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Distruggere la civiltà con i Coum Transmissions

La prima mostra di materiali d’archivio del collettivo artistico formato da Genesis P-Orridge e Cosey Fanni Tutti nella città natale, Hull, dopo lo scioglimento nel 1976.

I Throbbing Gristle sono stati un gruppo imponente. Un pezzo di storia del rock, è ormai chiaro. Se queste parole producono un rimbombo strano mentre le scrivo, non è tanto per meriti (o demeriti) artistici del gruppo inglese, quanto per la distanza galattica che bisogna percorrere mentalmente partendo dalle parole “Throbbing Gristle” per avvicinare una qualsiasi idea di canone. Qualcuno ha sintetizzato l’estetica praticata dalla formazione industrial con “cultura del negativo” perché – a metà spaccata degli anni Settanta – hanno ribaltato in modo plateale e sistematico (geometrico, si diceva della scrittura di De Sade) i capisaldi della cultura hippie che, una volta impregnati i salotti buoni, iniziava a imbolsirsi, dimenticando gli slanci politici, collettivi e individuali, che le avevano dato vita.

I Throbbing Gristle hanno flirtato con tabù come omicidio, totalitarismo, pornografia, controllo mentale al fine di mettere pepe al culo alle audience, restituire all’industria dell’intrattenimento pop la chance di una “pericolosità” smarrita per strada qualche anno addietro. Da questa operazione – tra schiere di collaboratori e seguaci –  è sorto il nucleo di musicisti che ha costituito l’underground più rappresentativo della Gran Bretagna: dal neo-folk, all’ambient oscura passando per noise e techno. Limitiamoci qui a fare i nomi di Current 93 e Coil. Ma, a differenza di alcuni epigoni più pigri nei tardi rivoli industrial che si sono fermati all’aspetto letterale delle provocazioni – nei peggiori dei casi, immusoniti parafascisti – i membri dei Throbbing Gristle hanno negato la forma, per prolungare la vita della controcultura libertaria di discendenza californiana che, all’epoca era meno intuitivo, è emersa negli anni come una delle componenti fondamentale dei nostri. O forse, in un certo senso, possiamo definirli la teenage band perfetta: utopisti, irridenti e avventurosi. E non solo per due stagioni. Che invidia.

Che invidia che fa il fondatore Genesis P-Orridge per l’indipendenza di pensiero che mette in mostra quando apre bocca davanti a un intervistatore; per il senso di non attaccamento che gli ha consentito di chiudere fasi artistiche e della vita come serrande: liquidati i Throbbing Gristle con comunicazione lapidaria (“The Mission is Terminated”), ha messo su gli Psychic TV – con cui abbraccerà acid-house e i versanti più ritualistici ed evolutivi del rave – e Thee Temple ov Psychick Youth, un po’ una setta neo-pagana, un po’ parodia delle stesse. Fu in quel periodo, gli Ottanta, che entrò nel campo visivo degli italiani, grazie all’improbabile amicizia con il giornalista Red Ronnie: scelse come sigla di un programma una cover melliflua e teletubby di Are You Experienced di Hendrix interpretata dall’esitante Caresse, figlia seienne avuta con la compagna di allora, Paula.

Genesis P-orridge, foto di Patrick Mateer

Solo raramente fanno capolino lievi solchi nostalgici: quando parla di sé in prima persona plurale in tributo alla compagna Lady Jayne, scomparsa nel 2007 prima che riuscissero a portare a termine – sempre che un “termine” ci fosse – il progetto che li avrebbe fatti diventare l’uno il riflesso dell’altra, convergere in una coppia di gemelle ermafrodite grazie alla chirurgia estetica. O come quando si riavvicina al rock, più o meno classico, nel recente Alienist avventurandosi nella cover del mini-classico della psichedelia post-mortem (How does it feel / When you wake in the morning… How does it feel never to sleep again?) How Does it Feel to Feel dei The Creation (l’arduo compito era riuscito un po’ meglio, tocca confessarlo, a una band nella coda lunga dello shoegaze, i Ride).

