Eh, lo sappiamo. Voi siete qui, a leggere questo articolo, perché volete giustamente sapere se la puntata del Commissario Montalbano, in onda l’8 marzo su Rai Uno, sarà o non sarà l’ultima. Beh, non si sa. Nel senso che nessuno, ma proprio nessuno, dei diretti interessati sembra esserne al corrente. Riassumiamo velocemente le posizioni in campo tra apocalittici e integrati, giusto per darvi un’idea del caos madornale in campo.
C’è chi, da buon tombarolo, va ripetendo che «Montalbano deve morire con Camilleri, perché queste erano le sue ultime volontà» e amen. Della serie: la Rai se ne faccia una ragione e molli l’osso, tanto più che i libri ancora da adattare sono ormai pochi. Altri hanno qualche cedimento appena rileggono i dati di ascolto: cifre da 9 milioni di spettatori e 30% di share, roba che ormai neppure Sanremo fa più (Ama perdonaci). Ergo il produttore della Palomar Carlo Degli Esposti getta il sasso e nasconde la mano: da un lato tuona «Il Commissario Montalbano non può finire così» (vedrete la puntata di stasera e capirete…) dall’altro sostiene che c’è bisogno di un ripensamento, ma non a caldo: «Lasciamo che prima finisca la pandemia». Che c’entra il Covid? Non lo spiega. Nel mezzo, o meglio in zona limbo, si colloca il protagonista Luca Zingaretti. L’attore, che da tre anni a questa parte era solito ripetere «occhio che mollo tutto», adesso invece dichiara: «Un anno fa dissi che non me la sentivo più di andare sul set senza i miei punti di riferimento, ossia lo scrittore Andrea Camilleri, il regista Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri. Il Covid non mi ha però dato il tempo di elaborare il lutto: quando riuscirò a metabolizzarlo, prenderò una decisione. Per ora sono come in un limbo».
Morale: la pandemia è diventato il nuovo, grande, alibi? Sì. L’atteggiamento generale è un tantino da paraculi? Eccome. Però parte del fascino di Montalbano poggia proprio sulla sua presunta/imminente/eterna fine. La morte reale dello scrittore e del regista si sovrappongono, confondendosi, con quella seriale del personaggio televisivo, in un cortocircuito tra realtà e finzione che lascia storditi. Così la domanda delle domande, ossia se Montalbano può sopravvivere ai suoi padri, diventa il nuovo mistero di Fatima che deve essere svelato solo a tempo debito. Noi però proviamo a fare qualche supposizione.
Il metodo Catalanotti, ossia la puntata in onda stasera su Rai Uno, non è certo un finale accettabile. Siamo seri: la Rai si è tenuta da parte proprio l’episodio dove Camilleri tradisce il suo personaggio, facendogli fare e dire cose dell’altromondo (per gli standard della serie), per poi chiudere la saga così? Oggigiorno gli abbonati Rai, guidati dal Codacons, si incatenano al Cavallo di Viale Mazzini per molto meno… Non dimentichiamo poi che questo episodio era già pronto nel 2019, ma all’epoca si è deciso di mandare in onda solo i primi due, tenendo questo da parte.
Quindi, sì, per la gioia di tutti i complottisti italiani lo diciamo: spacciare Il metodo Catalanotti come il gran finale è un modo passivo aggressivo per convincerci che Montalbano deve andare avanti. In fondo c’è pur sempre Riccardino, ovvero il libro postumo di Camilleri che lo scrittore considera come il testamento suo e di Montalbano (di nuovo, fiction e realtà si sovrappongono). Unite i puntini e il gioco è fatto. Forse. Già perché proprio gli episodi post mortem di Sironi ci dimostrano che un regista non vale l’altro. Certo, Zingaretti è stato altruista a sostituire in corsa l’amico defunto e ha dato il meglio di se stesso dietro alla macchina da presa. Il risultato non è nemmeno malvagio ma non è come “i soliti” Montalbano: la mano diversa c’è e si vede.
Qualcuno a questo punto dirà: sì, però gli sceneggiatori sono sempre quelli, quindi la storia fila. Giusto per farvi capire quanto peso abbiano gli autori nell’affaire Montalbano: quando in conferenza stampa si è chiesto se il dialogo tra Montalbano e la nuova protagonista femminile fosse stato tratto fedelmente dal romanzo o rimaneggiato, l’autore Francesco Bruni ha risposto con un «Non me lo ricordo più». Nello sbigottimento generale, Bruni ha candidamente spiegato che: «Io stesso sono rimasto colpito da quel dialogo sull’emancipazione femminile, perché è di una modernità pazzesca: ogni volta che guardo Montalbano è come se seguissi una serie tv che non ho scritto io». Morale: Montalbano non può finire così ma, viste le premesse, difficilmente potrà sopravvivere a Camilleri e Sironi. Al momento dunque è come il gatto di Schrödinger che, per la fisica quantistica, è morto e vivo allo stesso tempo. Quindi? Quindi non resta che pregare davanti a questo mistero seriale e sperare Che Dio ci aiuti. Ah, no, scusate quella è un’altra storia…