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Perché Jeff Koons è più grande delle accuse di plagio

Dopo le polemiche per la scultura rifiutata dalle istituzioni francesi, Koons è stato di nuovo condannato per plagio. Ma chi è davvero l'artista più quotato al mondo? Dalla prima mostra alla serie con Cicciolina, ecco la sua storia

Perché Jeff Koons è più grande delle accuse di plagio

Jeff Koons

Foto: Getty Images

Sembra che Jeff Koons non abbia pace negli ultimi tempi e dopo le polemiche per la scultura di tulipani realizzata per commemorare le vittime degli attentati “donata” a Parigi e rifiutata più volte dalle istituzioni francesi (alla fine sono riusciti a piazzarla, in un posto defilato rispetto alla prima ipotesi), è ancora Parigi, questa volta tramite il tribunale però, a condannarlo. È stato infatti multato di 24mila euro per plagio di una fotografia di Jean-Francois Bauret, che Koons ha usato come riferimento per una sua scultura di due bambini nudi. La somiglianza è tanta in effetti e non è la prima volta che il Re Mida dell’arte viene condannato per plagio: pochi mesi fa un pubblicitario gli ha fatto causa (e ha vinto) perché riprendeva una sua vecchia campagna. Anziché ringraziare di essere stato citato da uno degli artisti più visibili del mondo, lo ha denunciato per farsi rimborsare quattro spicci (oddio, un po’ più di quattro, si parla infatti di circa 130mila euro), che comunque non si avvicineranno mai alla cifra realizzata da Koons quando l’ha venduta alla Fondazione Prada. L’opera si chiama Fait d’hiver e l’immagine pubblicitaria era per la casa di moda Naf Naf.

Ma chi è davvero Jeff Koons e perché se ne può ampiamente fregare di queste multe e di questi piccoli scandali? Vogliamo raccontarvi la sua storia, che è molto movimentata. Koons nasce in una famiglia che più americana non si può ed è grazie a una sorta di “competizione” tra vicini, su chi ha le decorazioni natalizie migliori, che inizia a lavorare a un’estetica che porterà avanti per tutta la vita. Disegna tantissimo da bambino e i genitori lo spronano, gli dicono che è bravissimo e lo iscrivono a un corso d’arte. Per fargli guadagnare sicurezza organizzano una piccola mostra nel loro negozio. Jeff cresce consapevole del fatto che la combattività è tutto e per questo fin dalla tenera età cerca di guadagnarsi da solo i soldi che gli servono per le figurine, andando a vendere carta da regalo e caramelle porta a porta (altra cosa che ci fa pensare alla sua estetica). Una volta cresciuto frequenta il Maryland Institute College of Art nelle cui stanze, giovanissimo, mette incinta una ragazza. Si offre anche di sposarla: stravagante e fuori controllo, sì, ma un Koons non abbandonerebbe mai le proprie responsabilità. La ragazza non accetta e la bambina va in adozione. È strano pensare che questa ragazza oggi ha più di 40 anni e non sa di essere la figlia del più quotato artista del mondo.

Il suo idolo è Salvador Dalì e, non si sa come, Koons riesce a sapere in quale hotel e persino il numero di stanza del grande pittore durante un soggiorno a New York: chiama l’albergo e riesce a farselo passare con un trucco e persino a farsi dare un appuntamento. È da quell’incontro che decide che la strada dell’arte doveva essere la sua.

Nel 1976 si diploma e l’anno successivo trova lavoro nell’ufficio informazioni del MOMA. Lavora part-time nel tempio della cultura newyorchese e l’altra metà della giornata la passa a fare l’artista. Certo, dato il suo stile un po’ troppo eccentrico, i capelli rossi e i gilet multicolor, i suoi colleghi lo nascondevano quando si presentavano i grandi donatori, probabilmente quegli stessi ricchi signori che anni dopo avrebbero fato a botte pur di accaparrarsi le sue opere.

