Sciame è la nuova miniserie di Donald Glover (al suo primo progetto dopo Atlanta) e Janine Nabers (sempre dal team Atlanta con furore, nonché sceneggiatrice di Watchmen), che vede protagonista Dominique Fishback nei panni di Dre, una ragazza di Houston la cui intera vita ruota attorno all’icona pop Ni’Jah. Nel primo episodio Khalid (Damson Idris), il fidanzato della sorella Marissa (Chlöe Bailey), si chiede perché Dre sia ossessionata da qualcuno che, in fondo, è una persona come tutti gli altri.
“Non è come tutti gli altri”, risponde indignata Dre. “Conosce i nostri pensieri ed è in grado di esprimerli. È una divinità”.
Ovviamente parliamo di un atteggiamento poco sano da avere nei confronti di chiunque, che sia qualcuno che fa parte della tua vita o una celebrità che non hai mai incontrato. (Anche se Dre ovviamente presume che non solo è destinata a incontrare Ni’Jah, ma che diventeranno immediatamente BFF quando succederà.) L’incrollabile devozione della protagonista per il suo idolo prima o poi mette a disagio tutti intorno a lei, inclusa Marissa. Da questo punto di vista Sciame (dal 17 marzo su Prime Video) è un’esperienza completamente immersiva: trascorrere sette episodi di mezz’ora dentro alla testa di Dre è frastornante.
La domanda è se c’è un punto nello show oltre a suggerire che questo tipo fandom alla fine diventa tossico sia per il fan stesso che per l’oggetto della sua adorazione. E l’altra questione è se Nabers e Glover abbiano abbastanza da dire sul tema per giustificare una miniserie. Ci sono aspetti affascinanti, persino entusiasmanti: prima di tutto una strepitosa interpretazione di Dominique Fishback (già vista in The Deuce) nei panni di Dre. Ma Sciame forse non è abbastanza nel suo complesso, è come se sostanzialmente l’insieme fosse inferiore alle singole parti.
Prime Video ha messo sotto embargo parti significative dello show, a partire dalla premessa stessa. Quello che posso scrivere è che Fishback è l’unica interprete che è presente in ogni episodio, visto che la fissazione di Dre per Ni’Jah – chiaramente ispirata a Beyoncé (*) – la fa imbarcare in un viaggio sempre più violento attraverso il Paese. Non posso nominare tutte le guest star, o forse ormai sì: al suo debutto da attrice, Billie Eilish fa un lavoro eccezionale nel quarto episodio. E poi ci sono Rickey Thompson, Paris Jackson, Rory Culkin, Kiersey Clemons e Byron Bowers.
(*) Il primo episodio si svolge nell’aprile del 2016, dove c’è l’uscita a sorpresa di un album di Ni’Jah accompagnato da film à la Lemonade, titolo Festival. E i fan della popstar si chiamano appunto “Lo Sciame”.
Glover e Nabers hanno apportato una variazione della formula di Atlanta – anzi, la sua mancanza – a questo nuovo progetto. Nonostante la continua presenza di Dre, ogni episodio sembra selvaggiamente diverso dal successivo. Il primo è un horror psicologico in piena regola, il secondo è spesso farsesco, la puntata successiva è un thriller, un’altra è presentata come se facesse parte di un’altra serie. Questo tipo di struttura ha funzionato alla grande per Atlanta perché era uno show, che si sviluppava su più stagioni e praticamente senza trama, su una coppia di cugini che cercano di capire cosa fare della loro vita. Sciame invece è una serie auto-conclusiva in cui gli obiettivi e le motivazioni della protagonista sono chiari dalla fine del primo capitolo. Quindi rimbalzare da un tono e da un genere all’altro crea un effetto straniante, anche se alcuni episodi – il quarto in particolare – sono buoni.
La presenza di Fishback ovvia ad alcuni di questi problemi. Dre è così risoluta e scoraggiante che sarebbe facile farne come una caricatura. L’attrice non la trasforma in un personaggio più complesso di quanto non sia, ma è una presenza sullo schermo così forte e carismatica che la bidimensionalità non ha molta importanza. E la sua interpretazione è fluida quanto lo show che la circonda, permettendole di adattarsi ai toni mutevoli di ogni episodio e di rendere il tutto convincente, È fantastica: divertente quando le viene data l’opportunità e agghiacciante nei momenti più intensi. E a tratti è entrambe le cose contemporaneamente.
Nella serie però non c’è molto sotto la sua performance e uno stile impressionista. (Glover dirige il primo episodio, seguito da altri registi come Adamma Ebo di Honk For Jesus. Save Your Soul.). Proprio come Dre alla fine non è interessata a niente e nessuno tranne che a sua sorella e a Ni’Jah, Sciame non va mai troppo a fondo rispetto al suo core business, e cioè perché fa male essere ossessionati dalle celebrità. Apprendiamo gradualmente altri aspetti traumatici della vita di Dre che l’hanno trasformata in una persona inquietante, ma quello che conta davvero per i creatori è il risultato finale.
Ogni episodio di Sciame si apre con uno scherzoso disclaimer secondo cui “Questa non è un’opera di finzione. Qualsiasi riferimento a persone reali, vive o morte, o fatti è intenzionale”. Ma l’episodio presentato come appartenente a un’altra serie – simile a quando Atlanta ha girato il mockumentary su A Goofy Movie, o quello in cui Paper Boi era in un talk show – suggerisce che possono esserci più strati di realtà anche all’interno della finzione. La versione true crime della storia di Dre è più avvincente di quella che ci offre il resto di Sciame? Tutti i meta commenti minano o sottolineano i punti che Nabers e Glover cercano di trasmettere? Come quasi tutto ciò che riguarda la serie, è un’idea interessante su cui riflettere per un minuto, ma non di più.