Il 15 luglio di 20 anni fa Gianni Versace, uno dei più grandi stilisti di moda di sempre, veniva ucciso a Miami da Andrew Cunanan. Il racconto di quel delitto è il tema della seconda stagione della serie antologica American Crime Story, ideata da Ryan Murphy (American Horror Story, Feud), con il titolo di American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace, basata sul libro Vulgar Favors della giornalista di Vanity Fair Maureen Orth.
E qui vogliamo sottolineare subito, anche se nel contenuto di quest’intervista non ce ne sarà alcun bisogno, parole e volontà espresse dalla famiglia Versace sulle 9 puntate della trasmissione-biopic tv. “Come già dichiarato, la famiglia Versace non ha autorizzato nè ha avuto alcun coinvolgimento nella serie televisiva dedicata alla morte di Gianni Versace, che quindi dovrebbe essere considerata come un’opera di finzione”.
Anche se fosse pura opera di finzione per quanto riguarda i dettagli della vita personale di Gianni, di Donatella, di Allegra e di tutto il clan Versace, il lavoro di Murphy è da considerarsi importantissimo perché porta alla luce aspetti scomodi della società USA, il suo puritanesimo e la sua xenofobia.
Se la prima stagione di ACS era dedicata a O.J e al razzismo latente, questa vuole essere un’opera di denuncia dell’omofobia americana nella metà degli anni’90: i diritti della popolazione gay, la paura dell’AIDS, le persecuzioni sociali. Sono già stati annunciati anche i prossimi temi della serie: la terza sull’uragano Katrina che ha colpito New Orleans, la quarta sulla Principessa Diana e si vocifera il soggetto della quinta, l’affaire Monica Lewinsky-Bill Clinton. BRAVO RYAN MURPHY a mettere a nudo le lacune di una società e ad accendere i riflettori sulle news più significative, benché scomode, del mondo in cui viviamo.
Nel cast Édgar Ramírez (Joy, Carlos), Ricky Martin e Darren Criss (Glee), che interpretano rispettivamente Gianni Versace, Antonio D’Amico, il fidanzato dello stilista, e l’assassino Andrew Cunanan. Assente alle interviste a Los Angeles invece Penelope Cruz, la quale si è dichiarata però “molto contenta del lavoro fatto e della qualità dello show, di come Ryan Murphy ha voluto far vedere la figura eroica e fortissima di Donatella”. In Italia American Crime Story: The Assination of Gianni Versace sarà trasmessa in esclusiva su FoxCrime (canale 116 di Sky) il 19 Gennaio.
Edgar, perchè questa storia, questa tua scelta?
Perchè prima di tutto Ryan Murphy è un dio! Volevo lavorare con lui da sempre, da quando la mia carissima amica Sarah Paulson (una delle attrici-feticcio delle serie di Murphy) me ne ha esaltato le qualità. Un attento osservatore del sociale americano, un uomo geniale che per via della propria omossessualità ha sofferto prima di gioire, proprio come Gianni.
Sorpreso della chiamata?
All’inizio sì, poi quando ho visto le foto ho capito. Assomiglio tantissimo a Gianni, sono identico, non ci avevo mai pensato, è bastata una calotta in testa. Abbiamo anche molte cose in comune, storia, tradizioni, famiglia. Sia lui che io veniamo da un background latino, lui meridionale calabrese, io sud-americano venezuelano. Entrambi lavoriamo sotto i riflettori, tra cinema e moda, in un mondo che dovrebbe risaltare e sottolineare la superficialità del nostro carattere, invece nel privato siamo completamente l’opposto. Prendi per esempio il suo marchio, The House of Versace, un universo di esuberanza, edonismo, opulenza…
Invece chi era il vero Gianni?
Nella realtà era il classico uomo italiano: rapporto forte con la madre (interpretata dalla bravissima attrice italiana Francesca Fanti) e tanto amore per la sorella. Nelle sue relazioni era molto intimo, calmo, riflessivo, privato. Era riuscito a mixare la sessualità degli anni ’70 e l’opulenza stilistica degli anni ’90. Basti pensare alla cultura che ha portato: merito suo l’inizio del bling bling su scala globale, l’importanza dei fashion show, delle top model, Casa Casuarina di Miami (ora trasformata in hotel) …. che uomo. E poi vorrei sottolineare l’amore che Gianni ha sempre avuto per Donatella, la vera eroina di questa tragedia greca, colei che ha salvato l’impero Versace. E poi, la cosa più importante, l’amore per il suo uomo, Antonio d’Amico, considerato da tutti un outsider. Era molto protettivo nei suoi confronti.
