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Dentro la musica dello Stato Islamico

La sharia vieta gli strumenti musicali (a parte voce e percussioni). Eppure l'Isis ha imparato a usare la musica per la sua propaganda. Ecco come ha fatto
Alcuni degli strumenti musicali sequestrati e messi al rogo dall'Isis

Alcuni degli strumenti musicali sequestrati e messi al rogo dall'Isis

Lo scorso febbraio, l’Isis libica ha diffuso un video che mostrava il rogo di alcuni strumenti musicali vicino a Derna (ne vedete un momento qui sopra). Una scena identica, con tamburi e altri strumenti accartocciati dalle fiamme, era già stata ripresa dal gruppo in Siria, pochi mesi prima. Ma questo accanimento non significa che l’Isis odi la musica, anzi: ne conosce bene il potenziale propagandistico e produce decine tra canzoni e video musicali che diffonde su internet.

Ma come in quasi tutte le sue attività, anche nelle composizioni musicali applica la sua rigidissima interpretazione della legge islamica: gli strumenti sono vietati e devono essere distrutti, soltanto il canto a cappella è accettato, magari modificato o alterato con qualche effetto sonoro. Oltre alla voce umana, l’Isis accetta un solo tipo di accompagnamento per le sue musiche: il suono dei fucili e quello dell’acciaio che sferraglia.

Prendiamo ad esempio “Ummaty qad laha fajr” (“Oh mia umma – cioè la comunità musulmana – l’alba è arrivata”), una delle canzoni più utilizzate nei video del gruppo. Come ha notato il giornalista Alex Marshall sul Guardian, per i primi minuti sembra un brano uscito da una raccolta di musica New Age, del tipo che vi farebbe ascoltare il vostro istruttore di yoga. Poi, dopo un paio di minuti, la voce solitaria del cantante viene affiancata ad un effetto strano: il suono marziale di decine di stivali che marciano al passo. Poco dopo, l’accompagnamento cambia ancora e diventa il clangore di spade che si incrociano.

Queste musiche, onnipresenti nei video dell’Isis, si chiamano “anasheed”, che è il plurale di nasheed, cioè “canto” in arabo. Marco Arnaboldi, uno degli autori del libro Twitter e jihad: la comunicazione dell’ISIS e collaboratore dell’Ispi, spiega che sono «parte integrante della propaganda dello Stato Islamico, che ha dedicato alla loro produzione un ufficio mediatico apposito, chiamato “Fondazione Ajnad”». Un altro esempio che si sente spesso è “Salil al-Sawarim”, un titolo inequivocabile: “Sferragliamento di lame” e dal minuto 1 e 30 la solita voce solitaria del cantante è accompagnata dal suono di lame che vengono sguainate.

L’Isis non è certo il primo gruppo ad aver intuito la potenza della musica per gli scopi della propaganda (ci sono esempi anche nel nostro recente passato). Restando in Medio Oriente, Arnaboldi racconta che uno degli utilizzi più vasti è stato fatto dal gruppo Hezbollah, un’organizzazione politico militare che controlla gran parte del Libano meridionale. Hezbollah appartiene all’Islam sciita e ha un atteggiamento molto più tollerante sulla musica (e su molti altri aspetti dell’Islam) e lo stile delle sue composizioni è più tradizionale (dal nostro punto di vista), con strumenti e spesso persino balli di gruppo.

Non c’è dubbio però che, anche grazie ai successi militari ottenuti nell’ultimo anno, le musiche dell’Isis rimangano quelle che fino a ora hanno ottenuto il successo maggiore. Lo dimostrano ad esempio le decine di cover, montaggi alternativi e raccolte che vengono realizzati dopo la pubblicazione dei video dell’organizzazione. «Sui forum jihadisti – spiega Arnaboldi – si trova spesso una sezione chiamata “Sautiyya” (“vocale”), dove è possibile scaricare queste canzoni». Come i migliori meme, anche le musiche dell’Isis si diffondono grazie alle imitazioni ed evoluzioni prodotte spesso da persone che non hanno a che fare con l’Isis.

Il meccanismo grazie al quale gli anasheed dell’Isis funzionano così bene è lo stesso dei jingle pubblicitari: sono musiche semplici, con un messaggio molto chiaro, sono orecchiabili ed una volta ascoltate è difficile dimenticarle. Siamo abituati a pensare alla potenza evocativa della musica come una cosa positiva, in grado di farci stare meglio e di farci condividere momenti piacevoli con gli altri. L’Isis ci ha ricordato che la forza della musica può essere usata anche per scopi meno nobili.

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