Rolling Stone Italia

‘White Carrara’, la forza della pietra tra scultura e fotografia

Una mostra di sculture diffusa per la città, un palazzo perfettamente ristrutturato che ospita la visione fotografica sulla scultura. E un documentario che racconta come il duro lavoro degli uomini permetta l’utilizzo di questo materiale prezioso

Foto: White Carrara

Capita così, che ti trovi a seguire l’Aurelia fino alla Versilia, e poi decidi che possa valere la pena di andare a Carrara a salutare un amico che ha preso in mano una rassegna alla sua settima edizione, “White Carrara 2023”, e di scoprire un mondo possente che ritorna alla luce mostrandosi in tutta la sua bellezza.

Carrara si è impegnata, nella sua rinomata forza e spirito anarchico, a offrire un’ottima accoglienza e un palinsesto ricco di sé.

Luogo frequentato dalla notte dei tempi per le sue preziose montagne, che rivelano a oggi un profilo sagomato dalla vorace fame umana di utilizzare il suo ventre e modellarlo in sculture e monumenti sparsi in tutto il mondo, propone una rassegna d’arte dove il dialogo tra contemporaneo e storico si fa vivo e presente.

Una mostra di sculture diffusa per la città e il suo centro storico. Un palazzo perfettamente ristrutturato che ospita la visione fotografica sulla scultura. E un documentario che racconta come il duro lavoro degli uomini permetta l’utilizzo di questa pietra preziosa.
 “White Carrara”, sotto la direzione artistica di Claudio Composti, si articola in due progetti paralleli che, come indicato dal titolo STILL LIV(F)E, giocano sul tema della trasformazione: STILL LIFE – le forme della scultura contemporanea, e STILL ALIVE – scatti fotografici di cinque autori contemporanei.

Veduta aerea di Piazza Alberica con le sculture. Foto White Carrara

Le sculture sono quelle di Sergi Barnils, Mattia Bosco, Stefano Canto, Michelangelo Galliani, MOG, Mikayel Ohanjanyan e Quayola, e un’opera storica di Giò Pomodoro. Ogni installazione ha la sua narrazione e prerogativa di dialogo con il luogo prescelto. Particolarmente intense ho trovato quelle di Mattia Bosco e di Mikayel Ohanjanyan. Nelle prime la forza della forma insita nella pietra emerge dal suo interno e riluce d’oro, nel lavoro di Ohanjanyan invece mi ha colpito la forza intensa della crudezza della pietra,e la tensione erotica e attraente fuori dal comune che nasce dai “Legàmi” (titolo sculture) dei cavi d’acciaio. Sempre possente anche la forza dell’origine del mondo nell’opera di MOG, che la sera dell’inaugurazione ha attirato a sé un cartello con la dedica “a Silvio”. A pochi giorni dalla sua scomparsa, non poteva essere altrimenti!

I fotografi – Bruno Cattani, Giacomo Infantino, Simon Roberts, Carolina Sandretto, Dune Varela – hanno, ciascuno con il proprio linguaggio, vestito le bellissime sale di Palazzo Binelli, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, con gusto elegante e delicato.

La mostra fotografica è un’esperienza di come un artista possa raccontare il lavoro di un altro tramite un differente supporto espressivo. L’esposizione, “Visioni plastiche. Le forme della scultura”, ci conduce di sala in sala attraverso un percorso fatto da differenti sguardi. In alcune immagini ci si riflette (Bruno Cattani) e la sovrapposizione delle forme la fa da padrona (Carolina Sandretto), in altre veli che ricoprono mastodontiche sculture svelano ai nostri occhi atmosfere sospese (Simon Roberts). Altre ancora restituiscono la matericità della scultura stessa attraverso l’allestimento (Dune Varela) o ci fanno perdere il senso di reale (Giacomo Infantino). Una narrazione che rende la fisicità della scultura e che ci rimanda il suo sguardo su di noi, sentendoci così parte della visione globale. È inoltre possibile visionare il cortometraggio Landscape as Performance di Andrea Botto, che fa dell’esplosione la sua cifra linguistica, riportando alla mente dei cittadini momenti storici del recente passato.

Una veduta della mostra “Visioni plastiche. Le forme della scultura” a Palazzo Binelli. Foto: White Carrara

La proiezione del cortometraggio di Yuri Ancarani ha invece una sede unica. In esposizione permanente al mudaC │ Museo delle Arti Carrara, Il Capo (2010) è un documentario eroico che racconta, attraverso il solo linguaggio del corpo, riti, poteri e tradizioni dell’escavazione della montagna (per chi non avesse visto la sua magnifica mostra al Pac di Milano, questo può essere un buon assaggio del suo lavoro).


«Quanto è cambiato il concetto di scultura con l’avvento della tecnologia?», si chiede Claudio Composti. «Quanto i canoni classici sono stati stravolti dall’utilizzo di nuovi materiali, che esulano dal marmo, intervenendo sull’arte plastica con supporti video, fotografici o robotici? Dove termina la definizione di scultura e comincia quella di installazione? A queste domande, si cerca di rispondere con le opere di questa mostra, che mettono in evidenza quanto sia eterogeneo il linguaggio della scultura, che si usi il marmo o qualunque altro materiale o medium volto a plasmare la forma».

Ovviamente il mio consiglio è quello di non fermarvi solo a questo, che è già molto, ma di inerpicavi sulle montagne alla ricerca delle meraviglie che possono offrirvi. Le strade si aggrappano alla montagna, e la sventrano pure loro. Tunnel improvvisi ti portano nei luoghi sacri delle Apuane alle scoperta di uno dei marmi più puri. Si possono visitare le cave o svettare più in alto che più in alto non si può, e rifarsi lo sguardo ammirando mare e monti. Oppure avere accesso a uno dei laboratori più speciali che abbia mai visto, quello di TorArt, dove Filippo ospita e crea il suo lavoro, come quello di tanti, tantissimi artisti internazionali tramite un braccio meccanico, di cui è ideatore e brevettatore.

Tutto questo era già abbastanza come godimento e scoperta, ma quando il cammino è lastricato… perché non perseguirlo! Quindi mi sono trovata a gustare di tutto e di più a Colonnata (che ve lo dico a fare…Giannarelli dal 1997 del mio cuore), in una tavolata che di magro aveva solo i fili d’erba che ci circondavano, parlando e discutendo tra tutta una banda di curatori, artisti, giornalisti, e con qualcuno che di semantica ne sa e che ha debellato in me delle false credenze sull’origine della “tempura” (di fatto è di origine tutta italiana: tempora, le Quattro tempora, digiuno legato a quattro momenti nelle differenti stagioni, sono i natali di questa parola e “pratica culinaria”), al perché lo stoccafisso sotto sale si chiami “baccalà” (dal baccaglio-baccano che produceva in tempi di bonaccia il sale che li ricopriva sciogliendosi)… ma questa è tutta un’altra storia.

A voi la bellissima scoperta di questo territorio e di tutte queste visioni d’arte.

Palazzo Binelli
Via Verdi 7, Carrara (MS),
Dal 17 giugno al 16 luglio 2023
Dal 21 luglio al 1 ottobre 2023 l’esposizione “Visioni plastiche. Le forme della scultura” sarà trasferita presso l’ex Ospedale San Giacomo. Per informazioni: www.whitecarrara.it.

mudaC | museo delle arti Carrara,
Via Canal del Rio 1, Carrara (MS)
Dal 17 giugno al 1 ottobre 2023

Iscriviti