100. Björn Ulvaeus e Benny Andersson
Benny e Björn erano già un duo di cantautori da sei anni quando fecero squadra con le loro fidanzate, Anni-Frid Lyngstad ed Agnetha Fältskog — già pop star svedesi — per formare gli Abba. I due si dedicarono anima e corpo alla creazione di nuove canzoni: comprarono un cottage sull’isola di Viggsö dove potevano dedicarsi a rendere musica e testi il più orecchiabili possibile. «Ogni canzone doveva essere diversa,» disse Andersson nel 2002, «perché, negli anni ’60, è questo che avevano fatto i Beatles. La sfida era non creare un’altra Mamma Mia o Waterloo». I testi di Ulvaeus si fecero sempre più cupi nel corso della carriera degli Abba, pure mentre la band raggiungeva una popolarità così incredibile da essere in grado di rilasciare una collezione di greatest hits di 18 pezzi intitolata semplicemente Number Ones. Dopo la rottura della band, Ulvaeus e Andersson collaborarono in vari musical — incluso Mamma Mia!, musical che racchiude come un jukebox pezzi degli Abba, uno dei successi maggiori nella storia di Broadway.
99. Tom T. Hall
Hall era un laureato in inglese che affermò di aver imparato a scrivere canzoni per osmosi, sorbendo tutto da Dickens a Hemingway. Il suo lavoro migliore era carico di ironia letteraria ma si rivelava con la semplicità del linguaggio parlato, come quando l’eroina in minigonna di Harper Valley P.T.A. entra impettita nella scuola media del posto e porta alla luce l’ipocrisia del piccolo centro chiedendo perché la signora Taylor usi tanto ghiaccio quando suo marito è fuori città. Un successo pop e country assoluto per Jeannie C. Riley nel 1968, diede a Hall la libertà di poter incidere il proprio lavoro, tra cui figuravano canzoni su: seppellire un uomo che gli doveva 40 dollari, piangere la morte dell’eroe del posto che gli aveva insegnato a bere e a suonare la chitarra, e Trip to Hyden, racconto giornalistico del viaggio verso la scena di un disastro in miniera che era un po’ Woody Guthrie, un po’ Studs Turkel. Uno dei cantautori più apertamente politicizzati di Nashville, era un liberale che incise Watergate Blues e fece di una bevuta in un bar dopo la convention dei Democratici del 1972 un pezzo country di enorme successo intitolato Old Dogs, Children and Watermelon Wine. «Non ero in grado di scrivere canzoni del tipo ‘Tesoro, mi hai lasciato solo e triste’ oppure ‘Sono in questo bar ubriaco ed in lacrime’ — Proprio non mi ci raccapezzo,” aveva detto una volta. “E così ho cominciato a scrivere queste canzoni su delle storie».
98. Otis Blackwell
Originario di Brooklyn ed attirato egualmente dall’R&B e dalla musica country (affermando che il suo cantante preferito fosse il pilastro della cultura Western Tex Ritter), Otis Blackwell iniziò la sua carriera con Daddy Rollin’ Stone nel 1953, oggetto di molte cover. Tuttavia non conobbe il successo su larga scala come cantante. “Non faceva per me. Scrivere mi prendeva di più” disse. Quando Elvis Presley incise una delle sue canzoni, il risultato fu l’epocale Don’t Be Cruel del 1956, che fu allo stesso tempo numero uno nelle classifiche pop, R&B e country. In seguito Blackwell diede ad Elvis All Shook Up e Return to Sender, e scrisse un mucchio di successi per altri artisti, tra cui Great Balls of Fire per Jerry Lee Lewis. E sebbene la carriera di cantante di Blackwell non decollò mai, è stato notato che la sua tecnica vocale nelle demo dei pezzi registrati da Presley fu seguita fedelmente dal Re. “Il modo di cantare di Elvis ad un certo tempo [musicale], derivava dall’aver copiato le demo di Otis” disse Doc Pomus, amico di Blackwell. Stranamente, Blackwell e Presley non si incontrarono mai.