A Ricky Martin, con il quale possiamo parlare in italiano, ci viene naturale iniziare chiedendo:
Il progetto e il tuo personaggio hanno un significato personale, visto che anche tu per un decennio hai nascosto la tua omosessualità?
Sì e no, artisticamente volevo provare nuove strade, misurarmi nella recitazione e, dopo aver parlato con Ryan, non ho avuto dubbi. Voleva raccontare una storia d’amore, un coming out importante, il primo nel mondo dei VIP, il primo di una persona famosa della comunità gay che, nonostante avesse tutto da perdere, per amore, non ha esitato. Nelle 9 puntate non vedrete un exposè sporco, misero, sensazionalistico di una coppia di omosessuali, ma entrerete nelle pieghe di un amore vero, profondo, un rapporto durato 15 anni.
E il fatto di essere gay ti ha aiutato?
Non il fatto di essere gay, ma di essermi nascosto a tutti sì, mi ha aiutato. Anche loro provavano frustrazione e rabbia nel nascondersi. Pure io, come lui, negli anni ’90 mi nascondevo, avevo paura che se avessi rivelato al mondo intero chi fossi, avrei perso tutto quello che avevo conquistato. Stupido, ero proprio stupido, dovevo farlo anni fa. Queste sensazioni, questa mia maturazione mi hanno aiutato tantissimo a normalizzare un rapporto sia sul set che a casa, tra mio marito e i miei 2 figli.
Con il tuo passato in Italia, la vita a Miami da modello e cantante, ti è mai capitato di incontrare il vero Gianni Versace?
No, perché per contratto ero un uomo Armani, e mai e poi mai avrei potuto avvicinarmi a Versace. Quello che ricordo ancora fu quando l’uccisero, Miami cambiò dall’oggi al domani. Madonna, Stallone, Willis, i VIP di Hollywood smisero di venire qui. Miami divenne una città morta.
La cosa che ti ha sorpreso di più sul set?
La Villa Casa Causarina: quadri, opere d’arte, piscina ricoperta da mosaici d’oro, elegante, architettura, sobrietà nell’opulenza, 15 bagni, 20 stanze, un documento storico di bellezza.
Quali canzoni che sentivate sul set?
Un sacco di Patty Pravo, la preferita di Edgar, tanta Mina, scelta da Darren, che ha una voce magnifica.
Eccoci a Darren Criss, tu interpreti l’assassino Cunanan che ha ucciso Versace sulle scale di casa sua.
Sì, un’immagine che ha fatto il giro del mondo: il corpo di Gianni sulle scale, ripreso e mostrato senza pudore da mille angolazioni. Ha di fatto, insieme ai risvolti personali e narrativi della storia, portato in casa dell’uomo comune la parola omosessualità. Ha aperto una finestra sull’ignoranza e l’odio latenti in America a quel tempo. Questi fattori di omertà, oltre ai dettagli legislativi fra i vari stati, gli avevano permesso di eludere i tentativi della polizia di catturarlo. Fino a quando si è sentito perso e si è suicidato, 8 giorni dopo l’uccisione dello stilista. Ho scelto di interpretare Andrew perché sono un attore, perché ho un legame di stima rispetto e professionalità con Ryan Murphy e perché è un progetto meraviglioso, centrato interamente su …di me, o meglio, sul mio personaggio, sulla sua storia e suoi rapporti con altri uomini.
Su cosa è basata la storia?
La serie si basa interamente sul libro – L’assassinio di Gianni Versace – della giornalista di Vanity Fair Usa Maureen Orth. E non è un libro sensazionalistico: la nostra storia rispecchia esattamente le radici e le spiegazioni “sociali” dell’assassino, la vera American Crime Story. Non vogliamo sottolineare la morte di Gianni Versace, ma l’aspetto socio-politico di Andrew Cunanan e il suo senso di paura, empatia, coraggio. Non era solo uno psicopatico killer che uccideva gente a caso… Andrew ha un passato tragico, fatto di droga, rifiuti, prostituzione, abusi e soprusi.. e poi incontra Gianni e crede che il suo mondo possa cambiare, possa colorarsi di rosa. Invece no. Guardate la serie, ne vedrete delle belle, scoprirete dettagli e personaggi sconosciuti, aspetti del mondo fashion, di Miami, della comunità omosessuale, persino della politica americana del ‘Don’t ask, don’t tell’- Non Chiedere Non Dire – per i militari gay……cose che vi sorprenderanno.