mani per Luigi Lo Cascio) che viene accusato di essere colluso e allora il mafioso si mette a farlo per davvero continua a essere libera, scatenata, deliberatamente cool, guardando sempre a un certo cinema – dai Coen a Tarantino, da Scorsese a Guy Ritchie – ma con un’ingegnosità tutta italiana. Al centro della seconda stagione c’è il ritrovamento del mitico archivio del Capo dei Capi, che contiene le intercettazioni tra il boss e pezzi grossi dello Stato. Grottesca o iperrealista? “Come è profondo il mare”, canta Lucio Dalla. Una delle cose migliori viste in Italia negli ultimi anni, senza distinzioni tra serialità e cinema.
Dostoevskij
Sky e NOW
Di nuovo: cinema? Serie? Tutto, e il contrario di tutto: non esiste niente nel nostro panorama come Dostoevskij. «Un filmone» più che una serie, come dicono gli stessi Fratellacci. L’untrue detective Enzo Vitello (gigantesco Filippo Timi) deve indagare, in un’imprecisata provincia metafisica, sui delitti di un serial killer che si firma appunto Dostoevskij. Ma anche su “questa assurda malattia di vivere” che lo riporta a interrogarsi sui suoi fantasmi, sul rapporto con la figlia Ambra (gigantesca Carlotta Gamba), sul suo riconoscersi, o disconoscersi, come poliziotto, padre, uomo. Un noir cupo e crudissimo, che va alle origini stesse della violenza. Un sottosuolo dove vive fortissimo il cinema (e l’idea di cinema) dei D’Innocenzo.