97. Taylor Swift
Molti cantanti che scrivono le proprie canzoni arrivano ad un punto dove hanno troppi pezzi di qualità per inserirli tutti in un solo concerto. Taylor Swift ha raggiunto quel punto prima di compiere 21 anni. E da lì non si è mai fermata. È forse l’artista più giovane su questa lista — come avrete forse sentito, è nata nel 1989, l’anno in cui i Green Day rilasciarono il loro primo disco. Eppure ha già scritto un quantitativo di successi che basterebbero per due o tre carriere. “Salve, sono Taylor,” ha detto alla folla durante il suo Red tour. “Scrivo canzoni sui miei sentimenti. Mi dicono che sono ricca di sentimenti.” I primi tre album della Swift mettono in mostra il suo stile country emotivo ma di una creatività fuori dal comune — persino i primi successi come Our Song e Tim McGraw hanno un sound unico. (Soltanto lei poteva inserire il verso “Any snide remarks from my father about your tattoos will be ignored” in una storia d’amore tra adolescenti come Ours). Ma è con i capolavori pop Red e 1989, soprattutto con le ballate a cuore aperto come Clean e All Too Well, che ha imboccato la strada giusta. A questo punto, non ci sono limiti a dove potrebbe arrivare.
96. Timbaland and Missy Elliott
“Se ascolti le mie canzoni, ti raccontano storie,” ha detto Missy Elliott. “Scrivo quasi come se stessi conversando con qualcuno.” Il crogiolo della sua collaborazione con Timbaland fu la Swing Mob, un’ampia costellazione di artisti e produttori che nei primi anni 90s avevano lavorato con DeVante Swing dei Jodeci. Tim e Missy iniziarono a lavorare sodo come un duo di compositori nel 1996, quando lavorarono insieme su gran parte di One in a Million di Aaliyah. Seguì la scalata al successo di Missy con Supa Dupa Fly nel 1997 — un insieme di pezzi forti, arguti e minimalisti solo ad una prima occhiata che si alternavano tra hip-hop, R&B e musica elettronica in uno schiocco di dita — ed un susseguirsi di incisioni che sfondavano le barriere dei generi come Get Ur Freak On e Work It che durò fino ai primi anni 2000. Il duo ha anche firmato successi per altri artisti tra cui Can We delle SWV, Trippin” delle Total e Call Me di Tweet. Missy non rilascia un nuovo album da 10 anni, ma lei e Timbaland hanno fatto capire che qualcosa bolle in pentola.
95. The Bee Gees
L’America ha inizialmente scoperto i Bee Gees con la colonna sonora in stile disco per La Febbre del Sabato Sera nel 1977. Ma quel trionfo dai multipli dischi di platino era solo la punta dell’iceberg: i fratelli australiani Barry, Robin e Maurice Gibb furono cantautori di immane successo per decadi. Elton John li ha definiti “un’enorme influenza su di me come cantautore”; Bono ha detto che il loro repertorio lo fa “sentire male per l’invidia.” I primi successi dei Bee Gees (New York Mining Disaster 1941, To Love Somebody) erano malinconica musica psichedelica, ed il loro primo singolo piazzatosi primo negli Stati Uniti, How Can You Mend a Broken Heart, ricevette subito una cover di Al Green. Ma quando sperimentarono con la musica disco con Jive Talkin nel 1975, la loro carriera ottenne ancora più successo. Oltre ai propri successi (tra cui figurano sei consecutivi primi posti in classifica), i fratelli hanno scritto l’eponima canzone per Grease, Islands in the Stream per Kenny Rogers e Dolly Parton, Guilty per Barbara Streisand, e Emotion per le Destiny’s Child. “Vediamo noi stessi innanzitutto come compositori, che scrivono per sé ed altre persone,” ha detto Robin Gibb.
