In un episodio della terza stagione di Yellowjackets (dal 14 febbraio su Paramount+), due personaggi cucinano mentre cantano e ballano sulle note di Make Your Own Kind of Music (1969) di Cass Elliott. Per gli appassionati di TV, è una canzone che sarà per sempre associata alla première della seconda stagione di Lost, dove la voce potente di Elliott ha accompagnato il nostro primo sguardo all’interno del misterioso portellone della Dharma Initiative. La scelta della colonna sonora non sembra casuale, perché Yellowjackets è un’altra serie su personaggi che lottano per sopravvivere in una natura selvaggia e ostile, forse mistica, dopo un incidente aereo, e ogni episodio si divide tra il racconto di sopravvivenza e le storie dei protagonisti tornati nella civiltà.
Nella sua terza stagione, Lost era una serie che faceva palesemente fatica a mandare avanti la sua storia senza una meta precisa, in un modello di business delle reti televisive che imponeva agli show di successo di restare in onda finché non diventavano più redditizi. I tre personaggi principali hanno trascorso molti episodi rinchiusi in gabbie, incapaci di fare qualunque cosa. Le scene di flashback di un episodio erano dedicate a spiegare come un personaggio si è fatto i tatuaggi. Era il momento della disperazione narrativa. Dopo che i creatori di Lost sono riusciti a convincere i responsabili della rete ad accettare di concludere la serie dopo sei stagioni, l’intera produzione è stata rinvigorita con nuove idee (ad esempio, flashforward invece di flashback) e alcuni degli episodi più amati dell’intera serie.
Yellowjackets non è esattamente Lost per una serie di motivi, non ultimo il fatto che tutti i suoi protagonisti sono donne e tutte le scene nella natura selvaggia le vedono come adolescenti, con tensioni specifiche per quel particolare momento. È stato poi realizzato in un’epoca televisiva diversa, e in rapida evoluzione (*). Tre stagioni e oltre sembrano lunghe per qualsiasi serie al giorno d’oggi, e la co-creatrice di Yellowjackets Ashley Lyle mi ha detto alla fine della prima stagione: “Non abbiamo alcun interesse a prolungare questa serie oltre il tempo dovuto. Abbiamo un arco narrativo multistagione; siamo fermamente convinti di avere più capitoli di storia da raccontare. Ma a un certo punto ci renderemo conto che la storia vuole finire. E spero che il pubblico si senta rassicurato sul fatto che non intendiamo insistere su un argomento già trattato”.
(*) Quando ha debuttato nel 2021, è stato realizzato dal canale via cavo a pagamento Showtime, che oggi esiste a malapena, quindi ora è una serie originale Paramount+ con Showtime, che viene trasmessa anche via cavo pochi giorni dopo l’inizio dello streaming di ogni episodio.
La terza stagione di Yellowjackets però ha qualcosa delle stesse sensazioni del suo predecessore spirituale in questa fase della sua vita, soprattutto nelle scene che mostrano le versioni adulte delle sopravvissute all’incidente. Ci sono ancora molte buone performance e altri brani killer della colonna sonora degli anni Novanta, ma lo show potrebbe davvero aver bisogno di una spinta, per arrivare a un equivalente sbalorditivo di Jack che dice a Kate: “Dobbiamo tornare indietro!”.
La seconda stagione si è conclusa con eventi catastrofici in entrambe le linee temporali. Nella natura selvaggia, la capanna abbandonata in cui le ragazze si erano rifugiate durante un inverno rigido è andata a fuoco. Nella contemporaneità (*), Misty (Christina Ricci) uccide accidentalmente la sua migliore amica Natalie (Juliette Lewis) con un’iniezione letale destinata alla loro compagna mentalmente instabile Lottie (Simone Kessell). Il materiale degli anni Novanta fa un balzo in avanti di qualche mese, raggiungendo le ragazze dopo che sono uscite dal freddo pungente per godersi il relativo paradiso delle montagne canadesi nel periodo del solstizio d’estate. Le cose stanno andando così bene, infatti, che a volte finiscono per comportarsi come le compagni di squadra di calcio del liceo che erano prima dell’incidente, prendendosi in giro a vicenda, con l’adolescente Natalie (Sophie Thatcher) brava a cacciare così tanta selvaggina che il cannibalismo non è più una necessità per il momento. Stanno ancora accadendo cose strane e la maggior parte delle ragazze crede che una potente entità soprannaturale influenzi tutto quello che succede. Ma la serie si allontana quel tanto che basta dalle opprimenti vibrazioni horror della seconda stagione senza perdere il perenne senso di disagio che traspare da quelle scene.