O come in questa prima mostra ufficiale dedicata ai COUM Transmission nella città natale Hull in occasione dell’investitura come città britannica della cultura 2017. Il collettivo artistico era nato a fine anni Sessanta, prima che Genesis e soci decidessero di traslocare gli interessi disturbanti dall’arte visiva alla più ampia platea del “pop” nel 1976: lo stesso anno in cui la mostra all’ICA di Londra gli valse la nota definizione del parlamentare conservatore Nicholas Hardwick Fairbairn: “distruttori della civiltà”. Prostitution, questo il nome della mostra, era basata perlopiù su materiale fotografico che la cofondatrice Cosey Fanni Tutti aveva prodotto introducendosi – come modella –nell’industria pornografica.
Ci siamo fatti dire qualcosa in più da Andrew Wheatley della galleria londinese The Cabinet, curatore insieme a Fanni Tutti della retrospettiva inaugurata il 3 febbraio:

Come inizia la tua frequentazione con COUM Transmissions?
Ho curato TG24 24 Hours of Throbbing Gristle a Cabinet, una mostra coincisa con il lancio di un box-set da 24 CD pubblicato dall’etichetta Mute Records nel 2002 per la reunion del gruppo. L’idea di ritracciare l’attività dei COUM con una mostra mi ha stuzzicato da allora: la relazione di lungo corso di Cabinet con Cosey Fanni Tutti mi ha dato accesso a un enorme archivio inedito. Quindici anni di selezioni e la mostra di Genesis alla Tate ci hanno messi nelle condizioni di fare a un racconto museologico della vicenda.

Che cosa rende i COUM Transmissions rilevanti nella Gran Bretagna del 2017?
L’interesse per le attività sovversive e la crescente tendenza verso il “collettivo” –sociale, intellettuale e creativo – è un contrappunto cruciale al consumo distratto di materiali deperibili che si è imposto nella nostra epoca, penso anche a oggetti artistici e culturali. L’esperienza del trascorrere del tempo era fondamentale per i COUM Transmissions come lo erano la dematerializzazione e la re-invenzione del mondo che li circondava. L’azione pubblica collettiva, e le relative implicazioni sociali, sono mezzi espressivi che oggi dobbiamo tenere sott’occhio.

COUM Transmissions Exhibition, foto di Patrick Mateer

I COUM Transmissions hanno generato una ricca discendenza e, allo stesso tempo, hanno dato visibilità a diversi antenati. Quale reticolato di riferimenti utilizzeresti se volessi aiutare un profano che si avvicina alla loro estetica per la prima volta?
Ne conterrebbe una miriade. In particolare il movimento Fluxus e gruppi imparentati dei Sessanta e dei Settanta, forme teatrali viscerali, antagoniste. Le cronache composte di oggettificazioni satiriche dei Group Material o Antonin Artaud e la sua eredità letteraria. I COUM si sono mossi pioneristicamente tra il teatro di strada, la musica e la comicità ispirando quarant’anni di sperimentazioni presso le generazioni più giovani. Più che indicare gruppi di performer recenti, mi vengono in mente affinità con musicisti, soprattutto nell’elettronica. Ho ascoltato – solo negli ultimi tre giorni – Oneohtrix Point Never, Xiu Xiu, Vex’d, RP Boo, Lawrence English, In Aeternam Vale, o per tornare alle ispirazioni storiche Art Ensemble of Chicago, Cornelius Cardew, e Sun Ra. Riconosco in tutti loro qualcosa che riesco a collegare idealmente ai COUM Transmissions, o perlomeno frequenze che le mie orecchie imperfette mettono in relazione. È sintomatico che i frutti dei COUM siano prevalentemente musicali, esterni alle audience delle gallerie d’arte; un’arena abbandonata con decisione nel 1976 dopo Prostitution all’ICA e la nascita dei Throbbing Gristle.

La retrospettiva si articola in una serie di discussioni pubbliche ed eventi che prenderanno vita nei prossimi mesi: ecco il programma completo.

COUM Transmissions Exhibition, foto di Patrick Mateer

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