94. John Prine
Forse è l’estrazione proletaria della sua famiglia oppure gli anni trascorsi a consegnare posta prima di diventare un musicista a tempo pieno. Ma John Prine ha sempre avuto l’abilità innata di catturare con empatia gli alti e bassi e le sporadiche risate degli americani e delle figure ai margini di ogni giorno: il veterano di guerra imbottito di farmaci in Sam Stone, gli anziani che soffrono la solitudine di Angel from Montgomery e Hello in There. Uno di quei cantanti-cantautori dei primi anni ’70 a ricevere la poco felice etichetta di “Nuovo Dylan”, Prine ha scritto canzoni commoventi che trattano di pene d’amore (Speed of the Sound of Loneliness), che ricordano le ballate di montagna di secoli passati (Paradise) e scurrili capolavori di comicità indirizzate a rubriche di consigli e matti vari. “Scrivi una canzone su qualcosa che pensi potrebbe essere un tabù, la canti per gli altri e subito questi ci si riconoscono,” dice Prine. “Lo chiamo pessimismo ottimista. Ammetti tutte quelle cose che non vanno e ne parli nei termini più taglienti, nella maniera più sagace che puoi.”
93. Billie Joe Armstrong
“All’epoca, desideravo solo di poter scrivere canzoni di cui essere orgoglioso e che avrei saputo suonare in cinque anni,” ha detto l’anno scorso Billie Joe Armstrong delle sue intenzioni nella creazione di Dookie, successo pop-punk che nel 1994 ha portato alla gloria i Green Day. Ne furono vendute milioni di copie ed Armstrong — che nell’era di band dai toni più seri come Nirvana e Pearl Jam non ricevette i riconoscimenti che avrebbe meritato come compositore — ha messo insieme uno dei canzonieri più impressionanti degli ultimi 20 anni. La sua ballata acustica del 1996 Good Riddance (Time of Your Life) è diventata una pietra miliare della pop culture; l’ambizione rievocativa dei Who dietro American Idiot del 2004 ha creato una rock-opera che resta una risposta iconica al governo Bush; e la recente trilogia di album dei Green Day, Uno!, Dos!, Tre!, ha evidenziato una totale padronanza di stili che ripercorrono tutta la storia del rock & roll. E Armstrong è un vero punk: è l’intera band ad essere riconosciuta come la compositrice del suo fortunatissimo repertorio.
92. Paul Westerberg
Paul Westerberg non era molto carino verso il suo mestiere (“I hate music/It’s got too many notes,” ha cantato nel primo album dei Replacements nel 1981). Eppure divenne il bardo ufficiale del punk-rock in America negli anni ’80, reclamando stimolanti inni per i perdenti come I Will Dare e Bastards of Young, così come canzoni splendidamente tormentate quali Swinging Party e Here Comes a Regular. Lasciata la scuola quando era al liceo, Westerberg parlava a nome di una nazione di disadattati astuti e che sapevano il fatto loro, spianando la strada a Green Day e Nirvana, entrambi capeggiati da fan dichiarati dei Replacements. “Westerberg poteva andare a tutto spiano cantando Tommy Gets His Tonsils Out o Gary’s Got a Boner, e poi riusciva a passare a Unsatisfied o Sixteen Blue, dice Craig Finn dei Hold Steady. “Ecco pensi che questo tizio sia un mezzo punk ubriaco e poi tutt’a un tratto lui si fa tutto sensibile e vulnerabile. Siccome ti dà un assaggio di entrambi gli estremi, l’impatto è più grande, ti colpisce di più. O più delicatamente, a seconda di come la vedi”. Westerberg ha una spiegazione tutta sua per il suo particolare genio da emarginato: “Quando vedo qualcosa penso l’opposto”, ha detto una volta. “Soffro di dislessia, e l’ho usata come meglio ho potuto.”
