Haruki ama condividere la sua vita con poche persone. Ciò fa un poco a pugni con la professione che svolge: gestore di un locale denominato Peter Cat (dal nome del suo gatto), aperto nel 1974 a Kokubunji (Tokyo), in società con la moglie. Il Peter cat durante il giorno è una caffetteria ma la sera si trasforma in un jazz club. In questi frangenti Haruki può permettersi di assoldare i musicisti che più stima e ascoltare la loro musica dal vivo durante lunghe serate passate dietro al bancone a servire i clienti. Poi, quando la sera si inoltra sempre più verso la notte, Haruki rimane solo, i musicisti gli riservano gli ultimi brani, quelli più soffusi e malinconici, che lui ascolta sorseggiando un whisky e fumando.
Haruki si accorge che questo è il momento della giornata che più ama, quello in cui esiste lui, la musica e poco altro. Da lì a poco, durante la visione di una partita di baseball, un’improvvisa folgorazione: che succederebbe se provasse a scrivere un romanzo? Eccolo il modo di rimanere allo stesso tempo da solo, come sempre di più ama fare, ma allo stesso tempo avere la possibilità di creare interi universi in bilico tra realtà e non-realtà.
Haruki così prende coraggio, armato di carta e macchina da scrivere butta giù pagine su pagine, la notte in cucina, al ritorno dal lavoro. Ma non è soddisfatto, il linguaggio gli sembra banale, pomposo, senza spessore. Allora trova un espediente: traduce nel suo basilare inglese lo scritto e poi lo ritraduce in giapponese. Ed ecco che le ridondanze e le ingenuità scompaiono, tutto diventa essenziale e scorrevole, senza alcuna parola di troppo. Il breve romanzo, che si intitola Ascolta la canzone del vento, verrà presentato al prestigioso premio Gunzo e lo vincerà, da quel momento Murakami Haruki prenderà confidenza con la scrittura e col tempo diventerà uno degli autori più famosi al mondo. Tutto perché a lui piaceva stare solo.
Come si potrà immaginare anche i protagonisti dei romanzi del nostro sono personaggi atipici, che non disdegnano affatto la solitudine e che vengono di sovente trascinati (spesso contro la loro volontà) in vicende volta per volta surreali o romantiche, percorsi che hanno come risultato la scoperta di parti di sé che ignoravano. La cosa che però più balza all’occhio di questi personaggi è la loro assoluta calma interiore. Questo non vuole dire che essi non provino sensazioni negative o non facciano cose contrarie alla loro volontà, anzi. Ma il protagonista tipico delle storie di Murakami non sembra mai scomporsi di fronte a nessuna avversità. Semplicemente ne prende atto e si trova a un crocevia: o affronta il problema o mette la testa sotto le lenzuola e fa finta di niente (vedi Toru, il protagonista di L’uccello che girava le viti del mondo, il quale passa la maggior parte del suo tempo dentro un pozzo). Di una cosa però gli uomini e le donne descritti da Murakami non hanno mai paura: di rimanere soli con se stessi, spesso chiusi in casa, a leggere, a cucinare, a guardare film o semplicemente a bere una lattina di birra dietro l’altra.
Che effetto può fare leggere un romanzo di Murakami Haruki in questi giorni? Frangenti nei quali confinati a casa siamo spesso affranti nel pensare con nostalgia a quando potevamo stare con altre persone, uscire, divertirci, lavorare, spendere, viaggiare… Giorni nei quali sublimiamo la nostra voglia di socialità cantando sui balconi, facendo una videochiamata dietro l’altra, presenziando sui social all’impazzata, cercando di esorcizzare la paura in ogni modo.
Aprendo un libro di Murakami veniamo però improvvisamente catturati dalla vita di persone che hanno tutta la libertà del mondo a loro disposizione ma preferiscono starsene per i fatti loro. E non si disperano se non possono socializzare, semplicemente vivono ciò che gli capita accettandolo, nulla li tocca più del dovuto, sono pacati come la superficie di un laghetto di montagna al tramonto. Con questa pacatezza affrontano tutte le incredibili avventure che gli capitano vincendo o perdendo a seconda delle volte (il lieto fine nei romanzi di Murakami non è garantito, è importante il viaggio, non il traguardo) ma conservando sempre quella sorta di silenziosa pace interiore che serve a fronteggiare ogni avversità.
Per tutti coloro che non hanno paura della solitudine, o che vogliono imparare a non averne, coloro che vogliono tentare di trascorrere questi giorni di quarantena immersi in una sorta di liquido amniotico, fatto di stravaganti avventure ma anche di una costante fermezza Zen, ecco il consiglio per cinque letture imperdibili: i libri di Murakami da cui partire per poi affrontare il resto dell’avventura letteraria del nostro. Letture che fanno bene all’anima e (se vorrete) vi aiuteranno a mondarvi dalle scorie della paura per affrontare con coraggio la realtà.
