Il mio Charles Manson hippy: Gethin Anthony si racconta | Rolling Stone Italia
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Il mio Charles Manson hippy: Gethin Anthony si racconta

Già tra gli attori di "Il Trono di Spade", interpreta il serial killer che ha sconvolto l'America degli anni Sessanta nella serie tv "Aquarius", in arrivo su Sky Atlantic

Gethin Anthony nei panni di Charles Manson nella serie "Aquarius"

Gethin Anthony nei panni di Charles Manson nella serie "Aquarius"

Chi era Charles Manson prima di diventare “Charles Manson”? Uno dei killer più spietati della storia americana ha un passato tra le chitarre del movimento hippie. Dove iniziava a formare quella che poi sarebbe diventata una setta.

La sua vicenda è al centro della nuova serie in onda dal 14 ottobre su Sky Atlantic, Aquarius. Prende il via dalla scomparsa di alcune ragazze, tra cui Emma, figlia della ex fidanzata di Sam Hodiak, detective della omicidi di Los Angeles, interpretato da David Duchovny. Andando avanti nelle indagini, arriverà a Charles Manson, un chitarrista e cantante in cerca di fortuna, apparentemente solo un po’ strano. In realtà, già a comando di una setta con parecchi lati oscuri.

Il giovane Manson è interpretato da Gathin Athony, già visto ne Il Trono di Spade nei panni di Renly Baratheon, chiamato questa volta a vestire i panni di un personaggio molto diverso.

Quanto hai studiato per immergerti in questo ruolo?
Parecchio: ho letto le sue biografie, i libri. Ho guardato video su Youtube. Ho ascoltato di continuo la sua voce. Le cose più difficili sono state a livello emotivo e a livello di tecnica musicale. È un personaggio molto dark e imitare la sua voce e il suo accento è stato difficile. Biografie, leggendo libri, you tube e ascoltando moltissimo la sua voce. Per quanto riguarda l’epoca, ho ascoltato i racconti di mia mamma, gli album dei Beatles, la Swinging London, di storia sapevo tutto ma solo a livello scolastico

Hai parlato con persone direttamente coinvolte nei fatti?
No. Ma comunque è un’esperienza incredibile, girare la serie a Los Angeles. È interessante conoscere l’opinione dei cittadini che hanno vissuto in quell’epoca, che non sempre coincide con la versione dei giudici e dei tribunali.

Sai spiegare il motivo per cui il pubblico è così affascinato dal crimine?
La natura umana è da sempre stata affascinata dalle cose un po’ torbide. Adesso le serie si sono spostate più sull’aspetto giornalistico o storico. Da anni ci sono serie inventate sul crimine come CSI ma, a volte, dal punto di vista psicologico una violenza descritta a parole è più forte di una violenza rappresentata per immagini.

Ci sono stati problemi per aver mantenuto il nome vero di Charles Manson?
No, perché abbiamo cambiato i nomi delle persone coinvolte nei fatti. Poi, per quanto riguarda l’utilizzo delle musiche, che sono gli originali scritti da Charles Manson, gli introiti dei diritti di riproduzione sono andati alle famiglie delle vittime.

C’è una cosa che non sapevi di Charles Manson prima di fare tutte queste ricerche?
Non sapevo volesse diventare un musicista. Cosa che poi, per ovvie ragioni, non è riuscito a fare.

Non c’è il rischio che lui venga visto come un eroe?
No, perché la storia racconta Los Angeles negli anni Sessanta, con tutte le sue sfaccettature. Non c’è un vero rischio di emulazione.

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