Non solo ‘The Irishman’: il ringiovanimento digitale al cinema
Robert De Niro e Al Pacino in The Irishman (2019)
Si sta parlando parecchio della decisione di Scorsese di usare gli effetti digitali per alterare l’aspetto dei suoi protagonisti: c’è chi sostiene che distragga, chi paragona il risultato a una plastica facciale. Pare che De Niro abbia detto al responsabile della tecnologia: «Mi hai appena dato altri trent’anni di carriera». Dopo The Irishman e Gemini Man, quella del ringiovanimento digitale è una tecnica che vedremo sempre più spesso al cinema. Ma che è già stata usata in passato, con esiti ancora non paragonabili, in diversi film.
Will Smith in Gemini Man (2019)
Will Smith, 51 anni, combatte contro il suo doppio 23enne che in realtà è stato letteralmente creato da zero. È un bel trucchetto per alcune scene. Poi l’effetto novità svanisce e inizi a notare che il giovane Will sembra fatto di gomma e che la trama è una noia. Ang Lee si è lasciato prendere la mano, ma un upgrade high-tech non corrisponde sempre a un miglioramento.
Samuel L. Jackson in Captain Marvel (2019)
Captain Marvel torna sulla Terra per recuperare la memoria e incontra il capo dello S.H.I.E.L.D Nick Fury, che ha ancora entrambi gli occhi. Anche se un pochino inquietante, il ringiovanimento digitale su Samuel L. Jackson funziona perché la sua interpretazione è divertente, soprattutto quando ha a che fare con il gatto Goose, che è la vera star del film.
Michelle Pfeiffer in Ant-Man and the Wasp (2018 )
La scena è un addio carico di emotività in cui il personaggio della Pfeiffer deve salutare la figlia e, nonostante le tante sfumature espressive e il primo piano spinto, sembra di viaggiare nel tempo e di rivedere Michelle ai tempi di Batman – Il ritorno.
Johnny Depp in Pirati dei Caraibi – La Vendetta di Salazar (2017)
Per mostrare come Jack Sparrow sia diventato capitano, condannando il Salazar di Javier Bardem, il quinto capitolo dei Pirati ringiovanisce Depp: a primo impatto sembra di vedere il Johnny di 21 Jump Street, ma quando apre la bocca, la magia si dissolve.
Kurt Russell in Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017)
Capello rigorosamente anni ’80, sorrisone naturale e realistico, Kurt Russell torna indietro nel tempo per raccontare come il suo personaggio, Ego, il padre di Peter Quill che poi si rivelerà essere il cattivo, ha corteggiato sua madre.
Carrie Fisher in Rogue One (2016)
Carrie Fisher adorava quest’apparizione: alla fine del film, la sua principessa Leia si volta a favore di telecamera e pronuncia una sola battuta – “Speranza” –. L’attrice sarebbe morta poche settimane dopo l’uscita. E questo ha reso il suo cameo memorabile.
Anthony Hopkins in Westworld (2016)
Anche le serie tv ci provano, almeno quelle che hanno un budget adeguato. Per svelare uno dei tanti misteri celati dietro Westworld, ecco un flashback con Hopkins (o meglio il dottor Ford) ringiovanito di almeno una quarantina d'anni.
Robert Downey Jr. in Avengers: Civil War (2016)
Per mostrare l’ultimo incontro di Stark con i suoi genitori prima della loro morte, la Marvel usa il ringiovanimento e si prepara anche un paracadute: l’evocazione del ricordo avviene tramite una tecnologia sperimentale di Tony. Così, giusto per non rischiare.
Arnold Schwarzenegger in Terminator Genisys (2015)
Il film è terribile, nonostante gli effetti all’avanguardia che fanno tornare Arnold ai tempi del Terminator di Cameron: la cosa funziona meglio finché ci si affida a materiale del film originale con ritocchi in CGI. Nei fotogrammi nuovi invece Schwarzy è decisamente più robotico.
Brad Pitt nel Curioso Caso di Benjamin Button (2008)
Quello su Brad Pitt nei panni di Benjamin Button, l’uomo che nasce vecchio e muore giovane, è uno dei primi esperimenti (risale al 2008), ma resta uno dei più potenti esempi di come usare bene questa tecnologia: solo David Fincher poteva rischiare tanto. Premio Oscar per gli effetti speciali e inizio di una rivoluzione.
Patrick Stewart e Ian McKellen in X-Men – Conflitto finale (2006)
Professor X e Magneto vanno a trovare una giovane Jean Gray, ma l’inquadratura sui volti di Stewart e McKellen è talmente prolungata e ravvicinata, che il lavoro digitale cancella la pelle degli attori. Meglio le statue di cera.
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