La coppia di protagoniste sprecata
Prendi una delle più gettonate – e probabilmente sopravvalutate – commedianti in circolazione (Melissa McCarthy), mettile accanto un’attrice da Oscar che però ha già dimostrato di essere duttile e in grado di passare a qualsiasi registro (Octavia Spencer) e… non verrà fuori niente di buono. Le due fanno di tutto per essere “in parte”: ex BFF ai tempi della scuola, la prima è diventata un’operaia acidissima, la seconda una scienziata che ha scoperto il modo di dare superpoteri a persone normali (vabbè). Dovrebbe essere uno scontro tra due mondi diversi: in realtà le due tornano amiche, formano un’alleanza contro i cattivi (a Melissa sono andati, ovviamente, i superpoteri) e non fanno ridere mai, manco per sbaglio. Ritenta, sarai più… anzi, meglio di no.
L’indecisione tra i generi
È una action comedy per adulti? Un film per bambini? Il primo episodio di un franchise supereroistico (dio ce ne scampi)? Non si capisce. Nell’indecisione, Netflix dice sì a qualsiasi cosa: una trama più stupida di quella di un cartone del pomeriggio di Italia 1 (li danno ancora?), ma spacciata come storia di empowerment femminista (ancora!). Dentro, di tutto e di più: un incipit high school/teen, il buddy movie in rosa, brutti effetti in CGI, siparietti in stile Saturday Night Live, crime all’acqua di rose, nostalgia alla Ghostbusters (però l’ultimo, tremendo, sempre starring McCarthy). Anche a voler sospendere l’incredulità, è dura appassionarsi davanti a questa recita parrocchiale in chiave sci-fi.
Le gag comiche
Jason Bateman, alias il cattivissimo Crab (Granchio) con le chele al posto delle mani, dovrebbe fare riderissimo: convinti loro… Basterebbe la scena della rapina nel drugstore a farci capire che gli sketch comici non sono proprio il massimo, ma poi arriva un lento romantico ballato dallo stesso Bateman con McCarthy (c’è pure una svolta romantica, non manca niente) ad aggravare la situa. In generale, tutto il cast “leggero” di contorno è parimenti sprecato: da Bobby Cannavale, il picciotto con il solito abito gessato detto The King che vorrebbe prendersi Chicago, a Melissa Leo, altro premio Oscar al servizio di un ruolo nonsense (è Allie, la capa di Octavia ribattezzata da Melissa “Jodie Foster” per i modi à la Clarice Starling: che ridere).
L’effetto “tavolino”
L’impressione generale è che sia tutto costruito a tavolino. La coppia – nella vita e spesso anche sul set – composta da Melissa McCarthy e Ben Falcone, regista e sceneggiatore (e anche attore comico, qui nella piccola parte del socio di Jason Bateman/Crab), ha evidentemente sfruttato il lunghissimo lockdown per buttare giù, sul tavolo della cucina, la sua prima commedia destinata a una grandissima platea: quella di Netflix. Ma l’effetto è che l’ispirazione sia decisamente inferiori rispetto a quella dei primi lavori, per quanto sciocchini anch’essi: vedi Tammy (2014) e The Boss (2016), gli esordi “homemade” diventati cult in patria e poco noti da noi. Ma il successo di Thunder Force è arrivato, ed è monumentale: forse hanno ragione loro.