A metà del faraonico finale della quarta stagione di Stranger Things, Nancy (Natalia Dyer), Steve (Joe Keery) e Robin (Maya Hawke) stanno salendo le scale di una casa nel Sottosopra come parte di un piano complicato per impedire alla dimensione infernale di irrompere nel loro mondo. Finora si sono mossi inosservati, ma all’improvviso Robin sveglia i tentacoli demoniaci che li circondano e, in pochi istanti, tutti e tre i ragazzi sono inchiodati alle pareti, letteralmente soffocati. La scena si sposta su un’altra serie di personaggi, lasciando lo spettatore in sospeso su come Nancy e gli altri sfuggiranno a quello che sembra un destino certo.
Poche scene dopo, il cattivo principale della stagione, Vecna/One/Henry (interpretato almeno con alcuni di quei nomi da Jamie Campbell Bower) schernisce Undici (Millie Bobbie Brown) facendole brevemente scorgere il trio che lotta contro i suoi tentacoli. Ma questo è fondamentalmente tutto ciò che vediamo di loro per quasi mezz’ora, quando Undici cambia le sorti contro Vecna, con il risultato che Nancy, Steve e Robin vengono liberati. I personaggi non dovrebbero venire strangolati per mezz’ora. Il finale sta tentando di presentare diverse azioni simultanee da tutti i mondi possibili: dallo spaccato iniziale del gruppo di Nancy si passa a quello di Jim Hopper (David Harbour) che combatte contro i demogorgoni in un gulag sovietico, mentre il corpo di Undici riposa in un congelatore per la pizza in Nevada mentre combatte mentalmente con Vecna in una parte del Sottosopra adiacente a Hawkins, in Indiana (*).
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(*) Il problema principale è che sembra che per mezz’ora, se non di più, la serie si sia dimenticato di Nancy, Steve e Robin mentre sono sull’orlo della morte imminente. Se si è interessati a questo particolare sottoinsieme di personaggi, è esasperante che siano lasciati a girare a vuoto per così tanto tempo. Ma anche se si è più coinvolti da Undici, o da Hopper e Joyce (Winona Ryder), o da Dustin (Gaten Matarazzo) e dal suo nuovo amico Eddie (Joseph Quinn), la tensione risulta ancora piuttosto debole durante ciò che dovrebbe invece essere un finale col botto.
Ovviamente, è difficile fare un finale col botto che dura due ore, 17 minuti e 25 secondi prima che inizino i titoli di coda. È leggermente più breve della versione di due ore e mezza che Netflix aveva promesso (o forse minacciato?) di rilasciare qualche settimana fa, ma è comunque più lungo di un qualsiasi episodio seriale. Perché questo è importante? Perché Stranger Things è, prima di tutto, un thriller soprannaturale su un gruppo di ragazzi che in qualche modo si sono trovati ad essere l’ultima linea di difesa tra l’umanità e l’Armageddon demoniaco. Un tipo di narrazione, insomma, basata su uno slancio che è semplicemente impossibile mantenere in un episodio così lungo – che in realtà sono due lunghi, dato che questa mini-mezza stagione include anche un episodio di 85 minuti (Papà) che porta al finale, e ciò continua a far inciampare le cose che funzionano bene.
A essere sinceri, c’è molto che funziona bene in entrambe queste opulente puntate: così tanti momenti individuali sono una combinazione di divertimento, terrore e commozione che sarebbe falso sostenere il contrario. Eddie che distrae un’orda di pipistrelli demoniaci di Vecna – le sue guardie del corpo, in un certo senso – distruggendoli con l’assolo di chitarra di Master of Puppets dei Metallica è una sequenza capace di farvi saltare sulla sedia. La riunione di Undici con Mike (Finn Wolfhard) nel deserto riporta miracolosamente Mike in vita come personaggio dopo che la maggior parte della stagione sembrava aver completamente perso il filo conduttore dell’apparente eroe principale della serie. Anche la “spalla comica” Argyle riesce finalmente a essere divertente, quando s’imbatte nel suo doppelgänger spirituale in un’altra location di Surfer Boy Pizza.
Questi episodi, come la quarta stagione nel suo insieme, hanno continuato a cedere sotto l’eccesso non solo del buon materiale, ma anche delle cose che non funzionavano e che non venivano mai abbandonate, come Joyce, Hopper e Murray (Brett Gelman) incapaci di uscire dalla Russia. L’intera esperienza è come essere costretti a mangiare ogni voce di menu dalla Cheesecake Factory nel corso di una giornata: tante prelibatezze, alcune cose che non avreste mai voluto e un perenne senso di gonfiore.
