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Biennale di Venezia, la serie: un relitto d’artista per la tragedia dei migranti

Il 18 aprile di tre anni fa centinaia di persone persero la vita mentre cercavano di arrivare in Europa dalla Libia su un peschereccio, che ora svetta a due passi dal padiglione Italia nell'installazione di Cristoph Büchel, 'Barca Nostra'

Foto: Monica Silva

Finalmente la Biennale di Venezia apre al pubblico e allora abbiamo deciso che da oggi pubblicheremo un lungo pezzo a tappe. Per l’intera prima settimana una volta al giorno, uno sì e uno no, più di uno al giorno: non lo sappiamo, staremo a vedere. Non vi ammorberemo con sofismi sull’estetica e sull’estasi, ma vi racconteremo a ogni puntata una cosa diversa, quella che ci colpisce e che speriamo tracci un punto di vista di Rolling Stone sulla kermesse di arte contemporanea più importante al mondo.

Non mancheremo di mostrarvi anche i lati ironici e quindi vi consigliamo di andare a cercare l’episodio di Vacanze Intelligenti dove i visitatori della Biennale scambiano la moglie di Alberto Sordi, la mitica Anna Longhi, per una installazione e ipotizzano di acquistarla: “ma porca mignotta, questi me vojono comprà pe’ 18 milioni”.

Dobbiamo però dire che esordiamo con una cosa che non fa affatto ridere, quella che più di ogni altra ha catalizzato l’attenzione dei media durante i giorni dell’inaugurazione: Barca Nostra. È il relitto recuperato dal Canale di Sicilia, quello di una delle più grandi tragedie del Mediterraneo, quando il 18 aprile di tre anni fa 700, 800, 900 persone (chi può saperlo con esattezza?) persero la vita mentre cercavano di arrivare in Europa dalla Libia. È una barca imponente, alta più di 20 metri, e anche se le navi da crociera svettano molto di più e sembrano giganti quando entrano in Laguna, è questa imbarcazione a lasciare senza fiato, “posteggiata” a due passi dal Padiglione Italia proprio come a suo tempo affondò vicina alle coste del nostro Paese.

Pensate, centinaia di esseri umani affogavano a meno di 200 chilometri da Lampedusa, più o meno la distanza che c’è tra Bologna e Venezia per capirci. Questa installazione è opera di Cristoph Büchel, artista svizzero abituato a offrire grandi scandali: un paio di Biennali fa mandò in tilt il sistema politico locale realizzando una moschea dentro una chiesa. Questo è il ruolo dell’arte oggi, farci capire che siamo davanti allo spettacolo più intrigante e tragico, quello di tempi di paure ed egoismi.

E non ci interessa chi blatera di ipocrisie, di radical chic che bevono champagne al vernissage della Biennale e si fanno belli pensando a grandi temi. Quel barcone è lì, all’Arsenale di Venezia, e il mezzo milione di persone che andrà a vedere la Biennale se lo troverà davanti. D’altronde questa edizione, curata dall’americano Ralph Rugoff, si intitola “May You Live In Interesting Times” e quindi ha già nel nome una promessa. A domani (credo).

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