40 minuti: è questo il tempo previsto per l’intervento, questa sera, di Roberto Benigni. Che torna sul palco dell’Ariston per la quinta volta, a nove anni dall’ultima apparizione. “Quando mi dicono Sanremo per me è come dire Pinocchio“, dice il comico alludendo al suo ultimo successo da attore. “È una favola, è il 70esimo anniversario, è la festa degli italiani più bella. Sarà un Sanremo straordinario”. Di sicuro il suo intervento è destinato ad entrare negli annali del Festival: la Storia lo insegna.
La conduzione nel 1980: il bacio con Olimpia Carlisi
Prima (e unica) condizione del comico toscano, chiamato a risollevare le sorti traballanti del Festival. Benigni, fin da subito, non riesce a tenere ferme le mani. Anzi, la bocca: indimenticabile il bacio appassionato con l’attrice Olimpia Carlisi, con lui sul palco. Ma il vero scandalo, nell’Italia di inizio anni ’80, è “Wojtilaccio”, ovvero l’epiteto con cui si rivolge a papa Giovanni Paolo II. Messa cantata e blasfema, con tanto di denuncia (e relativa assoluzione) per offesa alla religione di Stato.
Ospite di Baudo nel 2002: la mano sul pacco di Pippo
Altro giro, altra mano morta: stavolta sul “pacco” di Pippo Baudo. Se l’attentato al monumento sanremese per eccellenza è da subito un momento cult, non passa sotto silenzio nemmeno la rilettura in chiave politica che fa Roberto del Giudizio universale. Un monologo scatenato seguito da 20 milioni di telespettatori. Il profano diventa momento sacro nella storia del Festivàl.
Ospite di Bonolis nel 2009: più politico non si può
Ospite di Paolo Bonolis, Benigni stavolta tiene le mani a posto, ma non la lingua. Sempre più politico nell’Italia berlusconiana, ne ha per tutti: Silvio, ma anche l’ex sfidante trombato Walter Veltroni e la società rimasta indietro. Vedi l’appello per i diritti degli omosessuali, che “non sono fuori dal piano di Dio”. Anche questa volta è boom di ascolti, col 55% di share. Meno male che Robbèrto c’è.
Ospite di Morandi nel 2011: a cavallo sul palco dell’Ariston
Risale ormai a quasi dieci anni fa l’ultima partecipazione del regista premio Oscar all’Ariston, padrone di casa Gianni Morandi. Ma è anche la più spettacolare: dall’ingresso in scena a cavallo col bandierone tricolore alla cavalcata (pardon) nella Storia d’Italia per i 150 anni dell’Unità, ma sempre alla maniera del Piccolo Diavolo. Il toscanaccio si è rabbonito e ormai è totalmente mainstream: persino il presidente Napolitano lo applaude dal divano.