Un’esperienza polifunzionale, così definirei la visita ad una qualsiasi mostra di Ettore Sottsass. Negli ultimi mesi mi sono ritrovata immersa nel suo mondo a più riprese e ogni volta è stato differente, come aggiungere un tassello a un grande mandala di cui si scorge piano piano l’immenso disegno.
L’uomo Sottsass (designer, architetto, scrittore…) è stato un precursore in ogni periodo della sua vita. «Ho sempre pensato che il design cominciasse laddove finiva il processo razionale, e dove cominciava quello della magia», così era il suo approccio alle cose: visionario, eclettico, funzionale.
Sapere di cosa è composta la carriera di Sottsass è facile, basta googlare il suo nome e usciranno fior di biografie, compassi d’oro vinti, pezzi premiati, Domus e Poltronova, come di altre meravigliose collaborazioni ed onorificenze, ma qui ci terrei a raccontare piccole cose, ma preziose. E partirei da due luoghi: il Centre Pompidou di Parigi e la Triennale di Milano. Queste due sedi mi hanno offerto la possibilità di scoprire, sotto differenti punti di vista, il suo mondo, il suo lavoro, la sua ironia, la sua profondità di pensiero, il suo modo di giocare con la creatività.
A Parigi Sottsass è stato celebrato con una mostra intitolata “L’Objet Magique”. Un racconto della sua carriera che iniziava con un’immersione in alcuni oggetti intimi, come le sue agende ed i suoi taccuini. Un approccio che ho amato: che bello scoprire un grande partendo da come gli piaceva svegliarsi la mattina o prendere il caffè!
Solo quel corridoio pieno di foto e memoria valeva la mostra. Scoprire come la sua mente annotasse e organizzasse il suo tempo su quella carta era come essere dentro il suo animo. Colori, commenti, una danza di insiemi fatta di appuntamenti, luoghi e persone. Magnifico. Poi le stanze si dispiegavano nelle diverse fasi creative. Gli oggetti degli anni ’50, i suoi gioielli. La produzione dagli anni ’40 fino alla collezione Memphis. Il tutto inframezzato da avventure visionarie, come “Closet (Toilettes)” del 1972, o la serie di “disegni per i destini dell’uomo” del 1973.
Una casa nella casa, invece, è l’installazione permanente donata a Triennale dalla famiglia dello stampatore e tipografo Giovanni Lana. Divenuta essa stessa una stanza dentro la stanza, allestita all’interno di un “box” dalle sgargianti pareti blu e rosse, proprio come i suoi divani, “Casa Lana”, cosi si chiama, è un cubo nel cubo, “una piazzetta nella quale si gira e ci si incontra” – come ha scritto Sottasass in Domus nel dicembre 1967 –, una matrioska di raffinata fattura realizzata nel 1963 per la famiglia.
Il progetto fu ideato per un piccolo appartamento in Via Cola di Rienzo, in zona Washington-Parco Solari a Milano, e nel 2019, dopo la scomparsa del padre, donata dalla figlia all’Istituzione di Palazzo dell’Arte. Tutt’intorno una mostra, la prima di una serie di tre, che narra il progetto.
Piccola perla, sempre in Triennale, è la mostra “Foto dal finestrino”, titolo della medesima rubrica che curava per Domus, che con 26 scatti fotografici e brevi testi raccontano alcuni frammenti di viaggio che Ettore Sottsass ha fatto tra il 2004 e il 2006. Dall’India all’Iran, da Bali a Hong Kong, ma anche Milano, Catania, Ponza dove scattò con la sua inseparabile Leica, immagini istantanee per fermare istantanei pensieri, qui esposti e raccolti.
Ancora visibile fino al 12 giugno 2022 “Ettore Sottsass. Struttura e colore”, a cura di Marco Sammicheli, la mostra intorno a Casa Lana al primo piano del Palazzo dell’Arte. “Foto dal finestrino” sarà invece aperta fino al 22 maggio 2022.
Ma c’è di più: come ci è stato anticipato in esclusiva, dal 18 maggio e sempre in Triennale, Sottsass e i suoi soci di avventura del gruppo Memphis verranno raccontati in “Memphis Again”, con la curatela di Christoph Radl. È una mostra con oltre duecento pezzi tra mobili ed oggetti realizzati tra il 1981 e il 1986 per la collezione Memphis, che venne presentata al Salone del Mobile proprio nel primo anno della sua realizzazione. Per chi fosse totalmente a digiuno del tema, Memphis fu un movimento culturale guidato dallo stesso Sottsass e dalla moglie Barbara Radice per riuscire a creare una vera e propria fucina di creatività, libera dalle convenzioni, ed in grado di creare e ridisegnare le abitudini dell’abitare. Parte di questo gruppo erano Michele De Lucchi, George J. Sowden, Martine Bedin, Andrea Branzi, Shiro Kuramata, Marco Zanini, Matteo Thun, Peter Shire, Aldo Cibic, Nathalie Du Pasquier, Gerard Taylor, Masanori Umeda, e ovviamente lo stesso Sottsass.
Infine, per coronare quest’immersione totale nel mondo di Ettore Sottsass con qualcosa di diverso dalle mostre, suggerirei anche la lettura del suo libro Di chi sono le case vuote?.