(*) Be’, diciamo semi-contemporaneità. Visto che la storia si svolge in un periodo di tempo relativamente compatto, per Misty e i suoi amici è ancora il 2021.
È con la parte più adulta che Yellowjackets gira in tondo, nonostante possa contare ancora sugli interpreti più famosi, e spesso migliori, della serie: Ricci, Melanie Lynskey e Lauren Ambrose.
La perdita dell’energia caustica di Lewis è un problema che non è stato ancora compensato nei quattro episodi assegnati ai critici, nessuno dei quali introduce le new entry più in vista della nuova stagione, come Hilary Swank. Il problema più grande, però, è insito nella struttura della serie: le scene adulte non possono rovinare gran parte di ciò che accade nel bosco, a parte l’identificazione di alcune delle persone sopravvissute, come Misty, Shauna (Lynskey), Van (Ambrose) e Taissa (Tawny Cypress). Quindi le donne devono parlare in modo criptico dell’evento decisivo della loro vita, e quelle sequenze non possono nemmeno rispondere in modo definitivo se “quello” che l’adolescente Lottie (Courtney Eaton) ha convinto le altre ragazze ad adorare sia reale o solo una psicosi di massa provocata dall’incidente e dalle sue conseguenze, che persiste fino alla mezza età come una forma di stress post-traumatico.
Di conseguenza, il materiale ambientato nel 2021 risultava ancora privo di grinta ed energia rispetto alle scene del 1996. Ma nonostante in precedenza ci fossero alcune sottotrame per adulti dimenticabili, come la corsa di Taissa al Senato dello Stato del New Jersey (un incarico che in questa stagione viene liquidato in modo esilarante con una sola battuta di dialogo), nel complesso c’era comunque un avvincente senso di pericolo e mistero, per non parlare di Lynskey, Lewis e gli altri che dominavano ogni secondo di tempo sullo schermo loro concesso. Gli altri attori sono ancora bravi, ma non hanno molto con cui lavorare, almeno non a livello drammatico. A volte, le scene adulte, in particolare quelle che coinvolgono Shauna, suo marito Jeff (Warren Cole) e la loro figlia ribelle Callie (Sarah Desjardins), si trasformano in buffonate da sitcom, come quando Jeff fa volontariato nella casa di cura in cui lavora Misty e scopre di avere un talento per il bingo. E ogni volta che la trama vira in territori più oscuri, non può dire molto o rischiare di rivelare se “quella cosa” esiste e, nel caso, cosa vuole dalle ragazze.
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Foto: KAILEY SCHWERMAN/PARAMOUNT+/SHOWTIME
Anche le scene nella natura selvaggia hanno alcuni problemi fondamentali da affrontare, come il momento sempre un po’ imbarazzante in cui un sopravvissuto a un incidente, che non ha fatto nulla di degno di nota dall’inizio della serie, arriva improvvisamente alla ribalta. Anche se almeno lo show a volte è diretto su questo, come quando Melissa (Jenna Burgess) dice qualcosa di divertente a una Shauna sbalordita, che risponde: “Aspetta, hai davvero una personalità?”. Ed è estremamente disorientante che non si parli minimamente di provare ancora una volta a tornare alla civiltà, ora che il clima è molto migliore e Natalie ha fornito loro una buona scorta di cibo. (Se restano perché “quella cosa” lo vuole, allora è necessario che se ne parli di nuovo.) Ma nel complesso, c’è un livello di energia in quelle scene che è quasi completamente scomparso dal mondo adulto.
Quale sarebbe l’equivalente rivitalizzante di Lost per Yellowjackets se andasse avanti nel tempo invece che indietro? A questo punto, la strada migliore da seguire sembra essere quella di “andare avanti” o di decidersi: stabilire definitivamente se quello che sta accadendo è magia o malattia mentale, e propendere per quella direzione in entrambe le linee temporali. Questo permetterebbe alle scene del 2021 di tornare ad avere uno scopo, anziché essere un gioco di prestigio sempre più faticoso. E darebbe maggiore risalto alle trame adolescenziali.
In un episodio, Taissa e Van, ormai adulte, guardano una registrazione VHS degli anni Ottanta. Taissa sussulta quando in uno dei vecchi spot pubblicitari compare una persona di cui ha avuto delle visioni (o allucinazioni) di recente, e insiste dicendo: “Significa qualcosa!”. A un certo punto, tutte le cose inquietanti che accadono a queste donne durante l’adolescenza e quando sono invece quarantina devono significare qualcosa, che si tratti di misticismo, follia o qualcos’altro. E sembra che quel momento sia già arrivato.