Buonanotte Cenerentola. Un anno fa questo spettacolo debuttava in prima italiana all’apertura del Festival FOG Performing Arts di Triennale Milano Teatro: se non eravate in platea non sapete cosa vi siete persi. Il primo capitolo della trilogia Cadela Força (tradotto dal portoghese “ll potere della puttana”) non è sfuggito neanche a Mr. Wayne McGregor, direttore della Biennale Danza di Venezia, che il prossimo 19 luglio conferirà a Carolina Bianchi il Leone d’Argento del Festival 2025, proprio negli stessi giorni in cui verrà presentata la seconda parte per la prima volta in Italia.
Nonostante il tempo trascorso dal giorno in cui abbiamo visto La Sposa e Buonanotte Cenerentola, continua a riverberare una sensazione di annientamento totale e una voce che urla un dato di fatto: non si torna indietro. In questo spettacolo l’artista brasiliana Carolina Bianchi ha messo in scena l’inferno, suo e di tante altre donne, cercando di rivivere nel modo più fedele possibile quell’infame giorno in cui è stata drogata e stuprata, e di cui per via della droga non ricorda pressoché nulla. Tagli vicino ai genitali, lividi sul resto del corpo, Carolina rimane sola con i fantasmi che le lacerano la testa nello sforzo di ricordare. Ha bisogno di sapere che cosa è successo per provare a superarlo.
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Carolina Bianchi. Courtney of Festival d’Avignon
Invece la memoria non c’è, la catarsi non potrà mai avvenire, rimane solo una strada: cercare dei segni nella vita di qualcun altro che ha subito lo stesso destino. Da questo disperato bisogno nasce una ricerca di cinquecento pagine sulla vita di Pippa Bacca, pseudonimo di Giuseppina Pasqualino di Marineo, artista milanese stuprata e uccisa nel 2008 mentre cercava, partita da Milano, di raggiungere Gerusalemme in autostop, attraversando tutte le città colpite dalla guerra stanno nel mezzo.
Compiere l’impresa voleva essere l’obiettivo della performance itinerante Spose in viaggio, iniziata insieme alla compagna Silvia Moro. Le regole erano precise: Pippa Bacca viaggiava vestita da sposa, a dimostrare che, di fronte alla purezza, la generosità e la solidarietà delle persone, soprattutto se reduci da periodi di distruzione, di fame e di bisogno, avrebbero vinto.
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Foto: Christophe Raynaud
L’altro patto era che qualsiasi passaggio offerto da chi incontravano per strada andasse accettato senza riserve, per promuovere la fiducia nel prossimo: così a Istanbul accettò volentieri quello di Murat Karataş, che però, invece di portarla alla tappa successiva, la stuprò e uccise nella sua auto, per poi tornare dagli amici la sera stessa a bere una birra. Ossessionata da questa vicenda, Carolina Bianchi cerca di ricostruire ogni dettaglio della vita dell’artista e delle motivazioni dietro questa performance, facendo di Pippa Bacca un alter ego, un’amica da interrogare, una madre dalla quale ricevere conforto, una sciocca creatura verso cui sfogare rabbia.
«Cosa è successo, Pippa?» è la domanda che Carolina le rivolge più spesso nella prima parte di spettacolo, quando è ancora lucida, siede a un tavolo a mo’ di conferenza e racconta la storia di Pippa, collegandosi ad altre storie di femminicidio accadute in Messico e in Brasile, fra le quali quella di Eliza Samudio, modella rimasta incinta di un calciatore che aveva una storia con lei fuori dal matrimonio: l’uomo, dopo aver cercato in tutti i modi di farla abortire senza riuscirci, la portò nella sua villa fuori città per una festa e la fece ammazzare dai suoi amici, lasciò i resti in pasto ai suoi Rottweiler e nasconde le ossa più grandi all’interno dei muri. Il calciatore, dopo una decina di anni in carcere durante i quali ricevette svariate lettere d’amore e (addirittura) proposte di matrimonio, uscì per un periodo di libertà provvisoria con un contratto milionario chiuso con un’altra squadra. Ad accoglierlo fuori dal carcere trovò una folla di donne che gli dichiararono il loro amore, alcune delle quali indossano maschere a forma di cane. Che cosa c’è di umano in tutto questo?
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Foto: Christophe Raynaud
Rievocando lavori di artiste come Gina Pane e Marina Abramović, che hanno scelto vie radicali per dimostrare attraverso le loro opere la violenza che la donna subisce da sempre in quanto donna, Carolina Bianchi passa alla seconda parte dello spettacolo, nella quale assume la droga dello stupro per ritornare a quel momento tragico. Una volta salito l’effetto, l’artista si addormenta su un materasso fino alla fine dello spettacolo: per un intero atto lei è completamente agita dai suoi performer, che entrano in scena a dare volto e corpo ai suoi incubi e a quelli delle altre donne che ha presentato prima. L’azione culmina nel momento in cui due interpreti eseguono su Carolina, ancora inerte, una vaginoscopia, le cui immagini vengono proiettate su un maxischermo.
Intanto, la voce registrata dell’artista parla di sorellanza femminile, di amicizia e di aiuto reciproco fra donne – gli stessi sentimenti che Pippa ha provato a dimostrare in quella sua tragica operazione. Nonostante il consenso della regista nel farsi penetrare da una telecamera per quindici minuti davanti a una platea che le guarda le pareti interne sia al centro del potere di questo spettacolo, la glaciale lucidità dell’operazione ci accompagna in un incubo: per Carolina Bianchi lo stupro è un linguaggio, è un modo di relazionarsi che prevede che un uomo annienti il femminile in quanto tale, senza altre ragioni, che può risolversi all’interno dell’atto stesso di violenza oppure, nei casi più estremi, con l’uccisione della vittima.
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Foto: Christophe Raynaud
Non c’è scampo a questa dinamica, che ha ben poco a che vedere con il sesso in quanto atto di piacere: lo stupro non accade perché il carnefice vuole soddisfare un desiderio sessuale, lo stupro accade perché il carnefice vuole annientare l’altro sesso. Quanto può essere atavico questo bisogno? Se parliamo di linguaggio, in quale fase della crescita dell’individuo si innescano i presupposti per generare questo tipo di follia connessa all’espressione? C’è bisogno di mettere in scena un’azione shock come un esame vaginale per parlare di questo tema? Evidentemente sì, ed è la cronaca a dimostrare che siamo davanti a un problema diffuso e sul quale ci si perde in speculazioni sulla condotta della vittima, come se la causa potesse essere cercata lì, anche se Pippa Bacca era completamente sobria e vestita da sposa, Eliza era una neomamma che avrebbe cresciuto da sola il figlio non riconosciuto di quello che l’ha fatta mangiare dai suoi cani e Carolina Bianchi rimane preda di fantasmi perché il suo carnefice è riuscito anche a cancellarle la memoria.
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Foto: Christophe Raynaud
F**k catharsis è la chiusa di questo primo, disperato capitolo di una trilogia che l’artista continua a portare avanti insieme al suo percorso di elaborazione del trauma: e se Buonanotte Cenerentola non suggerisce un lieto fine, ha però una forza e un coraggio tali da far tornare ancora una volta e con ancora più lucidità su un problema all’ordine del giorno, suggerendo una strada per (almeno) tentarne una risoluzione – non nella condotta della vittima ma nel contesto di origine del linguaggio del carnefice. Sarà proprio nel secondo capitolo The Brotherhood, in scena a Venezia i prossimi 18 e 19 luglio, che Bianchi approfondirà il discorso sulla mascolinità e lo sguardo maschile in generale: consigliamo di non mancare questa volta.