91. Eminem
Con un talento per i giochi di parole che può essere tanto strabiliante quanto inquietante, e una predisposizione per incessanti ritornelli-cantilena che fanno pensare che sarebbe stato a suo agio in un cubicolo del Brill Building, Eminem riempie canzoni d’incredibile popolarità con più rime interne e trucchi lirici di chiunque altro nel pop contemporaneo. Il suo primo in classifica più recente, The Monster, contiene distici assurdi come “Straw into gold chump, I will spin/Rumpelstiltskin in a haystack/Maybe I need a straight jacket, face facts”. Come il suo personaggio nel biopic del 2002 8 Mile, Eminem ha sviluppato le sue straordinarie abilità nelle rap battle di Detroit, per poi rifinire le sue rime in studio ascoltando i pezzi molleggiati di Dr. Dre che lo aiutavano a sbizzarrirsi con tutta l’agilità e l’aggressività che desiderava. “Anche da bambino, volevo che rimassero quante più parole possibili”, ha dichiarato Eminem a Rolling Stone. “Metti che veda una parola tipo ‘trascendetalistic tendencies’ (‘tendenze trascendentaliste’ NDT). La scriverei su un pezzo di carta e sotto, metterei in colonna una parola con ogni sillaba: ‘and bend all mystic sentence trees’ (‘e piegare tutti gli alberi di frasi mistiche’ NDT). Anche se [il risultato] non ha senso, è questo genere di esercizio con cui faccio pratica.”
90. Babyface
Kenny “Babyface” Edmonds divenne famoso per la sua collaborazione con Antonio “L.A.” Reid su Don’t Be Cruel di Bobby Brown, rinforzando irrequiete composizioni R&B con duri beat hip-hop, aiutando così la nascita del New Jack Swing. Ma la vera eredità di Edmonds è quella del creatore di ballate riflessive e materiale romantico mid-tempo, mentre la sua solida carriera di cantante viene spesso messa in ombra dal grande successo che ha permesso di raggiungere ad altri artisti: End of the Road, che ha scritto per i Boyz II Men, stabilì un nuovo record con 13 settimane consecutive al primo posto nella Billboard Hot 100. Edmonds ha detto, “Non mi presento già con le canzoni. Parlo con l’artista e scopro di quali cose gli va a genio cantare o meno”. Questa tecnica l’ha aiutato a sviluppare un dono senza pari nel creare testi ed atmosfera su misura per un certo cantante, specialmente per certe cantanti. È difficile immaginare chiunque se non Whitney Houston a dare forma a Exhale (Shoop Shoop), o Mary J. Blige a far sentire la propria voce con Not Gon’ Cry, o Toni Braxton a prestare l’indispensabile accento seducente alle svariate canzoni che Edmonds ha scritto per lei negli ultimi 25 anni.
89. Felice and Boudleaux Bryant
C’è voluta una squadra composta da marito e moglie — sposati per più di quarant’anni e divisi solo dalla morte — per scrivere una delle storie di cuori infranti più devastanti del rock: Love Hurts. Inizialmente incisa nel 1960 dagli Everly Brothers — per cui i Byrant avevano scritto una serie di successi, ciascuno un succinto romanzo di desideri e difficoltà adolescenziali — e resa iconica da Roy Orbison, divenne una delle pietre miliari dell’alt-country quando Gram Parsons ne fece una cover nel 1974, ed un anno dopo fu trasformata in una power ballad pionieristica dalla hard rock band Nazareth originaria del Regno Unito, che portò la canzone all’ottavo posto della Billboard Hot 100. Il successo per i Bryant giunse quando gli Everly decisero di utilizzare una composizione che era stata rifiutata più di 30 volte, Bye Bye Love, che arrivò seconda nelle classifiche. Wake Up Little Susie seguì a breve, e raggiunse la cima della classifica, come fu per All I Have to Do Is Dream, inoltre il loro variegato repertorio includeva canzoni che utilizzavano archi, come Raining in My Heart di Buddy Holly, o il banjo, come Rocky Top, resa pietra miliare del bluegrass dagli Osborne Brothers nel 1967. “Scegliete qualcosa che dia più certezze, come dare la caccia alla balena bianca o eliminare una comune mosca domestica,” disse una volta Boudleaux del comporre canzoni per mestiere. “Non avevamo dalla nostra consigli saggi come questo. . . Ce l’abbiamo fatta. A volte è meglio essere ignoranti.”