Con il senno di poi, i Duffer Brothers avrebbero fatto bene a limitare la stragrande maggioranza dell’avventura russa a un singolo episodio, e probabilmente lo stesso vale per Undici che esplora il suo passato con l’aiuto dell’inspiegabilmente vivo Dottor Brenner (Matthew Modine). I loro ruoli nel climax potevano ancora essere salvati per il finale, ma un po’ di tagli alle varie sottotrame avrebbero risolto molti dei problemi di ritmo che hanno afflitto la stagione più ampia di sempre (qualcuno aveva forse bisogno di un arco di redenzione per il doppio pilota russo nonché contrabbandiere di burro di arachidi?). Probabilmente i Duffer si sentono ancora troppo segnati dal rifiuto del pubblico del loro ultimo tentativo di un episodio relativamente autonomo, quando Undici era scappata nella grande città nella seconda stagione. Quell’episodio, però, non è stato odiato perché era autonomo; è stato odiato semplicemente perché era brutto, e i nuovi amici (con superpotere) di Undici erano terribilmente fastidiosi.
Tornando a noi, i Duffer hanno cercato di servire ogni personaggio in modo appropriato, e la maggior parte di quegli archi narrativi e scene – come Undici che si rifiuta di perdonare Brenner quando quest’ultimo muore, o Nancy che viene affascinata dalla confessione dell’ex fidanzato redento Steve – sono isolati l’uno dall’altro. Lo spettacolo non può accontentarli tutti senza avvertire una certa fatica quando dovrebbe chiudere le storie. Più tardi, nella battaglia culminante contro Vecna, il gruppo di Nancy è arrivato nella soffitta dove si nasconde il corpo del villain mentre la sua mente sta tentando di uccidere Max e combattere Undici. Qui, il taglio tra il solaio (dove Robin e Steve danno fuoco al corpo di Vecna), la dimensione mentale (dove Undici guarda Vecna iniziare a svanire) e il gulag (dove Hopper si trasforma in un barbaro per sconfiggere un demogorgone solo con una spada) è veloce, furioso e molto più eccitante dei precedenti tentativi di rimbalzare da un gruppo all’altro. (Detto tra noi, aiuta anche il fatto che a questo punto Running Up That Hill sia a tutto volume nella colonna sonora anziché avvertita flebilmente dalle cuffie di Max, e Kate Bush rende tutto migliore.)
Nonostante le promesse/avvertimenti dei Duffer che il finale sarebbe stato particolarmente brutale anche per gli standard di Stranger Things, perlopiù non lo è. Eddie è l’agnello sacrificale della stagione, stroncato dalla voglia di guadagnare più tempo per il gruppo di Nancy per finire Vecna, ma nessun personaggio “fisso” viene ucciso. Max è clinicamente morta per un minuto, completando il piano di Vecna di aprire un enorme cancello tra il Sottosopra e Hawkins, però una Undici più potente riporta presto in vita il suo corpo. Max è in un profondo coma quando Undici, Mike e gli altri arrivano a Hawkins, e la sua mente sembra essere vuota quando Undici usa i suoi poteri per farle visita: chiunque s’illuda che Max non tornerà trionfante nella quinta e ultima stagione dovrebbe iniziare a ricredersi sin da ora.
La ricerca mentale di Max da parte di Undici fa parte di un epilogo di mezz’ora che in qualche modo si muove molto più rapidamente di alcune parti in cui i personaggi stanno combattendo demoni o membri dell’esercito americano. È la calma tra le tempeste, e mentre i vari personaggi si chiudono nei loro viaggi di una stagione – come Robin (che finalmente si rende conto che la ragazza per cui ha una cotta potrebbe in effetti essere queer e a sua volta innamorata di lei), Dustin (che confida allo zio di Eddie che Eddie è morto da eroe), e Hopper (che si riunisce con la figlia adottiva Undici dopo che questa l’ha ritenuto morto alla fine della terza stagione) – si tira quasi un respiro. O è che tutti i personaggi sono finalmente insieme a Hawkins, e che questa disposizione è più funzionale alla serie rispetto a disperdere il cast sempre più ampio ai quattro venti per dare a tutti qualcosa da fare.
Il fatto che l’epilogo si concluda con il Sottosopra che irrompe nel mondo reale suggerisce che nessuno si darà ai road trip almeno per la stagione finale: la speranza è che ogni nuova restrizione la prossima volta derivi tanto dalla cronologia quanto dalla geografia perché, nonostante i suoi numerosi punti salienti, Stranger Things quest’anno ha dimostrato facilmente che il più rischia davvero di essere meno.