5. “Norwegian Wood” (1987)
Murakami scrive Norvegian Wood in Grecia e in Italia, ascoltando spessissimo sul walkman Sergent Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Le atmosfere visionarie del capolavoro beatlesiano non intaccano però più di tanto una storia tra le più realiste tra quelle scritte dal giapponese. Come si dedurrà, anche il titolo è un omaggio ai Beatles, quelli più intimi e nostalgici, come intima è la storia di Watanabe Tōru e della sua giovinezza, tra il 1968 e il 1970; l’università, il suo rapporto con Naoko, poi ricoverata in un istituto psichiatrico, con l’estroverso Nagasawa e con l’amica Midori. Nel periodo infuocato della contestazione studentesca Watanabe continuerà a vivere la sua esistenza appartata affrontando un percorso di dolore e crescita personale che lo porterà verso una nuova consapevolezza.
4. “L’uccello che girava le viti del mondo” (1994)
Un gatto che scompare, una sconosciuta che chiama al telefono dimostrando di conoscere molto bene il protagonista, abbandonato misteriosamente dalla moglie solo pochi giorni prima, tutta una serie di assurdi personaggi le cui storie vengono continuamente abbandonate e poi riprese all’interno delle 836 pagine del romanzo (originariamente in 3 volumi) forse più “psichedelico” mai scritto da Murakami. Toru ha appena lasciato il proprio lavoro, è disoccupato e non ha una visione chiara del proprio futuro. Si occupa della casa; lava, cucina, stira le camicie e affronta tutte le stranezze che gli accadono, piuttosto che con angoscia, con spirito imperturbabile e introverso, tanto da scegliere un pozzo asciutto quale tramite per accedere ad un mondo parallelo attraverso il quale è convinto di poter ritrovare la moglie.
3. “Nel segno della pecora” (1982)
Nel segno della pecora rappresenta la terza parte della “Tetralogia del Ratto”, composta dai primi due racconti lunghi scritti dal nostro (Ascolta la canzone del vento, 1979, e Flipper del ’73, 1980) e dal successivo Dance dance dance (1988). Dando per scontato che tutta la tetralogia è assolutamente da leggere, Nel segno della pecora è forse il capitolo più rappresentativo, con il trentenne protagonista, un pubblicitario ancora una volta abbandonato dalla moglie (tema che torna spesso nei libri di Murakami), incaricato da un potente boss di estrema destra di trovare per lui una misteriosa pecora con una macchia a forma di stella sulla groppa. L’animale appare in un’immagine che il pubblicitario ha stampato su una sua pubblicazione. La foto è stata inviata da un amico, scomparso da tempo, detto “Il Ratto”. Tra misteri e la compagnia di una ragazza dalle orecchie perfette, la ricerca della pecora si trasforma in un rocambolesco cammino alla ricerca di sé.
2. “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” (1985)
La fine del mondo e il paese delle meraviglie è composto da due storie parallele che apparentemente non hanno punti di contatto ma che da un certo punto in avanti si intrecciano sconfinando l’una nell’altra. La prima, La fine del mondo, narra di un uomo appena arrivato in una città contornata da alte mura che impediscono agli abitanti di uscire. L’uomo, che non ricorda nulla della sua vita passata, viene costretto a separarsi dalla sua ombra e gli viene assegnato il compito di lettore di sogni. Il paese delle meraviglie è invece la storia di un cibernetico trentacinquenne, grande appassionato di cinema e musica, in grado di immagazzinare e criptare informazioni nel proprio cervello. Questi si ritrova ben presto alle prese con un grosso complotto che dovrebbe potare alla “fine del mondo”. Il volume si rivela come l’opera più surreale e incantata tra quelle scritte da Murakami, un vero balsamo per l’anima.
1. “La ragazza dello Sputnik” (1999)
La protagonista è una giovane donna, Sumire, le cui vicende sono narrate dal suo unico amico e confidente. La ragazza adora la letteratura ed è inizialmente reticente a qualsiasi tipo d’amore passionale, chiusa com’è nel suo mondo. Ciò fino al momento in cui incontra Myu, una donna d’affari esperta di vini e amante del cibo che le propone di diventare la sua assistente durante un viaggio in Grecia. Il narratore viene contattato saltuariamente da Sumire, che gli riporta le sensazioni del viaggio e gli istinti sessuali nei confronti della donna che accompagna. Improvvisamente però Sumire scompare. Contattato da Myu, al narratore non resterà che abbandonare la sua vita solitaria per mettesi alla ricerca dell’amica. La ragazza dello Sputnik è il libro-simbolo della poetica di Murakami, quello che in sé contiene tutte le magnifiche ossessioni dell’autore, tra le quali lo sconfinamento in diverse realtà e lo scomparire di personaggi, quasi sempre di sesso femminile, che spingono i protagonisti a uscire dalla propria comfort zone alla scoperta di parti inesplorate del proprio vissuto.
Bonus Track: Ritratti in jazz (1997)
In quasi tutti i romanzi di Murakami la musica è parte integrante delle vicende, quasi sempre musica jazz, stile del quale l’autore è grande estimatore. In questo volume sono racchiuse le storie e i consigli discografici dei suoi musicisti preferiti: da Chet Baker a Benny Goodman, da Charlie Parker a Billie Holiday, Charles Mingus, Bill Evans, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Miles Davis e tanti altri. Un ottimo modo per scoprire la musica che lo ha ispirato e trovare le adeguate colonne sonore alla lettura dei suoi libri.