Si licenzia dal MOMA dopo aver fatto raddoppiare il volume delle donazioni e usa i suoi risparmi per mettere su la sua prima mostra, che chiama The New. Sono gli anni della Pop Art, quelli in cui Warhol, Rauschenberg, Lichtenstein e molti altri avevano già da tempo trasformato gli oggetti di uso quotidiano in opere d’arte: Koons fa la stessa cosa mettendo sotto teca alcuni aspirapolvere. La mostra è un fiasco, Koons non vende neanche un’opera e torna a casa dei genitori sconsolato. Diventa un broker, uno di quei lupi di Wall Street che abbiamo imparato a conoscere al cinema, ma nonostante guadagni una montagna di soldi, molla tutto un’altra volta e torna alla carica con la sua arte. Nel 1985, finalmente, arriva il successo. La mostra Equilibrium raccoglie pareri positivi ovunque: espone un canotto gonfiabile in bronzo, la sua serie di poster Nike, i palloni da basket sotto teca e molto altro. Koons, a differenza dei maestri della Pop Art, non vuole criticare, ironizzare o rendere iconico il modello consumistico imperante, ma rappresentate un mondo paradossale. Vuole raccontare una favola. A differenza di Warhol, lui espone i manifesti pubblicitari senza cambiarli di una virgola e con la sua serie sulla Nike inizia a dire al padre della pop art che le icone americane stavano cambiando. Incontra i galleristi più scafati di New York e crea la serie Banality, composta da enormi giocattoli e pupazzi in acciaio. Il pezzo Jackson and the bubble, fatto in porcellana e dedicato naturalmente a Michael Jackson, inaugura la scia di incassi milionari dell’artista: viene venduta da Sotheby’s per quasi 6 milioni di dollari. Koons è sulle pagine di tutti i giornali e diventa, alla fine degli anni ’80, l’artista più in vista a livello internazionale. Tuttavia, una parte della critica lo attacca ferocemente, accusandolo di essere solamente un artigiano del kitsch.

Crea a Soho un laboratorio dove impiega decine e decine di assistenti, le sue opere registrano record di incassi e la sua vita riempie le pagine dei rotocalchi grazie al matrimonio con la più famosa delle pornostar, Cicciolina. In quel periodo realizza molte opere insieme a Ilona Staller, per le quali lei adesso pretende (direi giustamente) diritti d’immagine mai riconosciuti.
Il 1992 è l’anno di Puppy, un gigantesco cagnolino alto 13 metri ricoperto da 70mila fiori. Quell’opera, qualche anno più tardi, sarebbe stata oggetto di un tentativo di attentato da parte di 3 terroristi dell’ETA che, travestiti da giardinieri, vengono arrestati mentre provano a piazzare delle bombe sotto la scultura. Gli anni ’90 continuano con un successo senza pari della serie Celebration, che comprende opere come Baloon Dog, una enorme scultura in acciaio che riproduce uno di quei cani che si fanno con i palloncini alle feste per bambini. Nel frattempo si risposa e ha con la nuova compagna di vita sei figli.

Nel 2015 ottiene una grande retrospettiva al Centre Pompidou di Parigi, con la quale batte il record di visitatori per una mostra temporanea nel famosissimo Museo francese. Ma il record più significativo è per la vendita nel 2019 della scultura Rabbit, un coniglio gonfiabile battuto in asta da Christie’s per 91 milioni di dollari (cifra più alta mai raggiunta da un’artista vivente). Ecco, tutto questo per dire che a Koons di una multa di qualche migliaio di dollari per plagio non gliene può fregare di meno. È già passato alla storia e la storia, si dice, non si può cambiare. Ci sentiamo però di fare un piccolo appello: con Cicciolina ha dato vita alla serie Made in Heaven, la cui immagine più famosa ritrae i due, nudi, come moderni Adamo ed Eva ispirati alla Cacciata dal Paradiso di Masaccio. Hanno un’atmosfera eterea, sfidano quel senso di vergogna e imbarazzo legato al mondo del porno: in poche parole sono bellissime. Koons ha guadagnato molto da quella serie e in generale da quella relazione, allora speriamo che voglia finalmente riconoscere all’ex moglie la sua parte. Perché a Cicciolina tutti dobbiamo qualcosa, ma lui di più.

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