Rolling Stone Italia

Bello Figo o Luigi Mangione?

Mentre l'estrema destra veste i panni della buoncostume contro il mondo trap, a chi affidare la ribellione anti-capitalista? Quello che ci meritiamo è comunque un grande lol

Foto: press

Alberto Piccinini: “Ho passato un sacco di tempo ad aspettare Babbo Natale / Non è arrivato/ E mi faccio i regali da solo”. Il silenzio che ha accolto il nuovo EP natalizio di Bello Figo Pacco mi pare strano, assordante. Anche al netto del doppio senso telefonatissimo. Manco un post, un’intervista, una polemica. Esagero? Sono convinto da un po’ che lui sia vittima di una congiura del silenzio. È quello che ha pagato per tutti, lo schiavo che ha alzato la testa, un personaggio di un film di John Peele, pagato adesso dalla Warner che lo ha messo sotto contratto per essere rieducato all’obbedienza. È il non detto, il non ancora rappato sullo sfondo quello che rende la cosa interessante, capisci? Bello Figo vedilo come il controcampo di uno show natalizio Mediaset presentato da Silvia Toffanin. “Noi facciamo le cene/ c’ho la famiglia qui in casa”, rappa con il purissimo accento afroparmigiano (con la erre moscia come i topi dello spot del formaggio). E d’altra parte il LOL rap mi ispira, politicamente proprio. Ne ritrovo le tracce nel LOL dibattito verso il quale si sta indirizzando il caso Caffo, una volta per tutte. Io sono io e voi non siete un Caffo, titolava Repubblica un commento sul filosofo amichett* delle amichett*. Risposta perfetta per farla finita con un vero caso del Caffo, per l’appunto, in tutti sensi.

Giovanni Robertini: A proposito di patriarcato, ieri mia figlia è arrivata a casa canticchiando il nuovo pezzo di Artie 5ive e Nicky Savage, Bambola, virilissimo sul TikTok, che le è vietato: “Cammini per strada, mastichi la gomma / E fai la maleducata, degli altri non ti importa / Con la borsetta Prada e con la minigonna / Sistemi il mascara, sai di essere do”. Manco la chiude la rima, capito? Perché “donna” sarebbe in qualche modo antitetico a “bambola”, e dimmi tu io da padre che dovrei fare? Forse come le consigliere di Azione del Comune di Roma che vorrebbero vietare la partecipazione di Tony Effe al concerto di Capodanno al Circo Massimo per “le canzoni che veicolano messaggi offensivi e normalizzano atteggiamenti violenti”? Il mio barbiere mi faceva notare come trapper e maranza riprendano i tagli tradizionali dei mafiosi degli anni ‘40, che mai avrebbero permesso né la minigonna né il mascara, quindi si può essere ottimisti sul futuro, con l’incoscienza del pensiero debole del padre di una preadolescente. A Valditara, Cacciari, Vannacci e ai loro bla bla sul patriarcato, preferisco il realismo trappista di un Tony Effe. “Vado all’Ariston, faccio felice mamma / Metto cinquanta k sulla vittoria di Gaia / Italiano, tutto Gucci come Sinner”. Forte e chiaro.

A.P.: Chiarissimo. A proposito di anni ‘40 l’ossessione di questi giorni di La Russa e Salvini sul tema bitches nelle case chiuse (un classico del dibattito puzzone dai tempi del Costanzo Show) ci dimostra ancora una volta che trapper e maranza si può essere in mille modi, anche insospettabili. E che i “testi violenti e misogini” e “i messaggi offensivi” per colpa dei quali la eurodeputata di Fratelli d’Italia Elena Donezzan è riuscita l’altra settimana a far annullare i concerti di Simba e Nicky Savage in due discoteche dalle parti di Castelfranco Veneto mi pare, non appartengono soltanto alla trap. Ma questo è fin troppo ovvio. Donezzan ha l’aspetto di una beghina cattiva da film americano, tipo Tipper Gore e l’associazione genitori che negli anni ‘80 obbligò le case discografiche a mettere sugli album lo sticker “explicit lyrics”. È riuscita ad attribuirsi il merito di avere vietato i concerti come se fosse la capa della buoncostume quando invece sono stati gli organizzatori ad annullarli, preoccupati per il buon nome e lo sorti dei loro locali. Non cambia molto: squadrista il metodo, fascista lei – che in una vecchia puntata della Zanzara cantò Faccetta Nera per la gioia garrula di Cruciani e Parenzo, e poi chiese scusa. Siccome Libero ha scoperto che tra i messaggi ricevuti sui social ce n’è uno che tira in ballo le camere a gas, apriti cielo. “Messaggi antisemiti” è l’arma fine di mondo adesso, fetida anche perché è stata costruita pazientemente dalla stessa destra che l’antisemitismo l’inventato.

G.R.: Ho letto che l’altro giorno a Torino, prima di una manifestazione, i collettivi studenteschi si sono dati appuntamento in università nei cui cessi hanno poi trovato una scritta a spray arancione “Luigi Mangione libero” e sotto una falce e martello. La romanticizzazione del killer anti-capitalista e la conseguente accusa di non essere credibile perché ricco di famiglia è un crash tipico da social ma il tag nel bagno universitario è situazionismo alla Bello Figo, militanza LOL da photo opportunity. Al posto della falce e martello ci poteva stare tutto: dalla svastica alla stella a cinque punte, dal simbolo del Pd a quello di Azione. Perché Luigi Mangione d’ora in poi esisterà solo nelle nostre teste, una complicata astrazione con un nome da commedia all’italiana, quello che ci meritiamo. LOL.

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