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Apre “Nothing is Real”, quando i Beatles portarono l’India in Occidente

Al Museo d'Arte Orientale di Torino un esposizione di cultura pop mescolata con le ispirazioni orientali, tra musica, arte, video e design
Paul, Ringo e John durante una lecture del 1968. Foto: Pattie-Boyd

Paul, Ringo e John durante una lecture del 1968. Foto: Pattie-Boyd

Il viaggio in India dei Beatles del 1968 è stato uno dei momenti più importanti non solo della loro carriera ma forse della cultura popolare occidentale. Un viaggio fortemente voluto da George Harrison che ha portato con sè gli altri Fab Four alla ricerca non solo di nuovi panorami musicali ma, soprattutto, di se stessi.

E se McCartney e Ringo Starr non furono esattamente entusiasti del viaggio, Lennon riuscì a cambiare prospettiva, lasciandosi assorbire dalla cultura e dalla “rigenerazione spirituale” offerta dal Maharishi Mahesh Yogi. Ma quel momento fu anche l’occasione per l’Occidente di aprire una porta all’Oriente, di farsi contaminare e contagiare da un misticismo che sa tanto di psichedelia.

Apre oggi per celebrare questo evento la mostra Nothing is Real al MAO, Museo d’Arte Orientale. Una carrellata che si apre con il mondo musicale dei Beatles e con i due grandi maestri che incontrano in India, il Maharishi e Ravi Shankar, tra fotografie e memorabilia, per poi seguire con un’intelligente ricerca del curatore Luca Beatrice. Libri di viaggio, guide, articoli dell’epoca che aiutavano (o stigmatizzavano) l’ingresso della cultura indiana nel mondo occidentale, per poi arrivare agli oggetti fisici, le Ceramiche di Ettore Sottsass, fino alle opere di Alighiero Boett, Mondino, fino al dimenticato Guy Harloff.

A chiudere l’esibizione, una parte video in collaborazione con il Fashion Film Festival di Milano, curato da Constanza Cavalli Etro, con una raccolta di contenuti speciali, sia d’archivio che inediti.

La mostra “invoca il miracolo di saper fondere stili tanto diversi tra loro e influssi provenienti da culture e mondi altri, non ammettendo distinzioni”, dice Luca Beatrice, curatore dell’esibizione. “Niente è reale, tutto è fantasia. La cultura pop abbatte il dualismo tra ludico e impegnato e invoca un bisogno di contaminare, fondere, unire, far dialogare”.

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