Un decennio bifronte, tra i più enigmatici nella storia recente del nostro Paese. Seguendo l’onda luccicante della decade precedente, gli anni ’90 italiani segnavano l’esplosione della classe media, tra le boutique con i primi cellulari, in vacanza in Riviera, sognando Ibiza, rincorrendo un’ideale dorato che, tra calciatori e veline, qualcuno avrebbe ripreso per farne un programma elettorale con cui cambiare la storia politica futura. Anni caleidoscopici e contraddittori, che dalle Notti Magiche del Mondiale sfondavano nello scandalo di Mani Pulite, anni in cui la frenesia per l’Europa unita o per l’arrivo della navicella World Wide Web potevano mutare all’improvviso nel terrore Millennium Bug.
Nella musica, invece, gli anni ’90 significarono la standardizzazione definitiva della hit, ormai non più figlia del talento cantautorale del singolo ma frutto di un calcolo scientificamente determinato. L’industria musicale si andava trasformando letteralmente in un’industria, abbracciando il business dell’artista one-hit wonder, proliferati come funghi durante il decennio, con il mercato discografico che si specchiava in un gigante ormai inattaccabile, ignaro dello scantinato oltreoceano da cui Shawn Fanning e Sean Parker avrebbero scagliato il loro dardo avvelenato a fine millennio. Un decennio di singoli da battaglia, trascinati dal neonato MTV dentro un oceano da milioni di copie vendute, un mare indefinibile da cui abbiamo pescato cinque brani tra i più rappresentativi per raccontare degli anni in cui, caduto il Muro e lo spauracchio sovietico, sembrava che il peggio fosse passato per sempre.
“Un’estate italiana” di Gianna Nannini e Edoardo Bennato (1990)
L’estate del decennio dorato parte come meglio non poteva, il Mondiale che torna in Italia dopo più di 50 anni e una Nazionale fortissima: Zenga, Baresi, Schillaci, Vialli, l’enfant prodige Baggio, si può tornare a vincere a soli 8 anni dall’ultima volta. Non andrà così, l’Argentina di Maradona spezzerà il sogno delle notti magiche, ma non la fortuna del suo inno, Un’estate italiana, cantato dalla coppia Nannini – Bennato. Infatti, non ce ne vogliano Pooh, Negramaro o Checco Zalone, ma la canzone azzurra per antonomasia rimane e rimarrà questa. Scritta da Moroder, Un’estate italiana è stato l’ultimo 45 giri a raggiungere la vetta delle classifiche prima dell’addio al formato, un impatto sull’Italia pallonara talmente indelebile che sarà proprio questo brano a risuonare in un’altra notte magica, a Berlino, dopo la vittoria della Coppa nel 2006.
Best lyrics: Notti magiche/ inseguendo un goal/ sotto il cielo di un’estate italiana
“Mare Mare” di Luca Carboni (1992)
Ci mette poco Carboni, con la sua moto, ad arrivare al mare, in poco più di un’ora con la A14 sei arrivato a Riccione. Eppure questo tormentone atipico, nonostante il trionfo al Festivalbar ’92, racconta di altro, di una rincorsa verso un sogno, o una donna, che non si presenterà all’appuntamento. Il viaggio, tuttavia, sembra un pretesto, “per non annegare”, per fuggire da Bologna e dai suoi vicoli dolciastri già ritratti in Silvia lo sai, una rincorsa che finisce peggio di come era partita: ci sono le ragazze del mare, Luca vorrebbe abbracciarle tutte, ma non c’è niente da fare, l’oscurità e il disagio sono bestie troppo grandi. “Cosa son venuto a fare”, canta Luca, rimasto solo, “Poi lo so, che torno sempre a naufragare qui”.
Best lyrics: Le ragazze che sghignazzano/ E mi fan sentire solo/ Sì ma cosa son venuto a fare/ Ho già un sonno da morire
“Nord sud ovest est” di 883 (1993)
Alfiere dell’album più venduto del 1993, il tormentone by Pezzali rappresenta il non plus ultra del suo autore. La voce della provincia lombarda che sogna l’America, questa volta sulla sella di un cavallo e non di una Harley. Fiaba scandita da trombette mariachi plastificate e melodie ultras sul ritornello – formato standard di tutta la produzione pezzaliana – Nord sud ovest est nasconde ai più il suo volto escatologico, la ricerca di un significato o di un destino che non si realizzerà mai. Il viaggio mistico raccontato da Max lo porterà innanzi a un cantinero, un gringo, un caballero e uno stregone – Jim Morrison da Pavia – ma la via continuerà a replicarsi su se stessa, verso nord, sud, ovest, est. Un gioco nichilista che segnerà la fine del sodalizio con Repetto, verso i giorni da solista in cui rimpiangere l’innocenza perduta, gli anni di Happy Days e Dylan Dog da cantare alle cene liceali 20 anni dopo, grassi, tristi e calvi.
Best lyrics: Lancio qualche peso al cantinero/ Che non parla mai/ accanto a me c’è un gringo, uno straniero/ mi chiede “Man, dove vai?”
“The rhythm of the night” di Corona (1995)
Il ‘ridacci la gioconda’ dei tormentoni, orgoglio italiano sbattuto in faccia a chi, erroneamente, identifica questa hit con l’esotismo sfrontato di Olga Maria De Souza. La verità dietro IL tormentone per eccellenza, infatti, illumina il dualismo tra l’ingegno di Lee Marrow – ovvero il produttore Francesco Checco Bontempi – e i muscoli di Jenny B, vera voce del brano, quasi che con De Souza si riproponesse il binomio Tom Hooker/Den Harrow. Nonostante gli invidiosi abbiano sempre cercato di evidenziare il plagio da Save Me delle Say When, The Rythm Of The Night rimane un pilastro dell’eurodance, tassello imprescindibile per ogni dj set cafone che si rispetti, nei secoli dei secoli, amen.
Best lyrics: Won’t you teach me how to love learn/ There’ll be nothing left for me to yearn/ Think of me burn and let me hold your hand
“50 Special” di Lùnapop (1999)
Per chi c’era, e chi se lo ricorda, il 27 maggio del 1999 rappresenta il calcio d’inizio per quello che sarebbe stato ricordato come un fenomeno irripetibile. Cinque “sbarbi”, come si dice a Bologna, che con qualche accordo in maggiore e una accozzaglia di luoghi comuni sulla loro città natale infrangono le classifiche. Un singolo d’esordio che si trasforma in un goal da centrocampo per presentare …Squérez?, l’unico disco nell’almanacco Lùnapop, e album più venduto da una band nella storia italiana, record che tutt’ora resiste implacabile nell’era in cui le classifiche Fimi vengono farcite dagli streaming. Ma, lo sappiamo, la gloria nasconde sempre il lato oscuro della medaglia, e se 50 Special cambiò la vita a Cremonini e soci, la storia vuole che la fama improvvisa abbia portato i “regaz” a fratture inconciliabili, condannando poi il suo autore all’etichetta decennale “quello della Vespa”. Vent’anni dopo la prima epifania, Cremonini è ormai uno dei pesi massimi della scena italiana, 50 Special non è più un’onta di cui vergognarsi ma uno dei brani simbolo dello spirito più cazzaro dei 90’s, inno fondamentale di ogni festa universitaria, ben oltre i confini dell’Alma Mater.
Best lyrics: La scuola non va/ Ma una Vespa, una donna non ho/ Ho una Vespa domenica è già/ E una Vespa mi porterà/ Fuori città