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Le mostre da vedere a Milano durante miart e Art Week 2025

Torna l'appuntamento con la "settimana dell'arte" del capoluogo lombardo, dall'1 al 6 aprile. Piccola guida per non perdersi l'essenziale, tra grandi nomi e chicche

miart 2025

Un'opera di Franco Mazzucchelli

Foto: press

Puntuale come ormai da 29 anni torna miart, la fiera internazionale di arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano. Quest’anno l’appuntamento è dal 4 al 6 aprile (con anteprima VIP il 3). Insieme alla manifestazione allestita ad Allianz MiCo torna in città anche l’Art Week, che per sette giorni invaderà il capoluogo con eventi, talk, performance e mostre.

 

L’edizione targata 2025 del miart, diretta ancora una volta da Nicola Ricciardi, si intitola Among Friends: rende omaggio alla collaborazione in ambito creativo e coinvolge «tutte quelle situazioni» – le parole sono degli organizzatori – «in cui il lavoro finale è il risultato del lavoro di più di una persona». Allargando ancor di più gli orizzonti, dalle parti di via Scarampo vengono celebrati il lavoro di squadra, l’interazione fra competenze e sensibilità diverse, l’interdisciplinarietà e le diversità che si trasformano in armonia.

 

Among Friends è anche un omaggio a un’importante mostra che il MoMA ha dedicato nel 2017 a Robert Rauschenberg, di cui quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita. Proprio attorno a questo titano dell’arte del Novecento si muoveranno gran parte degli eventi della settimana. 

 

Ma diamo un po’ di numeri. Quest’anno le gallerie presenti in fiera saranno 179, provenienti da 30 paesi in rappresentanza di 5 continenti. I lavori, che coinvolgono un lasso di tempo che va dal primo Novecento alla più stretta attualità, sono suddivisi in tre sezioni: Established, Emergent, Portal. Proprio quest’ultimo settore cattura le maggiori attenzioni.

 

Curato per la prima volta da Alessio Antoniolli, direttore di Triangle Network a Londra e curatore della Fondazione Memmo a Roma, riunisce dieci gallerie che presentano altrettanti progetti monografici che hanno un solo obiettivo: rompere i confini tra discipline, tempo e spazio, cercando nuovi campi creativi da esplorare. Un esempio su tutti? L’inedito progetto dell’enigmatica artista brit Lucy Otter allo stand della Galleria Franco Noero di Torino, dominata da opere che oscillano fra astrazioni gestuali e colore.

 

Ad accompagnare la ricca proposta artistica anche diversi progetti speciali ispirati al Rauschenberg-pensiero. Due spiccano su tutti: il primo è John Giorno: A labour of LOVE che inaugura il 15 marzo negli spazi di Triennale Milano. Curata da Ricciardi, è la prima mostra in Italia dedicata all’archivio del poeta e performer americano ed è stata ideata per far luce sulle collaborazioni di Giorno con alcune star dell’arte, della letteratura e della musica: si va da William S. Burroughs a John Cage, da Allen Ginsberg a Keith Haring, passando per Allan Kaprow, Patti Smith, Andy Warhol e ovviamente Rauschenberg. In esposizione circa 100 documenti mai visti in Italia, resi accessibili dalla Giorno Poetry Systems (GPS), un’organizzazione no-profit fondata da Giorno nel 1965 per supportare artisti, poeti e musicisti.

 

Altro rendez-vous da circoletto rosso è la mostra Rauschenberg e il Novecento, curata da Gianfranco Maraniello e Nicola Ricciardi con Viviana Bertanzetti. Allestita negli spazi del Museo del Novecento, vuole creare un ponte tra le opere di Re Robert e alcuni dei più significativi gioielli ospitati all’interno delle collezioni del Museo. L’esibizione metterà in dialogo otto opere realizzate tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta da Rauschenberg con le esperienze di artisti dei principali movimenti che hanno scandito il Novecento italiano, Futurismo e Arte Povera in primis.

 

Come detto, però, sarà tutta la città di Milano a trasformarsi per una settimana – dall’1 al 6 aprile – in una culla di arte. Fra i molti progetti presentati alla Milano Art Week, noi ne scegliamo cinque.

 

Il primo è A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema, all’Osservatorio Fondazione Prada. La mostra ripercorre ciò che si nasconde dietro un processo creativo prima della realizzazione di un film. Esamina storyboard, moodboard, disegni e schizzi, scrapbook e quaderni, immagini e sceneggiature. In tutto più di ottocento oggetti realizzati da registi, direttori della fotografia, scenografi e artisti tra la fine degli anni Venti e i giorni nostri.

 

Altro evento da non perdere è The Lightness of Things del designer inglese Jasper Morrison da ICA. Dal 27 marzo all’11 luglio gli spazi di via Orobia sono invasi da un’installazione site specific che combina dodici sedie fluttuanti nello spazio e dodici composizioni fotografiche a parete che rappresentano oggetti-archetipi. Un progetto che incarna il Morrison-pensiero secondo cui gli oggetti devono integrarsi nell’ambiente senza imporsi, poiché il loro vero valore risiede nella naturalezza con cui si inseriscono nella vita quotidiana.

 

A Palazzo Reale c’è invece la personale Pastorale di Nico Vascellari. L’esposizione dall’1 aprile al 2 giugno esplora il legame tra l’uomo e la natura, intrecciando dimensioni personali e collettive con opere che spaziano tra performance, scultura, video e suono. La mostra non si limiterà a occupare gli spazi della maestosa Sala della cariatidi, ma coinvolgerà anche altre location cittadine attraverso installazioni e opere sonore.

 

Avvolta nel mistero è poi la mostra che la Gam dedica a Ugo Rondinone. L’artista svizzero, che da sempre fornisce meditazioni sulla natura e sulla condizione umana, occuperà gli spazi all’interno di Villa Reale in via Palestro con un progetto ancora top secret.

 

Per chiudere il tour, una chicca. È la mostra There’s No Place Like Home allestita dal 2 aprile al 10 maggio da Circolo, spazio no-profit in via della Spiga 48 fondato dalla collezionista e mecenate Nicole Saikalis Bay. In scena tre generazioni d’artisti italiani – da Markus Schinwald a Davide Stucchi – che gravitano fra Milano, Berlino, Zurigo, Ginevra e un ampio contesto internazionale. Sono nati fra gli anni Ottanta, Novanta e Zero. Lavorano con oggetti, sculture, performance, opere ambientali, disegni, video e pittura e i loro lavori sfidano l’idea di spazio e i concetti di mostra e opera d’arte. Buona esplorazione.

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