The Queen, il film del 2006 scritto da Peter Morgan, drammatizza le conseguenze immediate della morte della principessa Diana. Gran parte del conflitto deriva dalla riluttanza della regina Elisabetta ad affrontare pubblicamente il dolore dei suoi sudditi, mentre il Primo Ministro britannico Tony Blair la supplica di parlare.
Nel quarto episodio della sesta e ultima stagione di The Crown, Morgan si ritrova essenzialmente a rifare il suo film precedente. Solo che questa volta la voce angosciata del popolo non è Blair, ma il principe Carlo. È una scelta significativa, meno indicativa del fatto che uno sceneggiatore non voglia ripetersi che del mutevole atteggiamento di Morgan nei confronti dei reali da quando è uscito The Queen. Quel film, e anche la prima fase di The Crown, trattavano la monarchia con tanto scetticismo quanto affetto, se non di più. Nel corso degli anni però la bilancia si è piegata a favore dei Windsor, e in particolare di alcuni di loro. La serie non chiude gli occhi di fronte ai difetti della royal family sia come istituzione che come individui. Ma molto tempo fa ho smesso di avere la sensazione che Morgan stesse scrivendo di loro con una prospettiva estranea: ora sembra diventato un insider. Mentre in passato la serie ha trattato vari primi ministri come personaggi con lo stesso peso narrativo della maggior parte dei reali, Blair qui è secondario. Il conflitto è tra la regina e l’allora principe di Galles, non tra aristocrazia e politica, perché il principe Carlo è improbabilmente diventato l’eroe tragico di The Crown.
Netflix ha diviso l’ultima stagione a metà. I primi quattro episodi, che coprono le settimane immediatamente precedenti e successive all’incidente che ha ucciso Diana (ancora interpretata da Elizabeth Debicki) e il suo fidanzato Dodi Al-Fayed (Khalid Abdalla), sono già disponibili. Gli ultimi sei – che porteranno i reali nel XXI secolo, ma non arriveranno fino agli anni di Meghan Markle – saranno sulla piattaforma dal 14 dicembre. A un certo punto, la regina Elisabetta incarnata da Imelda Staunton dice della posizione di Diana all’interno della famiglia dopo il divorzio: “Sostengo da sempre che è difficile stare a metà in qualsiasi cosa”. In questo caso, però, questi primi episodi sembrano un’unità completa, anche se un po’ frustrante.
La tesi è che la morte di Diana sia stata quasi interamente colpa di Dodi e, soprattutto, del ricco e imperioso padre Mohamed Al-Fayed (Salim Dau). La quinta stagione ha raccontato la disperazione di Mohamed nell’ingraziarsi i reali come un debolezza triste ma comprensibile. Qui viene presentato come spietato, autoritario e ignaro dell’impatto che le sue manipolazioni hanno sia su Diana che sul figlio. E Dodi a sua volta viene trattato come un figlio di papà senza spina dorsale, la cui incapacità di capire la situazione alla fine condanna lui e la sua nuova fidanzata. Gran parte della narrazione considera le foto di Diana e Dodi in vacanza insieme, scattate da Mario Brenna (foto che gli sono valse una piccola fortuna sborsata dai giornali britannici), come il punto critico che ha portato i paparazzi a perseguitare Diana in modo così aggressivo da provocare l’incidente mortale di Parigi. A seconda della fonte, alla fine degli anni ’90 Brenna si è imbattuto nella coppia quasi per caso, oppure è stata Diana stessa a dargli una soffiata, come parte della sua guerra di pubbliche relazioni in corso con Carlo (Dominic West). Qui invece è Mohamed a condurre Brenna da loro, con l’obiettivo di mostrare al mondo che suo figlio sta facendo l’amore con una principessa – e, forse, per spingere Diana a considerare Dodi come suo nuovo marito.
Gli episodi sono così schiaccianti sulla questione che, anche dopo la morte di suo figlio, vediamo Mohamed considerare questa come un’ultima opportunità per avvicinarsi alla regina. Sembra un villain da cartone animato, in una serie che in precedenza ha sempre cercato le sfumature e almeno un certo grado di empatia con quasi tutte le figure storiche raffigurate. Ci sono certamente molte cose per cui Mohamed potrebbe essere condannato – accuse di molestie e aggressioni sessuali, o i suoi successivi tentativi di puntare il dito contro i reali per aver perpetrato una cospirazione per uccidere Diana –, ma Morgan considera la sua sete di essere accettato dai Windsor come l’unico vero crimine che lo renda degno di una condanna.