88. Barry Mann and Cynthia Weill
Mann e Weil si incontrarono nel 1960 presso l’editore musicale Aldon Music, si sposarono nel 1961 e vivono e lavorano insieme da allora. Le loro canzoni sulla lotta e il trionfo portarono la coscienza di classe nel pop della Brill Building, tramite successi come On Broadway per i Drifters, Uptown per le Crystals, e We Gotta Get Out of the Place per gli Animals, ma sono maggiormente conosciuti per You’ve Lost That Lovin’ Feelin’ dei Righteous Brothers. Unici tra i loro colleghi, non si fermarono mai, scrivendo il pezzo di successo del 1986 Somewhere Out There di Linda Ronstadt e James Ingram e il singolo degli Hanson del 1997 che entrò nella top ten I Will Come to You. Mann aveva anche una carriera come cantante, in cui rientra il suo successo da top ten del 1961 Who Put the Bomp (In the Bomp, Bomp, Bomp) in cui parla del mestiere di compositore; nel 2015, Weil ha pubblicato un romanzo per young adults, I’m Glad I Did, sull’essere un cantautore negli anni ’60.
87. Kris Kristofferson
“Tutto quello che ho scritto è un tentativo di emulare i migliori compositori che conoscevo,” disse una volta Kristofferson, facendo i nomi di parolieri come Hank Williams Jr. e Johnny Cash. Ma Kristofferson non li ha solo succeduti. Un tempo studente presso l’università di Rhodes, ha scritto canzoni — Sunday Morning Comin’ Down, Help Me Make It Through the Night, Why Me, Me and Bobby McGee — ispirate in parti uguali da Nashville e il mondo di cantanti e cantautori influenzati da Dylan. Grazie alle sue doti letterarie, le tristi storie di errori, sbornie, rimpianti e redenzioni di Kristofferson possedevano l’aura epocale di romanzi brevi, e senza di lui, probabilmente non ci sarebbero stati Steve Earle, Sturgill Simpson o altri hippy della musica country. “Per me, la musica country, a differenza di Tin Pan Alley, era la musica soul dell’uomo bianco,” disse. “Non ho mai pensato che le mie canzoni fossero minimamente differenti da quello che Willie Nelson scriveva.”
86. Sam Cooke
Sin dall’inizio, Sam Cooke sapeva come scrivere le canzoni che la gente voleva sentire Sam Cooke cantare — il suo primissimo singolo pop, You Send Me, era la perfetta esibizione dei suoi melismi, semplicemente splendidi, e del suo fascino alla mano. La determinazione di Cooke a conquistare il pubblico bianco mainstream lo portò ad allargare il suo range di compositore, e si dimostrò ugualmente abile con il romanticissimo pop di Cupid, il sofisticato esercizio da pista da ballo Twistin’ the Night Away e la discreta critica sociale di Chain Gang. Ma l’aver ascoltato Blowin’ in the Wind di Bob Dylan suscitò un’ambizione diversa in Cooke — il bisogno di scrivere qualcosa che parlasse in maniera più diretta della sua esperienza di uomo di colore in America. Il risultato fu A Change Is Gonna Come, un’altissima sintesi della sofferta questione afroamericana. Cooke, morto nel 1964, non poté vederla diventare un inno ai diritti civili inciso da Otis Redding, Aretha Franklin e Beyoncé, né poté sentire il primo presidente afroamericano citarla la notte della sua elezione.
85. R.E.M.
Che si tratti di uno svelto, preciso motivo alla chitarra come Sitting Still o una ballata luminosa come Nightswimming o un tortuoso, eccentrico successo pop come Stand, i riconoscimenti per la composizione di una canzone dell’età d’oro dei R.E.M. andavano sempre a Berry, Mills, Buck, Stipe. I runs fluidi ed arpeggiati ed i riff a raggiera della chitarra di Peter Buck si intrecciavano alla melodica linea del basso di Mike Mills e all’altrettanto musicale batteria di Bill Berry, creando un accompagnamento evocativo per i testi impressionistici di Michael Stipe. “Se ascolto qualcosa che mi ricorda l’acqua scriverò I’ll Take the Rain“, ha detto una volta Stipe. “A volte [il processo] può essere stupidamente letterale”. L’intero processo di composizione dei R.E.M. cambiò leggermente quando Berry lasciò la band a metà anni ’90, con Mills e Buck che scrivevano per conto proprio con più frequenza. Eppure lo stesso scambio organico domina anche gli album successivi. Come Mills ha detto nel 2008, “trasformiamo lentamente le canzoni di ciascuno nella canzoni dei R.E.M.”
