Tornare a Lisetta Carmi, tra ‘Travestiti’ ed ‘Erotismo’ | Rolling Stone Italia
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Tornare a Lisetta Carmi, tra ‘Travestiti’ ed ‘Erotismo’

'Molto vicino, incredibilmente lontano' è la mostra che Genova dedica alla "sua" fotografa a cent'anni dalla nascita. E che, in 100 opere, ci ricorda che le immagini possono, e forse devono, farsi servizio pubblico

Lisetta Carmi

Una fotografia di Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Era il 2014 – esattamente dieci anni fa – quando ho incontrato per l’ultima volta Lisetta Carmi. L’occasione era una mostra alla Galleria Bel Vedere di Milano dedicata al Porto di Genova, un progetto che la vedeva coinvolta insieme a Mario Dondero, due miti della fotografia italiana del Novecento che pungolavano ancora le quiete coscienze fin dentro il nuovo secolo. Dondero già teneva banco quando, quasi in punta di piedi, nel buio del tardo pomeriggio invernale comparve lei, Lisetta Carmi. Furono subito sorrisi e abbracci: due ragazzi degli anni Venti si ritrovavano con audacia e sguardi immutati, dentro e fuori le immagini che offrivano al pubblico. Quelle di un porto di Genova mutato nella sua infrastruttura ma sempre uguale a sé stesso, e poi i suoi lavoratori, i camalli. Un reportage privo di retorica, ricco di un’umanità che oggi è difficile rintracciare con un tale grado di (apparente) semplicità.

 

Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Per Dondero si trattava di uno degli ultimi lavori. Il suo viaggio si sarebbe fermato il giorno di Santa Lucia del 2015 (per approfondire, consiglio la bella monografia a lui dedicata a cura di Nunzio Giustozzi e Laura Strappa, appena uscita con Electa in nuova edizione), mentre Lisetta Carmi sfiorò d’un soffio il secolo. Da anni rifugiatasi a Cisternino in un trullo comprato a fine anni Settanta e trasformato nell’ashram Bhole Baba, Carmi sarebbe mancata – o meglio avrebbe terminato la sua vita terrena – nel 2022.

 

E ora una nuova mostra, aperta a fine ottobre a Genova e visitabile fino al 30 marzo a cento anni dalla nascita della fotografa, già dal titolo coglie il carattere di una delle più importanti figure del Novecento italiano: Lisetta Carmi. Molto vicino, incredibilmente lontano. Descrizione perfetta dell’anima nomade di un’artista che fu certamente una delle più grandi fotografe del suo tempo, ma in una chiave oggi difficilmente recuperabile, perché sapeva vivere la propria necessità e urgenza interamente nel soggetto dei suoi scatti. I protagonisti delle sue fotografie, in altre parole, venivano sempre prima di ogni altra motivazione, artistica o giornalistica che fosse.

Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Nessuna logica di carriera, nessuna ambizione professionale (e tanto meno economica) ha mai attraversato la tenerezza rivoluzionaria del pensiero visivo di Lisetta Carmi, che per tutta la vita è rimasta fedele a una concezione della fotografia come servizio pubblico: elemento di rivelazione, e superamento delle ideologie sociali conformisti e ghettizzanti.

 

Figlia della borghesia ebraica della città della lanterna, Carmi nacque cento anni fa a Genova, trovandosi subito a patire sulla sua pelle l’esito delle leggi razziali imposte dal regime fascista. Uno sfregio, e una violenza, che rimasero in lei indelebili. Con la famiglia si rifugiò ad Alessandria e poi in Svizzera, ed ebbe come maestro Franco Fortini, anch’egli sfollato e in fuga dalle bombe e dallo sterminio che stava straziando il mondo. Visse di corsa la propria giovinezza: prima come promettente pianista, allieva di Alfredo They, con cui si laureò alla fine della guerra al Conservatorio di Milano. Ma poi a rapirla fu la fotografia, la sua nuova vita e l’occasione fu quella di un viaggio in Puglia. Tra le sue dita un’Agfa Silette appena acquistata e nove rullini (allora merce rarissima) da impressionare.

 

Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Lisetta Carmi divenne fotografa e divenne prima di tutto la fotografa dei camalli del porto di Genova, come anche dei travestiti di Via del Campo e del ghetto ebraico. Travestiti, pubblicato nel 1972 (e oggi riproposto da Contrasto Books) con i testi dello psichiatra Elvio Fachinelli rappresenta il compendio di una delle opere apicali del fotogiornalismo mondiale. Un libro capace di rivelare letteralmente una comunità fino a quel tempo lasciata ai margini e totalmente rimossa dalla società italiana beghina e conformista dell’epoca (e non solo dell’epoca).

 

Fu un lavoro che intrecciava la sociologia con la fotografia, la psichiatria con l’antropologia, e nell’esposizione genovese curata da Giovanni Battista Martini (già curatore dellArchivio Lisetta Carmi) occupa una parte fondamentale. La mostra offre anche una sezione di scatti inediti a colori, Erotismo e autoritarismo a Staglieno, in cui la fotografa offre una prospettiva inaspettata, che contrasta con la ritrattistica cimiteriale tipica della borghesia ottocentesca, rivelando proprio a partire dai monumenti cimiteriali un erotismo imprevisto e languido. Due movimenti, Travestiti e Erotismo e autoritarismo a Staglieno, che dicono già molto della sua capacità interpretativa del reale, e che contengono la moltitudine filosofica di un’artista innovativa e naturalmente inclusiva.

 

Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Cento le opere in mostra capaci di cogliere i momenti più salienti del Novecento, dall’alluvione di Firenze ai reportage dal Venezuela all’Afghanistan fino all’India. Immagini che ritraggono anche l’evoluzione dell’anima che attraversa Carmi stessa, e che unisce le esistenze catturate nel momento alla parabola della Storia, chi fotografa e chi è fotografato.

 

Lisetta Carmi visse tre vite: pianista, fotografa e infine dedita alla diffusione e all’insegnamento della meditazione nell’impronta del maestro yogi indiano Babaji, conosciuto nel 1976. E Genova, la sua Genova, rimase il dispositivo capace di attivare ogni movimento, dura ed eclettica, spesso nomade, come i suoi abitanti.

 

Lisetta Carmi

Foto: courtesy of Civita.art

Il catalogo della mostra (Silvana editoriale) con i saggi di Ilaria Bonacossa, Dominic Eichler, Jennifer Evans e del curatore Giovanni Battista Martini offre l’adeguato compendio per contestualizzare e comprendere un corpus fotografico che ha nei cento scatti presentati la bella sintesi di un lavoro però enorme, che può essere contenuto in migliaia di foto come in una soltanto. Ad ogni visitatore l’opportunità di scegliere la propria, ritrovandosi nello sguardo magico di una fotografa mistica capace di cogliere l’infinito anche nelle fotografie fatte all’anagrafe di Genova, in quegli spazi minimi e quotidiani che da sempre determinano ben più dei cosiddetti grandi eventi l’andamento della vita delle persone. Molto vicino, incredibilmente lontano offre un’immersione nel lavoro di una donna che seppe dare corpo attraverso i propri scatti a un senso dell’umano profondo e inedito, trasformativo e rivelatore.

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