Morgan deve risolvere anche il problema che Dodi sia una figura relativamente minore nella vita di Diana fino a quella terribile notte a Parigi. Si frequentavano solo da un paio di mesi, e mentre Mohamed avrebbe poi affermato che si erano fidanzati e/o che Diana era incinta del figlio di Dodi, tutte le altre indicazioni suggerivano che si trattasse ancora solo di un’avventura, prima che l’auto si schiantasse nel tunnel dell’Alma. Ma poiché la morte di Diana è una parte così importante della storia della famiglia reale – anche Carlo riconosce immediatamente che “questa sarà la cosa più grossa che ognuno di noi avrà mai visto” – Morgan si sente obbligato a costruire questa parte della stagione attorno a quella relazione. Alla fine del terzo episodio c’è anche una scena in cui Morgan immagina la conversazione finale tra Diana e Dodi, chiaramente concepita come un seguito dell’avvincente sequenza della discussione tra Diana e Carlo alla fine della quinta stagione. E però questa non ha il peso della precedente, perché Dodi è molto meno importante per Diana e per The Crown.
C’è molto più simbolismo rispetto alle stagioni precedenti. Come parte del suo lavoro di beneficenza per contribuire ad aumentare la consapevolezza sui pericoli delle mine antiuomo e per aiutare i sopravvissuti, Diana si reca in Bosnia e cammina attraverso un campo minato davanti ai fotografi. Questa era una causa di cui la vera Diana era un’appassionata sostenitrice nei suoi ultimi anni, ma la serie la tratta più che altro come un modo per sottolineare il metaforico campo minato che stava attraversando in quel momento con Dodi e i fotografi. E il giorno della sua morte, quando i paparazzi hanno Diana nel mirino, vediamo il principe William a caccia del suo primo cervo in Scozia.
E per quanto riguarda l’incidente e i giorni successivi, le scelte che Morgan fa riguardo a cosa mostrare e non mostrare sembrano a volte intelligenti nella loro moderazione, altre confuse. Questo è ovviamente l’evento più delicato che la serie potrà mai rappresentare. Quindi pare che ora sia il creatore della serie a camminare su un campo minato, allontanandosi subito prima di calpestare una mina o sussultando anche se non c’è alcun pericolo reale davanti a lui. Laddove è disposto a inventare interamente alcune conversazioni, come la scena di Diana e Dodi, è invece riluttante a lasciare che il pubblico veda, o in alcuni casi ascolti, quello che viene detto mentre la famiglia viene a conoscenza della questione.
Ci sono, come sempre, anche diverse cose belle. Elizabeth Debicki continua a irradiare il giusto star power nei panni di Diana. Dominic West non nasconde assolutamente nulla nel ritrarre Charles mentre prova più dolore di quanto avrebbe potuto immaginare per la morte di una donna contro cui aveva combattuto così a lungo. E Staunton mostra abilmente quanto le reazioni composte di Elisabetta siano il risultato della comprensione della natura del suo ruolo pubblico, e quanto derivino dalla sua fondamentale incomprensione di questo momento della Storia britannica.
Morgan ha progettato The Crown come un mezzo per drammatizzare – a volte attraverso una ricerca meticolosa, altre attraverso la pura invenzione – ciò che stava accadendo ai royals lontano dagli occhi del pubblico. Il problema che ha incontrato in queste ultime stagioni è che c’è ben poco che le persone non sappiano già su quello che è successo tra Carlo e Diana, e in particolare sugli eventi che circondano la sua morte. L’unico modo in cui la serie avrebbe potuto evitare di raccontare questa tragedia sarebbe stato finire prima, con il loro matrimonio o il loro divorzio. Forse non c’era modo di coprire con grazia questa parte della storia, nemmeno nei primi tempi, in cui Morgan era più distaccato. Ma ora che è tanto emotivamente coinvolto in questo mondo, sembra un compito impossibile. Che The Crown, come la sua regina, non sa bene come affrontare tutto questo.