Perché Finn Wolfhard è il volto (anni ’80) della Generazione Z | Rolling Stone Italia
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Perché Finn Wolfhard è il volto (anni ’80) della Generazione Z

Nessuno è più Eighties del protagonista di 'Stranger Things’, che però a 17 anni (li compie oggi, auguri!) è pure un perfetto emblema delle celebrità native digitali e un nuovo modello di mascolinità: amabile e ironico

Perché Finn Wolfhard è il volto (anni ’80) della Generazione Z

Finn Wolfhard in 'Stranger Things 3'

Quanto è anni ’80 Finn Wolfhard? Pensateci: la prima e più profonda ragione dello strepitoso successo di Stranger Things sono le facce, o meglio, le facce giuste. Senza l’impeccabile lavoro di casting coordinato dai fratelli Duffer, tutto quel che amiamo della serie Netflix avrebbe potuto risultare sgonfio e posticcio: la ricostruzione di anni ’80 puramente cinematografici, il senso d’avventura, eccitazione e meraviglia, le mille mila citazioni pop, l’irresistibile mix di generi… perché fosse tutto credibile servivano dei ragazzini “genuinamente” Eighties – e che poi avessero anche una chimica formidabile tra loro ha molto aiutato.

E nessuno è più anni ’80 di Finn Wolfhard, cioè il piccolo Mike Wheeler, cioè il protagonista – insieme a Millie Bobby Brown/Eleven – di un cast molto corale. La prova? Ormai Finn è la scelta di default quando si tratta di provare a replicare quella stessa magia nostalgica, anche su grande schermo. È una specie di strano typecasting, che lo porta di continuo su set di progetti incentrati su vintage, adolescenza e qualche elemento horror. Decidiamo di ricontestualizzare gli anni ’50 del romanzo It di Stephen King e trasportare la parte infantile del racconto negli anni ’80, il nuovo mitico (e presunto) periodo d’oro a cui gli ex bambini d’allora vorrebbero tornare? Chiamiamo Finn Wolfhard a interpretare uno dei Loser, per la precisione Richie Tozier! Una parte molto lontana dal Mike di Stranger Things, il buffone del gruppo occhialuto, logorroico e a tratti insopportabile, ma che ha bisogno dello stesso spirito perfettamente Eighties.

Dopo il fallimento del remake al femminile di Ghostbusters (che, sulla carta, voleva riproporre la stessa formula dell’originale: comedian del Saturday Night Live + supercazzole tecnologiche + apocalisse + battute sceme + effetti speciali), capiamo che ormai l’unico modo vincente di resuscitare un cult anni ’80 è puntare sulla nostalgia? Chiamiamo Finn Wolfhard a fare uno dei protagonisti! Cioè Trevor, che con la sorellina (un’altra bimba prodigio: Mckenna Grace) e la madre single (la mai abbastanza lodata Carrie Coon) si trasferisce nella campagna dell’Oklahoma e svela un mistero dalle tinte soprannaturali. Guardate il trailer di Ghostbusters: Afterlife e dite se, pur ambientato ai giorni nostri, non sembra quello di una nuova stagione di Stranger Things.

GHOSTBUSTERS: AFTERLIFE - Official Trailer (HD)

Insomma, Finn Wolfhard sembra avere gli anni ’80 appiccicati addosso (anche se il suo ruolo più recente, va detto, è nell’adattamento del Pulitzer Il cardellino, distribuito dal 6 dicembre direttamente online). Probabile sia merito dei suoi occhi spalancati, sotto i boccoli neri perennemente spettinati, e sopra la bocca semiaperta: l’espressione pura della meraviglia infantile, quella che vogliamo così tanto ri-catturare e che associamo quasi in automatico a certo cinema anni Amblin, da E.T. a I Goonies. Finn Wolfhard ha una perfetta “Spielberg face”.

Eppure, naturalmente, Wolfhard non è nato nemmeno nello stesso millennio di quei favolosi anni ’80. Classe 2002, 17 anni il 23 dicembre (auguri!), si è innamorato del cinema e della recitazione con un film realizzato l’anno della sua nascita: Spider-Man di Sam Raimi. Non è neppure statunitense – e i nostalgici anni ’80 di provincia di cui stiamo parlando sono la cosa più a stelle e strisce che ci sia – ma canadese. E si dice, più o meno scherzosamente, che l’origine canadese regali a certi attori punti extra di amabilità, semplicità e umiltà: al momento, Finn Wolfhard sta frequentando il liceo a Vancouver, come fosse un suo coetaneo qualunque.

