Zeta – Il film, l’opera terza di Cosimo Alemà, è disponibile dal 13 ottobre anche in home video. Un film «dove c’è del rap», come dice Shablo. Non sul rap. Anche se dentro ci sono praticamente tutti i protagonisti della scena italiana. Tirate il fiato e leggeteli di fila: Fedez, J-Ax, Salmo, Clementino, Ensi, Briga, Baby K, Lowlow, Tormento, Rancore, Shade, Noyz Narcos, Shablo, Metal Carter e Rocco Hunt. Tutti questi più Izi, cioè Zeta, il protagonista del film, e qualche attore vero: Salvatore Esposito (sì, quello della nostra cover), Jacopo Antinori e Irene Vetere.
Come dicevamo, le prospettive sono quelle di un film intriso di hip hop. In realtà è “un romanzo di formazione” (la recensione completa sul numero di Rolling Stone Italia in edicola). «Un film sull’amore soprattutto», come dice il regista Cosimo Alemà, dietro la macchina di tonnellate di videoclip musicali. «Con un’accezione molto larga del termine. Questa generazione e in generale chi si avvicina al rap e all’hip hop ha voglia di essere un po’ diversa dalla normalità imposta da una certa cultura generalista. Io volevo fare un ritratto delle aspirazioni dei ragazzi di oggi». E il rap c’entra, c’entra sempre, quando si parla dei “ragazzi di oggi”.
Il rap è sottofondo del riscatto di Zeta, con Izi che esordisce davanti alla macchina da presa con una sicurezza incredibile. «Il rap, ora come ora, è una cultura», spiega Lowlow. «Ha una dignità in quanto tale, che ti piaccia o meno». E trovandosi davanti a una cultura è chiaro che non può essere solo quello il centro del film. Dentro ci sono «una serie di situazioni che noi stesso abbiamo passato», prosegue Lowlow. «Il film trasmette la voglia di non mollare, anche dopo li insuccessi», dice Shade. «È quello che abbiamo provato un po’ tutti nella nostra carriera». E, al di là dei fan dei singoli artisti, potrebbe essere una buona occasione di tornare al cinema, per una generazione che non frequenta con frequenza le sale. «Al di là della presenza dei rapper, si troveranno davanti qualcosa che sicuramente li coinvolgerà a 360 che è la storia di Zeta», dice Ensi.
Andando a rileggere l’elencone di nomi dell’inizio, fa impressione vederli schierati tutti dalla stessa parte e non divisi in dissing, litigi vari che, nel panorama italiano, lasciano un po’ il tempo che trovano. «È una bella dimostrazione da parte nostra», dice Tormento. «C’è voglia di collaborare. Spesso da fuori si vede il rap come un genere di gente che litiga di continuo. Sembriamo tutti scollegati ma in realtà ci conosciamo tutti chi più chi meno da parecchi anni». Ci sono differenze, ma si vedono tutte in questo film. Come dice Rancore, «Viene fuori il rap italiano che vedi in televisione, ma anche quello che vedi per strada. C’è tutto in questo film».
È un film che serve, in qualche modo, Zeta. Perché vedere il rap al cinema, in un luogo dove magari anche chi non appartiene esattamente alla schiera di affezionati può aprirsi al linguaggio del rap. E chissà, capire qualcosa di più di una generazione che sembra esprimersi in rima. «Se un professore capisse che, quando un ragazzino di 16 anni rappa, ti sta raccontando la sua realtà, ci sarebbero dei grandi passi avanti», dice Tormento.