I giapponesi non sono fortunatissimi con l’organizzazione delle Olimpiadi. Inizialmente, la prima edizione dei Giochi in Sol Levante avrebbe dovuto tenersi nel 1940, ma la seconda guerra sino-giapponese costrinse l’organizzazione a riassegnarli a Helsinki. La prima edizione si tenne quindi nel 1964 dove comparvero sport come il judo e la pallavolo femminile (tenetelo a mente, è importante in questo articolo). A ottant’anni da quelle Olimpiadi riassegnate, era prevista l’edizione di Tokyo 2020, ma sappiamo tutti come è andata: è il 2021 e in TV guardiamo la cerimonia d’apertura dove svetta un anacronistico doppio venti. In mezzo una pandemia globale che non sembra nemmeno lontanamente risolta, i primi casi di covid tra gli atleti e le polemiche interne al paese su un’edizione quanto mai non voluta.
Questo assurdo rapporto tra Giappone e Olimpiadi è raccontato con maggiore dovizia da Fabio Bartoli in Anime e sport (Tunué, 2021), un saggio che non è solo un instant book sulle Olimpiadi, ma un viaggio all’interno della cultura giapponese attraverso gli anime, i cartoni animati giapponesi. Proprio in quest’ultimo periodo, tra l’altro, è in atto una polemica in Giappone per l’utilizzo dei personaggi più famosi degli anime per pubblicizzare i Giochi, una scelta non proprio in linea con il volere della popolazione locale che lotta quotidianamente contro la pandemia. All’interno del suo lavoro però Bartoli ci racconta il legame tra gli anime sportivi e i Giochi, portandoci davanti a fondamentali concetti della cultura e dell’etica nipponica come magokoro (cuore puro), supotsudō (lo sport come via), konjō (tenacia). Un modo di conoscere il Giappone attraverso la sua rappresentazione di se stesso.
Con l’ausilio del saggio di Bartoli abbiamo deciso di consigliarvi i cinque titoli che raccontano al meglio il rapporto del Giappone con i Giochi, un modo per approcciarsi a queste settimane olimpioniche con un sprint in più.
Attack No.1 (Mimì e la nazionale di pallavolo)
Ad appena cinque anni dalle Olimpiadi di Tokyo del 1964, sull’entusiasmo e il clamore delle ‘streghe d’Oriente’, la nazionale giapponese femminile di pallavolo in grado di vincere la medaglia d’oro ai giochi di casa, Attack No.1 (qui come Mimì e la nazionale di pallavolo) è il primo anime sportivo a legarsi al mondo dei giochi olimpici, nonché il primo pensato per il pubblico femminile (shōjo). Ideato da Ikki Kajiwara, padre del genere spokon (il genere manga e anime sportivo), Attack No.1 è figlio “dell’etica del sacrificio assoluto e della completa dedizione all’idea da raggiungere”, come scrive Bartoli, la serie mostra la protagonista (Kozue / Mimì) impegnata in allenamenti strazianti, nel tracciato che rese celebri le ‘streghe d’Oriente’: allenamenti in fabbrica dopo il lavoro, nessuna sosta, ripetizione ossessiva degli allenamenti. La serie si concluderà con Kozue pronta per le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972. Ce l’avrà fatta ad arrivarci sana e salva? Non ci è dato sapere.
Attacker You – Mila e Shiro – due cuori nella pallavolo
Attacker You, conosciuto da queste parti come Mila e Shiro – due cuori nella pallavolo, è la storia di Mila, una ragazza giapponese che seguiamo nel suo tentativo di affermarsi come campionessa di pallavolo per rappresentare la propria nazione alle Olimpiadi di Seul del 1988. Tra inquadrature ‘di troppo’ nei camerini della squadra e qualche violenza psicologica degli allenatori, la scena è rubata dall’amore singhiozzato tra Mila e Shiro capace di segnare generazioni. Vent’anni dopo, nel 2008, è stato realizzato New Attacker You (in Italia, Mila e Shiro – il sogno continua) dove Mila – che non è invecchiata né nel talento né nell’età – lotterà per prendere parte alle Olimpiadi di Pechino 2008. Sempre sul pezzo la nostra Mila, forever young.
Hikari no Densetsu – La leggenda di Hilary
Forse l’idea di un’anime sulla ginnastica artistica non suona proprio come un’avventura avvincente, ma La leggenda di Hikari (in Italia, Hilary) è una storia di sport, musica e triangoli amorosi, tutto l’indispensabile per un teen drama giapponese. C’è la campionessa malata di anemia, il bello e impossibile, il cantante rock, la giovane promessa. In mezzo a questa confusione la serie arriva alle Olimpiadi di Seoul dove la nostra Hilary, nella sua ultima esibizione, si esibirà sulle note di Un dì all’azzurro spazio, tratta dall’opera Andrea Chénier di Umberto Giordano. L’anime ci lascia con tanti punti interrogativi. Hilary vincerà o verrà squalificata? Incontrerà Mila di Attacker You, anche lei presente ai giochi, per un crossover insensato? E – soprattutto – come hanno fatto a cambiare il nome di Natsukawa in Federico?
Captain Tsubasa Rising Sun – Holly & Benji
Entrato nell’immaginario collettivo per i suoi campi infiniti, i palloni ovali e le porte con i pali quadrati, Captain Tsubasa (Holly & Benji, l’avrete capito) continua ad essere scritto e pubblicato con frequenza costante. Negli ultimi quindici anni, il manga è entrato nell’orbita olimpica con due serie, Captain Tsubasa Golden 23, 12 volumi tambōkon dedicati alle qualifiche per delle fittizie Olimpiadi di Madrid, e Captain Tsubasa Rising Sun, ancora in pubblicazione, che invece racconta l’avventura del Giappone all’interno delle stesse olimpiadi. Un piccolo ripasso per chi si è perso le ultime novità del calciomercato: Tsubasa / Holly gioca nel Barcellona, Kojiro / Mark Landers è alla Reggiana, in prestito dalla Juventus, mentre Genzo / Benji è rimasto stabile all’Amburgo. Non per soldi, ma per amore.
Yawara! – Jenny la ragazza del judō
Yawara, anglicizzato in Jenny, si annovera tra gli anime che non hanno avuto un grande successo in Italia (e non son mai stati trasmessi per intero, cambiando più volte nome), ma che i più otaku tra noi potrebbero aver voglia di ricercare e recuperare. Yawara / Jenny è una ragazza supercute che preferirebbe vivere da adolescente serena invece di praticare estenuanti e noiosi allenamenti di judō con il burbero nonno autoritario. Praticando lo sport (qui il legame con la tradizione è più che mai esplicito), però, se ne innamorerà fino ad avere come obiettivo l’Olimpiade di Barcellona ’92. Non è l’Uomo Tigre, certo, ma vale il tempo del recupero (spoiler, c’è su Youtube sottotitolato).