84. Kanye West
L’artista hip-hop definitivo degli ultimi 15 anni, Kanye West si è fatto un nome come produttore con il ritmo per The Blueprint di Jay Z che usa un sampling dei Doors and emerged as an unquenchably driven song machine releasing groundbreaking music at a Beatlesque clip. Kanye non ha paura di fare outsourcing (il rapper di Chicago Rhymefest ha scritto con lui il testo per il suo primo successo che cambiò tutto, Jesus Walks, e i riconoscimenti dei suoi albumi spesso sembrano veri e propri workshop di produzione). Eppure, il suo marchio è inconfondibile — un genio nel connettere generi e stili, un talento nel tirar fuori vanti olimpici ed un’abilità nel rendere affascinanti le sue ammissioni da megalomane e le sue contraddizioni. West afferma di non aver mai messo su carta i suoi testi prima di aver assunto un atteggiamento più professionale con My Beautiful Dark Twisted Fantasy, ambizioso in modo monumentale, nel 2010. “Sono in grado di comporre qualcosa che, persino qualcuno che mi odia da morire dovrà rispettare ed amare la canzone,” ha detto. West ci ha dato l’esplosivo industrial punk New Slaves, le tristi ballate in vocoder dell’album 808s & Heartbreak del 2008 (che spianarono la strada all’hip hop introspettivo di J. Cole e Drake) e, quest’anno, la tormentosa collaborazione con Paul McCartney Only You. “Quando componevo con John, lui si sedeva con una chitarra. Io mi sedevo. Facevamo avanti e indietro fino a quando non avevamo una canzone,” ha detto McCartney. “Era così [con Kanye].”
83. Nicholas Ashford and Valerie Simpson
Le cooperazioni di due compositori sposati sono tutt’altro che rare, ma poche squadre formate da marito e moglie hanno esplorato le dinamiche della monogamia con la profondità e l’attenzione di Nick Ashford e Valerie Simpson. A portarli al successo fu nel 1966 il classico festaiolo di Ray Charles Let’s Go Get Stoned, ma una volta che il duo cominciò a lavorare per la Motown, l’amore romantico divenne il loro solo argomento. (“Se non scrivo d’amore mi annoio,” disse una volta Ashford. “La politica o la critica sociale non mi ispirano. L’amore mi mette di buon umore.”) I duetti che scrissero per la Motown, tra cui Ain’t No Mountain High Enough e Ain’t Nothing Like the Real Thing, intrecciavano le prospettive di uomo e donna per rafforzarne la portata emotiva. In seguito, Ashford e Simpson svilupparono ulteriormente questa tecnica durante la loro carriera come cantanti, esprimendo dubbi in Is It Still Good to Ya e certezze in Sold (as a Rock) con uguale genialità.
82. Marvin Gaye
Nel 1983, un anno prima della sua morte, Marvin Gaye disse che l’obiettivo della musica era quello di “parlare al mondo e alle persone dell’olocausto che verrà e trovare tutti coloro che, possedendo una coscienza più elevata, possono essere salvati.” Inizialmente, tuttavia, gli ci vollero anni prima che gli fosse possibile esplorare questa sua visione sacra. La Motown era zeppa di compositori di talento al punto che Gaye passo gran parte degli anni ’60 a cantare le canzoni di altri. Trovò il suo stile come compositore negli anni ’70 quando Obie Benson, membro dei Four Tops, gli presentò l’idea per una canzone che si sarebbe poi evoluta in What’s Going On.” Secondo i ricordi di Benson, “aggiunse alcuni elementi che erano più ghetto, più naturali, che la fecero sembrare più una storia che una canzone. Gli prendemmo le misure per il vestito, e lui se lo confezionò su misura.” Ma il talento più grande di Gaye fu forse l’aver fatto delle avances esplicite un’arte — che si trattasse di fare una proposta diretta e giocosa con Let’s Get It On del 1973 o di ammettere il suo bisogno disperato, quasi metafisico, con Sexual Healing del 1982.
