Quando la glicerina entra in contatto col permanganato di potassio si genera una violenta esplosione. Nulla meglio di un principio di chimica riesce a spiegare l’effetto che avrà la mostra di Juergen Teller nella monumentale Galleria degli Antichi di Sabbioneta, in provincia di Mantova. La “città ideale” di Vespasiano Gonzaga e lo spazio che incarna l’armonia perfetta fanno da scenario, dal 13 aprile al 23 novembre, alla mostra con le immagini più sgranate, sfocate e decentrate della fotografia contemporanea (se si escludono quei geni del collettivo Provoke, simbolo di ribellione fotografica nel Giappone anni ’60). L’incontro fra la rigorosa simmetria e lo stile senza filtri di Teller ha un nome: 7 ½, questo il titolo dell’esposizione che avrà senz’altro un effetto dirompente, anzi esplosivo. “Ho sempre fotografato le cose così come sono”, racconta l’artista. “Non ho mai voluto ingannare lo spettatore con immagini perfette. La magia sta nell’imperfezione”. Un manifesto estetico che sembra quasi fare a pugni con la bellezza purissima del Corridor Grande. Quasi… Perché, come spesso avviene nelle vicende umane, spesso dominate da illogicità e incoerenza, l’incontro fra questi due estremi alla fine funziona inondando d’armonia l’intera struttura cinquecentesca.
7 ½, allestita grazie alla Sabbioneta Heritage Foundation, che da anni lavora per portare l’arte contemporanea in uno dei gioielli architettonici italiani, è un diario intimissimo, in cui convivono senza mai lottare interiorità e provocazione. Si tratta di un progetto profondamente autobiografico il cui titolo richiama gli anni che Re Juergen ha trascorso con la moglie (e collaboratrice) Dovile Drizyte. Ma fa anche riferimento al cinema di Fellini, con cui l’artista condivide un forte senso di libertà sia narrativa che creativa. “Questo progetto racconta la mia vita degli ultimi anni. È un mix di immagini private, lavori commerciali, ritratti e momenti rubati. Non c’è una logica precisa, ma un flusso continuo di visioni”.

‘Why Trump’, 2017. Foto courtesy Juergen Teller
Curata da Mario Codognato, l’esposizione si sviluppa tra la Galleria degli Antichi e la Sala degli Specchi grazie al progetto espositivo site specific concepito con l’artista e progettato dall’architetto Federico Fedel. Lungo i quasi cento metri della prospettiva orizzontale (97 metri per l’esattezza) non si vedranno mai pose costruite, luci perfette né opere soggette a una post-produzione esasperata. Accanto ai ritratti delle icone del cinema, della musica e della moda si intrecciano momenti ironici, autoritratti surreali e scene di vita quotidiana che svelano il lato più intimo dell’artista sessantunenne. “Sabbioneta è un luogo di perfezione geometrica. Forse è proprio per questo che la mia fotografia funziona qui. È uno scontro tra due visioni opposte. Ed è esattamente quello che mi interessa”.
Nato nel 1964 a Erlangen, in Germania, Teller ha costruito la sua carriera sull’antitesi del glamour. Ha iniziato a scattare all’inizio dei gloriosi anni ’80, dopo essersi iscritto a un corso biennale alla Bayerische Staatslehranstalt di Monaco di Baviera, prestigiosa scuola di fotografia teutonica. Nel 1986, per evitare la leva militare obbligatoria, vola a Londra, dove inizia a ritrarre musicisti e pop band emergenti dell’allora scena indie come i Cocteau Twins e i MARRS. L’esplosione arriva nel ’90 quando firma la cover di Nothing Compares 2 U, splendido singolo di Sinéad O’Connor. L’anno dopo è al seguito dei Nirvana nelle tappe tedesche del tour di Nevermind. La moda diventa suo territorio di conquista nel 1996 quando per la rivista tedesca Süddeutsche Zeitung Magazin ritrae la modella Kristen McMenamy nuda con la parola “Versace” disegnata in un cuore sul seno. Da quel momento in poi è solo un crescendo: collabora con Vivienne Westwood, Saint Laurent, Loewe e Céline, realizza tutte le campagne di Marc Jacobs ed espone i suoi lavori nei musei di mezzo mondo: dal Grand Palais Éphémère fino alla nostra Triennale.

‘Where We Come From No. 38’, 2024. Foto courtesy Juergen Teller
“Se vuoi essere bello nelle mie foto, allora non fare la foto con me”, ama ripetere Teller. Tesi questa che, scatti alla mano, non ha reso meno gradevoli moltissime delle stelle che ha immortalato nel corso della sua carriera: da Kate Moss a Charlotte Rampling (ritratta come mamma l’ha fatta nelle sale del Louvre), da Kurt Cobain a Chloë Sevigny, da Emma Stone a Marion Cotillard passando per Javier Bardem, Keira Knightley e Tom Cruise. Ce le ha mostrate tutte in carne ed ossa, più vere, meno patinate, più seducenti. Niente idealizzazioni, solo il soggetto per quello che è, nel bene e nel male.
“Non sopporto quando le immagini sembrano finte. Voglio che siano reali, sporche, vere”, racconta sicuro di sé. Molti lo considerano un pioniere della fotografia “spontanea”, quella che oggi invade Instagram e TikTok. Il suo stile grezzo e apparentemente casuale è diventato un linguaggio universale, replicato da migliaia di fotografi e content creator. Ma c’è una grande differenza fra lui e loro: le sue immagini non sono semplicemente “brutte per moda”, sono studiate con una consapevolezza quasi scientifica. “La gente pensa che le mie foto siano facili da fare”, spiega questo maestro dell’anarchia visiva. “Provate a farle voi e poi ne riparliamo”.