I francesi hanno deciso di farci fessi. E il bello è che ci riescono alla grande. Morgane – Detective geniale è infatti la più perfetta, geniale, operazione paracula mai lanciata in tv: sì, persino più paracula della Casa di carta. Morgane è di fatto il guilty pleasure assoluto, diabolico e inevitabile. Della serie: se non volete rimanerne avvinti, non guardate mai Rai 1 il martedì sera, quando va in onda. Davvero: non avreste scampo, e a dirlo sono anche i numeri. In Francia Morgane ha infranto il muro dei 10 milioni di spettatori su Tf1. Per capirci, è il loro Montalbano in minigonna e ciglia finte. Da noi, la Rai l’ha programmato in prima serata dove, in base agli altri precedenti seriali, si sarebbe dovuto fermare attorno all’8%. Macché. Il French cult ha debuttato con 4 milioni di spettatori e il 20% di share, senza calare nella settimana seguente (3,9 milioni e il 19%, praticamente la stessa media). A momenti nemmeno le nostre fiction italiane performano così bene sull’ammiraglia.
Dunque? Dunque lo guardi e pensi: «L’ho già visto». Ed è così. La serie schiera come protagonista una mamma single di nome Morgane (Audrey Fleurot) con tre figli, due matrimoni alle spalle e parecchi debiti. Sbarca il lunario come può, per via del suo caratteraccio: potrebbe fare quello che vuole, grazie al suo quoziente intellettivo di 160, ma non è esattamente brava (eufemismo) a relazionarsi con il prossimo. Tra l’altro, da svariati anni a questa parte uno dei suoi ex mariti è scomparso nel nulla: per la figlia maggiore il paparino è scappato, probabilmente in dolce compagnia; per Morgane, invece, deve essergli successo qualcosa di brutto. Così, quando la sua strada incrocia quella della polizia, la nostra accetta di lavorare per loro come consulente a patto che, oltre a un lauto compenso, gli agenti cerchino di fare luce sul suo mistero coniugale. Capite bene insomma che Morgane è un mix tra The Mentalist e Dr. House, perché la protagonista ha l’intuito del primo e la geniale antipatia del secondo, ma è anche un po’ Regina degli scacchi (il modo con cui visualizza i pensieri è analogo) e un po’ Monk, al netto delle sue idiosincrasie. Inoltre è vestita in perfetto stile Erin Brockovich, che ti fa subito pensare: «Questa donna non ha soldi, ma vanta intelligenza e onestà da vendere».
Morgane – Detective geniale non inventa nulla, ma proprio nulla, però sa copiare bene tutto quello che c’è di pregevole in circolazione, rimontandolo con taglio identitario e un buon ritmo registico. Il che non è poco. Ma c’è di più. La serie è di una furbizia diabolica perché ti seduce per poi tenerti accuratamente ben fuori dalle indagini. Il modello applicato è infatti quello alla Agatha Christie dove il lettore non è mai messo nelle condizioni di poter anticipare i protagonisti nella risoluzione del caso. I dettagli emergono infatti progressivamente, solo dopo che Morgane o il suo partner li scoprono. Per certi versi si torna ai tempi di Colombo, quando sapevi già chi fosse il colpevole e il fascino della visione consisteva nel capire come il protagonista avrebbe sciolto l’arcano. Ecco, qui il colpevole non viene spoilerato, però la sensazione di stare alla finestra, a vedere un gioco dal quale sei esautorato, è la medesima.
Come direbbero a Napoli, i francesi ci fanno dunque “scemi e contenti”. Già, perché nonostante tutto – il déjà-vu, la visione distaccata, i casi di puntata non sempre eccelsi – ci ritroviamo davanti alla tv beati e felici a guardare Morgane. E non riusciamo a smettere. Il fatto è che la protagonista è azzeccatissima: una vera superwoman, ma fresca di un bel bagno di realismo. Prima ancora che super intelligente, Morgane è infatti credibile: è una donna di mezza età (quante ce ne sono in tv oltre a lei? Due? Una? Nessuna?), bella come potrebbe esserlo una comune mortale, kitsch come la media delle casalinghe di ceto medio basso, nonché con una famiglia che non intende immolare sull’altare del lavoro. Morgane cerca di fare tutto: la mamma, la vedova in lutto, la consulente della polizia, la fashion victim. E le riesce tutto abbastanza male. Per dire: in polizia fa sicuramente la differenza, capendo cose che agli altri sfuggono, ma poi inanella una serie di rare boiate, come assecondare una vittima ad accettare una richiesta di riscatto o intrufolarsi in una scena del crimine per rubare prove.
Ed è per questo che le crediamo e ci piace: anche se ha 160 di QI, Morgane fa i salti mortali, come me e te, e non è perfetta. Per certi versi, lancia un nuovo concetto di antieroe: non si oppone al cliché dell’eroina dura e pura in quanto cattiva o corrotta. Morgane è una buona cristiana, che desidera il bene proprio e della società. Semplicemente tende ad auto-sabotarsi, il che la rende per l’appunto un’antieroina: da sola Morgane non può vincere. Mai. Basti pensare che, per trovare il marito scomparso, deve chiedere aiuto e scendere a compromessi. Come qualsiasi mortale del pianeta Terra. In un mondo che trasuda individualismo, Morgane – Detective geniale ci ricorda dunque che nessuno è onnipotente e che l’altro è sempre la nostra migliore risorsa. Un concetto antico, che trasuda nostalgia, facendoci amare una donna che non si lascia incattivire dal mondo ma, anzi, gli dà fiducia. Et voilà, i francesi ci hanno fregato con una serie tv semplicissima e, proprio per questo, geniale.