Anche se, ovvio, è l’opposto di un ragazzino qualunque: nonostante la faccia anni ’80 che abbiamo lodato fin qui, Finn Wolfhard è un perfetto emblema delle celebrità della Generazione Z. Che è, tanto per cominciare, apparentemente “più matura” di quel che ci aspetterebbe, considerata l’età e pure il tumultuoso periodo storico. A differenza di tanti giovanissimi attori prodigio anni ’80 e ’90 (ricordate Drew Barrymore o Macaulay Culkin?), Wolfhard e i colleghi di Stranger Things sono (o si presentano come) ragazzi assennati con la testa sulle spalle e le idee straordinariamente chiare: «Sono stato molto disciplinato fin da quando avevo sette o otto anni» ha raccontato recentissimamente al connazionale Ryan Reynolds che l’ha intervistato per la cover story di Interview. «Ricordo di aver guardato un sacco di film e di aver capito molto presto di voler fare il filmmaker. Ho scoperto l’esistenza della Tisch School of the Arts, a New York e mi son detto: “Ecco quello che farò, finita la high school”».

Al momento è ancora a scuola, ma sull’idea di fare film non scherza, anzi: poche settimane fa, ancora sedicenne, ha lanciato su IndieGogo un crowdfunding per chiedere ai fan di aiutarlo a realizzare il suo primo cortometraggio, Night Shifts, una dark comedy di cui sarà sia regista sia sceneggiatore. In 24 ore ha raccolto 20 mila dollari. E non è neppure la prima esperienza dietro la macchina da presa: già nel 2017 aveva co-diretto e interpretato il video Sonora degli Spendtime Palace. D’altronde con la musica ha molta familiarità, non solo perché il suo primo credito d’attore è stato per l’apparizione in un videoclip (un ingaggio trovato via Craiglist), ma anche perché dal 2017 al 2019 è stato il cantante e il chitarrista di un gruppo indie rock, i Calpurnia. Che ora si sono sciolti (anche perché era sempre più difficile far coincidere le prove con gli impegni della giovane star), ma Finn ha già fondato una nuova band, i The Aubreys, con i quali ha inciso alcuni brani che faranno parte della colonna sonora del film che ha appena finito di girare, The Turning (tratto da Il giro di vite di Henry James).

Spendtime Palace // "Sonora" (OFFICIAL VIDEO)

Disciplinato, poliedrico e, ovviamente, molto social, dunque, ma con quella consapevole riservatezza tipica dei nativi digitali (e generalmente aliena a boomer, xennial e molti millennial). Su Instagram @finnwolfhardofficial ha quasi 18 milioni e mezzo di follower, ma posta molto meno di un tempo, quando Stranger Things aveva appena iniziato la propria trascinante corsa nell’immaginario collettivo e tutti i suoi giovani attori pubblicavano serenamente foto, video e stories della propria spensierata quotidianità dentro e fuori dal set.

Se la collega Millie Bobby Brown è finita al centro di attacchi coordinati da parte di alcuni troll, Finn è stato protagonista negli Stati Uniti di un acceso dibattito sulla sua eccessiva sessualizzazione, soprattutto da parte di fan molto adulti e adulte: ancora inquietante oggi, che l’attore compie 17 anni, ma ancor più disturbante due o tre anni fa, quand’era quattordici-quindicenne. Come se non bastasse, l’aggressività di parte del suo fandom è arrivata in alcuni casi a livelli stalking: c’è stato chi ha perseguitato amici di Finn per risalire al suo numero e indirizzo, e così oggi il ragazzo sta molto molto attento a ciò che dice, fa e pubblica sui propri canali. «Quando sei un ragazzino sotto i riflettori non puoi fare errori, perché sarebbero pubblici e ti rovinerebbero la carriera» ha detto sempre a Ryan Reynolds in quella famosa intervista. «Scrivo sceneggiature ed è lì che provo a superare i limiti: spero di poter dire con la mia arte quel che voglio veramente dire».

Ultimo, ma assolutamente non meno importante, c’è il suo stile: quest’anno il ragazzo è stato scelto come testimonial da Yves Saint Laurent, raccogliendo il testimone nientemeno che da Keanu Reeves. Nelle foto della campagna, realizzate da David Sims, Wolfhard è una rockstar androgina e più che vagamente dylaniana; anche nel servizio realizzato per Interview indossa con estrema confidenza capi d’abbigliamento che oltrepassano e confondono i confini di genere. Il suo aspetto efebico è più che perfetto per incarnare la fluidità del divismo contemporaneo, un nuovo modello di mascolinità che comprende pure l’amabilità, l’ironia e la gentilezza, vedi anche alla voce Harry Styles e Timothée Chalamet. E ora che la sua carriera di child actor è praticamente conclusa e che si prepara a entrare ufficialmente nell’età adulta, prevediamo per Finn Wolfhard un futuro denso di cose strane e meravigliose.

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