81. Björk
La più grande esportazione musicale dell’Islanda ha scritto un canzoniere così legato al suo inglese accentato e ai visionari arrangiamenti ritmici senza pari, che è facile dimenticare che compositrice da paura lei sia. Eppure c’è un motivo se musicisti jazz d’avanguardia — Jason Moran, Robert Glasper, Dave Douglas, Greg Osby — continuano a creare cover dei suoi pezzi, senza parlare di altri artisti come Thom Yorke, Bon Iver, i Death Cab for Cutie, i Dirty Projectors, i No Age ed altri. Come Björk ha detto nel 2007, “Credo di essere abbastanza conservatrice riguardo alla potenza delle melodie. Cerco di non inciderle [quando] le sento la prima volta. Se dimentico tutto e poi mi torna in mente dopo un po’, so che va bene. Lascio che sia il mio subconscio a fare le revisioni per me.” Dai frizzanti toni disco di Debut nel 1993 al tetramente magnifico Vulnicura del 2105, questo metodo non ha ancora fallito.
80. R. Kelly
Il curriculum accumulato in 25 anni dal volubile cantante-compositore-produttore non ha bisogno di abbellimenti: ha scritto per conto proprio e con altri 30 singoli R&B da top 20 per sé o con il gruppo di Chicago Public Announcement, collaborazioni degne della cima delle classifiche per Puff Daddy, Sparkle e Kelly Price; e la prima canzone in assoluto a debuttare al primo posto nella classifica Hot 100, You Are Not Alone di Michael Jackson. Le sue ballate volano più in alto di quelle di chiunque altro, i suoi pezzi sul sesso in principio erano osé in modo negativo (Bump N’ Grind nel 1993) e divennero poi surreali in modo evocativo (Sex in the Kitchen del 2005 e, naturalmente, le 30 parti di Trapped in the Closet). “Il mio talento va oltre le canzoni a sfondo sessuale,” ha detto l’unico uomo ad aver scritto per Notorious B.I.G. e Celine Dion. “C’è stato un tempo in cui desideravo disperatamente che il mondo sapesse che non ero confinato da nessuna categoria. Il mio obiettivo nella vita era raggiungere quel successo dove la gente dice, “Ehi, quel tizio può fare di tutto. È l’Evel Knievel della musica. Sta saltando su 15 pullman!'”
79. Lucinda Williams
Allevata nella Louisiana, Lucinda Williams crebbe ascoltando Hank Williams e leggendo Flannery O’Connor ed emerse a fine anni ’80 come la grande compositrice meridionale della sua generazione. Tuttavia, a differenza di altri artisti con una vena letteraria, si concentra su dettagli sensuali con la stessa intensità che riserva a scene ed immagini proprie di una scrittrice. Pochi compositori usano ripetizioni con la stessa abilità di Williams: in I Just Wanted to See You So Bad del 1988, portò all’apice il motivo sessuale della canzone ripetendo il titolo ogni due versi, e il pezzo eponimo tratto dal capolavoro del 1998 Car Wheels on a Gravel Road cattura i particolari ritmi dei ricordi d’infanzia ripetendo il titolo alla fine di ciascuna strofa. Williams ha appreso il suo essere coincisa da suo padre, il poeta Miller Williams. “Papà sottolineava l’importanza di fare economia quando si scrive,” ha affermato. “Ripulisci, correggi, correggi, rivedi!”
78. Curtis Mayfield
In un’epoca in cui la maggior parte dei compositori trattavano ancora di amore e cuori infranti, Curtis Mayfield scriveva epistole sui diritti civili come Keep on Pushing del 1964 e People Get Ready del 1965 (quest’ultima favorita da Martin Luther King). Come leader degli Impressions, l’atteggiamento mite di Mayfield si addiceva al suo agile registro da tenore ed al suo modo controllato eppure espansivo di suonare la chitarra che influenzò Little Wing di Jimi Hendrix, altro veterano del chitlin’ circuit. Mantenne il suo empatico tocco leggero anche quando passo ai realistici racconti di strada della colonna sonora per Superfly nel 1973. Oltre ai successi per sé e gli Impressions, la musica di Mayfield produsse in abbondanza canzoni da top ten per generazioni di artisti, tra cui Gladys Knight and the Pips (On and On), degli Staple Singers (Let’s Do It Again), Tony Orlando & Dawn (He Don’t Love You [Like I Love You]) ed En Vogue (Giving Him Something He Can Feel). “Ogni cosa era una canzone,” ha detto Mayfield nel 1994. “Ogni conversazione, ogni dolore personale, ogni volta che vedevo persone ansiose, felici, innamorate… Se era qualcosa che si poteva sentire, io lo sentivo. E ci scrivevo una canzone sopra. Se hai una buona immaginazione, puoi andare molto lontano.”
