Due innamorati si baciano con mascherina sul volto e Amuchina tra le mani: con la sua versione de Il bacio di Hayez ispirata a questi tempi di allerta coronavirus lo street artist Tvboy ha fatto di nuovo parlare di sé. Era il 28 febbraio, due settimane fa. «Qualcuno non ha apprezzato, non c’è problema, ne farò un altro», ha dovuto scrivere sul suo profilo Instagram, il giorno successivo, il 39enne palermitano, spagnolo d’adozione, dopo che qualcuno aveva rovinato il suo stencil su un muro di Milano. E in quel «ne farò un altro» risiede tutta la forza dell’arte in ogni sua forma, ce ne stiamo rendendo conto ancora più del solito in questo periodo di quarantena in cui il mondo della cultura e tanti suoi esponenti stanno raccogliendo idee e inventando progetti per alzare la voce nonostante tutto.
A Barcellona lo stesso Tvboy si è dilettato a rimaneggiare il celebre manifesto con cui nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale, l’esercito Usa lanciò una campagna di reclutamento. Lo ha adattato al presente: «I want you to stay home», dice lo Zio Sam, la personificazione degli Stati Uniti, con il viso coperto da una mascherina protettiva e la bandiera dell’Europa in bella vista. «È un poster di guerra analogo ad altri che che a volte sono stati accompagnati dalla frase “Uniti restiamo in piedi, divisi cadiamo», scrive sul suo sito Tvboy, che ha ribaltato il concetto: «Divided we stand, united we fall». Tutti a casa, insomma, è un obbligo e una responsabilità, e gli artisti dicono la loro. Milo Manara ha condiviso su Facebook un’illustrazione che mostra un’operatrice sanitaria in piedi di fronte a un gigantesco virus, con la postura di chi non ha alcuna intenzione di arretrare, di lasciargli spazio per diffondersi. Unico commento del grande fumettista famoso per la sensualità delle sue figure femminili, un «grazie» inviato virtualmente dal web a dottoresse, infermiere e operatrici sanitarie che stanno affrontando l’emergenza Covid-19 mettendo a rischio le loro vite.
Continuando con la street art, tra gli italiani che stanno traducendo in arte quella che passerà alla storia come la prima pandemia del mondo globalizzato e interconnesso c’è anche Andrea Villa, che a fine febbraio ha affisso per le strade di Torino un lavoro ispirato al quadro di Renato Guttuso Il mercato di Vucciria, laddove quest’ultimo diventa «una metafora del mercato globale e dell’attuale sistema sociale prettamente capitalistico che caratterizza la società di oggi», parole sue. Mentre il suo collega romano Harrygreb è comparso a Trastevere con Human Family – opera eloquentemente incentrata su una famiglia in gabbia fotografata da un panda, come se ora fossimo noi gli animali rinchiusi nello zoo – e sta condividendo su Instagram altri lavori a tema.
Non è tutto. In questi giorni di isolamento forzato hanno lasciato un segno anche Misha, che ha donato alla sua terra una Sant’Agata e una Gioconda con mascherina e la scritta «Catania non si ferma», e Future?, a Brescia con una serie di stencil dedicati al gel igienizzante per le mani, da un lato simbolo di speranza, dall’altro merce su cui c’è chi arriva persino e immoralmente a speculare. Poi c’è Nello Petrucci, artista attivo anche in campo cinematografico tra Pompei e New York: nella notte tra il 10 e l’11 marzo, alla periferia della sua Pompei, ha realizzato un collage applicato su muro, “Sweet Home”, che vede la famiglia Simpson a casa sul divano a guardare la televisione con tanto di mascherine: «I cartoni e la satira non devono necessariamente essere usati per schernire il problema del Covid-19, ma anche per lanciare un messaggio positivo attraverso un linguaggio pop e comprensibile a tutti, utilizzando in questo caso il collage direttamente applicato sul muro».
Diversi la tecnica e lo stile di Nico Mingozzi, artista abile nell’intervenire con acrilici, china e altro su vecchie fotografie in bianco e nero con un gusto neogotico: il suo contributo su Instagram è un’opera del 2014, ma illustra perfettamente quella che nel post definisce «La fame al tempo del Covid-19». «Mi sembra evochi emozioni e paure che stanno emergendo in questo periodo: la fame atavica, il timore di restare senza cibo, l’angoscia e la paura della morte». Perché in fondo è di questo che si tratta: si ha bisogno di condividere. E così da alcuni giorni Vanni Cuoghi, classe 1966, sta pubblicando su Facebook e su Instagram degli acquarelli formato cartoline dedicati all’attuale allerta sanitaria «con l’intento di creare un documento di questo particolare momento storico». In quello intitolato Dilagante ricorre al gatto nero — simbolo delle superstizioni più comuni — per dire la sua sull’epidemia in corso: è pericolosa, sì, ma non è cinese né italiana né di altri; per sconfiggerla è necessario che tutti i Paesi a ogni latitudine si prendano la loro parte di responsabilità.
E fuori dallo Stivale? L’arte è un abbraccio virtuale anche al di là dei nostri confini. Ecco, allora, il murale di Tyler — street artist indiano spesso definito «il Banksy di Mumbai» — lanciato sui social con il messaggio «Keep calm and corona»: raffigura una donna intenta a meditare nella «posizione del loto» con una mascherina sulla faccia. E ancora, dalla Norvegia, Pøbel, autore di un graffito sull’amore ai tempi del coronavirus. Da Londra il designer tedesco-namibiano Max Siedentopf, che con il progetto fotografico “How To Survive A Deadly Global Virus” sta proponendo scatti provocatori che suggeriscono come creare mascherine anti-contagio con oggetti, frutti, foglie d’insalata e altro. E da Los Angeles Ron Katagiri, artista multimediale che nel weekend ha condiviso online il ritratto digitale di una donna con mascherina e il virus letteralmente in testa. A commento un monito: «L’ignoranza è fatale».