Madrid is blooming, titolava qualche mese fa The Economist. E mai titolo sembrò più azzeccato per raccontare l’incredibile esplosione che la capitale spagnola ha avuto nel corso degli ultimi anni. Giovane, dinamica, seducente e (fino a questo momento) per nulla esosa, Madrid sta vivendo una sorta di rinascimento culturale ed economico, capace di calamitare a sé non solo orde di turisti ma anche giovani e famiglie provenienti da ogni angolo d’Europa, che qui hanno scelto di trasferirsi per imparare el arte de vivir.
Un posto magico, insomma, che ha voglia di essere felice. Reso ancora più speciale grazie alla presenza protettiva del Parco del Retiro, qui quasi sempre in fiore, da alcuni dei musei più belli del mondo, dai tapas bar che sfornano tortillas, croquetas e jamón a getto continuo e dai ristoranti pieni a ogni ora del giorno e della notte.
![Madrid](https://www.rollingstone.it/wp-content/uploads/2025/02/WhatsApp-Image-2025-01-31-at-16.04.48.jpeg)
Foto: Alev Takil
E, nel 2025, ARCOmadrid celebra la sua 44esima edizione puntando le luci sull’Amazzonia, protagonista del progetto centrale. Il programma, curato da Denilson Baniwa e María Wills in collaborazione con l’Istituto per gli studi postnaturali, Wametise: idee per un amazofuturismo, esplorerà nuove forme di creatività grazie all’intervento di ideali esistenze ibride tra corpi umani, vegetali, fisici e metafisici. Molti saranno gli stand occupati da gallerie importanti: come la Lelong, la nostra Massimo Minini, Perrotin, Peres Projects, Richard Saltoun e Thaddaues Ropac.
Katalin Kortmann Járay e Karina Mendreczky – ‘Getting to know each other (Flower pair)’, 2024. Foto courtesy of Ani Molnár Gallery
La prima è lo storico Restaurante Botin, in Calle Cuchilleros 17, a pochi passi da Plaza Mayor. Certificato dal Guinness dei primati come il “ristorante più antico del mondo”, è stato fondato nel 1725 da un francese e offre piatti tipici della gastronomia castigliana. Dal cochinillo asado (maialino da latte arrosto) ai prosciutti iberici, dal gazpacho alla sontuosa tarta de queso. Adorato da Hemingway, pare che qui vi abbia lavorato anche un giovanissimo Goya, come lavapiatti.
Come A Life in a Few Lines, prima grande retrospettiva europea dedicata all’artista libanese Huguette Caland, la cui vita e lavoro hanno attraversato decenni, continenti e media, sfidando le convenzioni estetiche e sociali del suo tempo. Sono in scena fino al 25 agosto al Museo Reina Sofía circa 300 disegni, dipinti, sculture e documentari che mostrano un’artista profondamente connessa alla comunità, alla comunicazione e all’idea di casa.
Fino al 16 marzo invece il Prado ospita Sigmar Polke. Afinidades desveladas. Curata da Gloria Moure, riunisce più di quaranta pezzi dell’artista tedesco – tra dipinti, fotografie e disegni – insieme al magnifico Las viejas o El Tiempo (1810-12) di Goya, appartenente al Museo di Lille, che viene presentato per la prima volta in Spagna insieme alla sua radiografia, un’immagine che rivela composizioni che hanno attratto in modo speciale Polke. Si tratta della prima personale del grande artista a Madrid, e propone un dialogo tra la sua carriera e l’impronta indelebile che Francisco de Goya ha impresso nel suo lavoro e nel suo pensiero.
Sigmar Polke, ‘Affinities Revealed’, 1982. Foto: Britta Zoellner
Marcel Jean, ‘Surrealist Wardrobe’, 1941, Musée des Arts Décoratifs, Paris. Foto: Marcel Jean Photo © París, Les Arts Décoratifs
Il menu ha creazioni decisamente visionarie: si va dall’Anguilla glassata, servita con wasabi fresco e un’insolita combinazione con midollo osseo, per un’esperienza unica tra dolce, piccante e grasso al maiale iberico accompagnato da granchio reale e una combinazione di salse ricche e aromi tropicali. Il tutto circondati da camerieri in divise quasi circensi e maiali con le ali che saltano fuori dalle pareti rosa. Un’esperienza dadaista.
Dabiz Muñoz. Foto: press
Il dopocena può essere sempre a la Casa de las Artes oppure da Salmón Gurú, Calle de Echegaray, 21, una delle istituzioni locali in tema di mixology (ha da poco aperto anche a Milano). Lo spazio è suddiviso in tre mondi diametralmente opposti eppure confinanti: l’atmosfera tropicale anni Cinquanta, la lounge dedicata ai fumetti e la zona ispirata ai bordelli di Shanghai. Un universo multisensoriale eccentrico, dove ogni dettaglio è pensato per sorprendere. A scandire il tempo dei cocktail è l’argentino Diego Cabrera, che qui è considerato una sorta di divinità. Due i must: l’iconico Tónico Sprenger, fatto con gin infuso al cardamomo verde, succo di limone, cetriolo fresco, ginger beer e cannella; e Arrow, servito in un bicchiere a forma di rana composto da pisco macerato con passion fruit e guava, succo di mela e limone, sciroppo al pepe rosa e alloro, foam al cocco a chiudere.
Il Mad Bunny di Salmón Gurú. Foto: press