77. Allen Toussaint
Nessuno combinò le realtà commerciali del pop con la magia profonda del blues meglio di Toussaint in canzoni come Lipstick Traces (on a Cigarette), Ride Your Pony o Fortune Teller (di cui realizzarono una cover gli Stones, i Who e un mucchio di altri British Invaders). Lavorando come scrittore e compositore per Irma Thomas (Ruler of My Heart, o Pain in My Heart quando Otis Redding la riprese), Benny Spellman (Mother in Law), Lee Dorsey (Working in a Coal Mine) e Aaron Neville (Hercules), contribuì a definire il sound della città che contribuì a definire il sound del rock & roll: New Orleans. “Ci sono degli ingredienti che condividiamo,” disse una volta Toussaint del particolare mix di tradizioni ritmiche e melodiche di New Orleans. “La parata della Second Line. La sincope. Lo humor. . .Ci mettiamo di più a raggiungere il futuro rispetto a qualsiasi altro luogo in… Così abbiamo custodito quel fascino del mondo di una volta più a lungo.”
76. Loretta Lynn
Se ciò che è personale è politico, Loretta Lynn era la casareccia rivoluzionaria femminista di Nashville. «Guardavo i canzonieri e pensavo che chiunque avrebbe potuto farlo,» disse all’American Songwriter, «così ho iniziato a scrivere». Lynn era anche una chitarrista autodidatta, le cui prime canzoni erano in chiavi di rado utilizzate dai veterani delle sessioni musicali di Nashville. È sempre stata più orgogliosa delle sue composizioni che del suo canto energico, e buona parte del materiale per i testi di quei 16 pezzi country che raggiunsero l’apice delle classifiche venne ripreso dal suo difficile matrimonio con Oliver “Doolittle” Lynn, il cui alcolismo e la cui infedeltà ispirarono commedie drammatiche come Don’t Come Home a-Drinkin’ (With Lovin’ on Your Mind). «Dovevo avere una ragione autentica per scrivere una canzone,» disse Lynn. «Le basavo su cose reali». Queste includevano i benefici della contraccezione (The Pill) e le difficoltà di chi divorzia (Rated X), bandite da molte stazioni country, esse ottennero comunque grosse vendite.
75. Isaac Hayes and David Porter
«David mi avvicinò con l’intenzione di vendermi una polizza assicurativa,» Isaac Hayes ricorda il suo primo incontro con l’uomo che sarebbe diventato il suo co-compositore — sebbene Porter abbia negato con veemenza l’aneddoto. Assicurazione o meno, divennero una duo di compositori per la Stax Records, e la loro collaborazione produsse 30 successi R&B tra il 1966 ed il 1971. (Talvolta Hayes suonava la tastiera per canzoni che avevano scritto insieme, oppure Porter faceva da corista). In particolare sono stati autori di Sam and Dave, scrivendogli Soul Man, I Thank You, Hold On! I’m Comin’ ed altri classici duetti.
La squadra si sciolse quando Hayes divenne una star del soul grazie al proprio talento, ma furono introdotti nel Songwriters Hall of Fame insieme nel 2005, tre anni prima della morte di Hayes. «Non avevamo un metodo prestabilito e ciascuno semplicemente s’inventava melodie, testi, e agganci e sequenze», ha detto Porter, descrivendo un processo che era riuscito a produrre una ballata che ti cambia la vita come When Something Is Wrong With My Baby in soli 15 minuti. «Non sono un musicista ma riuscii a relazionarmi ad Isaac, eravamo in grado di comunicare tra noi».